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ACEi/ARB e COVID-19: le prime evidenze cliniche

By 24 Aprile 2020Aprile 1st, 2022No Comments
SpecialiNews
ACEi/ARB e COVID-19

Nessuna relazione tra trattamento con ACE inibitori o antagonisti del recettore per l’angiotensina II (ACEi/ARB) e gravità o rischio di mortalità da COVID-19. È questa la conclusione che emerge dai risultati del primo studio che ha indagato questa relazione in ambito clinico, pubblicati ieri su JAMA Cardiology e relativi a un campione di pazienti ipertesi ricoverati per infezione da nuovo coronavirus in un centro di Wuhan in Cina (1). I risultati supportano quindi la raccomandazione di molte società scientifiche, nazionali e internazionali, a non sospendere i trattamenti per l’ipertensione.

In particolare, lo studio ha analizzato retrospettivamente 1.178 soggetti affetti da COVID-19, di cui 362 ipertesi. I ricercatori hanno preso in considerazione le differenze, in termini di percentuali di trattamento con ACEi/ARB, tra i pazienti con patologia grave e non grave e tra sopravvissuti e non sopravvissuti. I risultati hanno messo in evidenza come, dei 362 soggetti ipertesi, 115 (31,8%) erano in trattamento con ACEi/ARB. Non sono però emerse differenze, in termini di percentuali di soggetti sottoposti a queste terapie, tra i pazienti gravi e non gravi (32,9% vs 30,7%; P = 0,645) e tra i sopravvissuti e i non sopravvissuti (27,3%vs 33,0%; P = 0,34). Risultati simili sono stati ottenuti anche prendendo in considerazione singolarmente ACEi e ARB.

Lo studio fornisce quindi le prime evidenze cliniche circa il rapporto tra trattamenti antipertensivi e COVID-19, le quali sembrano dimostrare che i primi non influenzano gravità e mortalità della seconda. I risultati supportano la raccomandazione, fatta in queste settimane da moltissime società scientifiche nazionali e internazionali (Società Italiana per l’Ipertensione Arteriosa, Società Italiana di Cardiologia, Società di Diabetologia, International Society of Hypertension, European Society of Hypertension, Council of Hypertension dell’European Society of Cardiology, Canadian Cardiovascular Society e la Canadian Heart Failure Society) a non sospendere i trattamenti..

Infatti, come aveva già spiegato Guido Grassi, Presidente della Società Italiana dell’Ipertensione Arteriosa (SIIA), in un’intervista a Cardioinfo, una sospensione non motivata dei trattamenti antipertensivi può esporre i pazienti ipertesi a un rischio maggiore di incorrere in patologie gravi quali l’infarto miocardico, lo scompenso cardiaco, la morte improvvisa, l’ictus cerebrale e l’insufficienza renale. “L’ipertensione – aveva concluso Grassi –  colpisce circa il 30% della popolazione generale, ma l’incidenza aumenta in modo marcato dopo i 65 anni. Quindi è stata ipotizzata un’associazione tra coronavirus e ipertensione quando in realtà è tra coronavirus ed età. Per adesso, quindi, la raccomandazione è di continuare la terapia antipertensiva, per far sì che una catastrofe non generi un’altra catastrofe”.

Fabio Ambrosino

Bibliografia
1. Li J, Wang X, Chen J, et al. Association of Renin-Angiotensin System Inhibitors With Severity or Risk of Death in Patients With Hypertension Hospitalized for Coronavirus Disease 2019 (COVID-19) Infection in Wuhan, China. JAMA CArdiology 2020; doi:10.1001/jamacardio.2020.1624