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Post COVID-19: evidenze di un danno cardiaco nella metà dei casi gravi

A cura di Fabio Ambrosino By 25 Febbraio 2021Aprile 1st, 2022No Comments
SpecialiNews
Covid-19 danno cardiaco

Tra i pazienti guariti da una forma grave di COVID-19 con elevazione dei livelli di troponina, quanti sono quelli che in seguito presentano un danno cardiaco? Uno studio pubblicato sull’European Heart Journal ha analizzato le risonanze magnetiche cardiache di un gruppo di 148 pazienti sopravvissuti a un’infezione grave da SARS-CoV-2. I risultati hanno messo in evidenza come, a due mesi dalla diagnosi, più della metà di questi mostrasse segni di un danno a livello miocardico.

Tutti i 148 soggetti inclusi nello studio erano stati ricoverati per una forma severa di COVID-19 (il 32% aveva avuto necessità di un supporto ventilatorio) con elevazione dei livelli di troponina. Al momento delle dimissioni era stata offerta loro la possibilità di sottoporsi a un esame di risonanza magnetica cardiaca di follow up, realizzato in media 68 giorni dopo la conferma della positività.

I risultati sono stati messi a confronto con quelli di un gruppo di controllo composto da 40 pazienti senza un sospetto clinico di un danno miocardico e di un gruppo di 40 volontari sani, reclutati per stabilire dei range di normalità dei livelli di T1 e T2 nativi. Sia nel caso dei controlli che in quello dei volontari sani l’esame di imaging preso in considerazione risaliva a un periodo precedente all’1 gennaio 2020 per evitare il rischio di incorrere in una precedente infezione da SARS-CoV-2.

L’89% dei pazienti aveva una funzionalità normale del ventricolo sinistro (frazione di eiezione media: 67 ± 11%). I risultati hanno però messo in evidenza la presenza di un danno cardiaco nel 54% dei soggetti sopravvissuti alla COVID-19: il 26% mostrava segni di una patologia non-ischemia (incluso un late gadolinium enhancement simile a quello che si riscontra nei casi di miocardite), il 22% mostrava segno di una patologia ischemica (infarto o ischemia inducibile) e il 6% mostrava segni tipici di entrambe le categorie diagnostiche.

La presenza di un danno cardiaco simile a quello che si riscontra nei casi di miocardite era però presente in un massimo di tre segmenti miocardici nell’88% dei casi di COVID-19 senza anomalie nella funzionalità del ventricolo sinistro. Di questi, inoltre, solo il 30% aveva una miocardite attiva al momento della risonanza magnetica cardiaca.

Come ha spiegato uno dei responsabili della ricerca – Graham D. Cole della Royal Free London NHS Foundation Trust – in un thread su Twitter, il riscontro di un danno simil-miocarditico a un test di imaging non permette di concludere che questi pazienti avessero effettivamente questa patologia. La diagnosi di miocardite, infatti, richiede una conferma a livello istologico.

Secondo Cole, inoltre, questi risultati andrebbero visti in un’ottica positiva. “Circa metà dei pazienti non presentava anomalie a livello cardiaco”, ha spiegato in un tweet. “Pensiamo che questo sia importante: anche in un gruppo che è stato gravemente malato e che presenta livelli di troponina elevati è comune non trovare evidenze di un danno cardiaco”.

I risultati non possono però essere estesi a tutti i pazienti guariti da un’infezione da SARS-CoV-2. Non dicono nulla, ad esempio, sui soggetti che contraggono la COVID-19 ma non vengono ricoverati o quelli che vengono ricoverati ma non presentano un’elevazione dei livelli di troponina. Come segnalato da Cole, poi, i dati potrebbero essere stati influenzati da un bias di sopravvivenza ed è anche possibile che il campione di studio fosse poco rappresentativo.

“E poi noto che la risonanza magnetica cardiaca rileva anche danni miocardici asintomatici (sia nel caso degli infarti che delle simil-miocarditi) – ha aggiunto Cole – e l’abbiamo visto nel gruppo di controllo. Anche se alcune anomalie post-COVID-19 erano chiaramente di natura acuta è possibile che in alcuni casi il danno rilasisse a un periodo precedente all’infezione”. Tuttavia, come suggeriscono gli autori, i risultati dello studio potrebbero – soprattutto qualora venissero replicati – indicare una possibile strategia utile a stratificare il rischio di sequele a lungo termine nei pazienti con infezione da SARS-CoV-2.

Fabio Ambrosino

Bibliografia

1. Kotecha T, Knight DS, Razvi Y, et al. Patterns of myocardial injury in recovered troponin-positive COVID-19 patients assessed by cardiovascular magnetic resonance. European Heart Journal 2021; 0: 1 – 13.