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L’epidemia della paura: crollano gli accessi per infarto

By 23 Marzo 2020Aprile 1st, 2022No Comments
SpecialiNews
epidemia infarto

Arrivano i primi dati a confermare quella che fino a ora era stata solo una sensazione condivisa tra molti cardiologi: dall’inizio dell’emergenza legata all’epidemia di COVId-19 il numero di accessi al Pronto Soccorso per un infarto è fortemente diminuito. La conferma arriva da un’indagine della Società Italiana di Cardiologia (SIC), condotta su 50 ospedali italiani, che ha messo in evidenza un calo superiore al 50% dei ricoveri per infarto del miocardio nella settimana dal 12 al 19 marzo, rispetto alla stessa settimana del 2019.

“Nei pazienti con infarto è stata notata una sorprendente riduzione dei ricoveri superiore al 50% e la sensazione degli ultimi 2-3 giorni è quella di una riduzione ancora maggiore. Il calo è più evidente per gli infarti con occlusione parziale della coronaria ma è stato notato anche in pazienti con una forma più grave di infarto”, afferma Ciro Indolfi, Presidente SIC e promotore del registro. “Ridotto anche il numero di ricoveri per scompenso cardiaco, anomalie del ritmo cardiaco e disfunzione di pacemaker e defibrillatori. Questo andamento dei ricoveri e degli accessi al pronto soccorso non presenta sostanziali differenze dal Nord al Sud. Inoltre le persone con infarto che sono arrivate in ospedale lo hanno fatto tardivamente”.

In totale, mettendo insieme i dati provenienti da 50 UTIC sparse sul territorio, sono risultati 349 ricoveri contro i 693 dell’anno scorso. In questo momento, quindi, le persone che presentano i sintomi di un infarto o altre emergenze sembrano restie a rivolgersi al 118. “Le motivazioni di tale drastica riduzione dei ricoveri sono in fase di analisi. Sicuramente la paura dei pazienti di ricoverarsi in ospedale e di contrarre il Covid-19 gioca un ruolo importante”, precisa Indolfi.

Altre possibili cause le avevano ipotizzate, nel corso delle interviste rilasciate per lo speciale COVID-19 di Cardioinfo, anche Michele Senni, Direttore dell’UOC di Cardiologia dell’ASST Papa Giovanni XXIII di Bergamo, e Giancarlo Marenzi, Direttore UTIC dell’IRCCS Centro Cardiologico Monzino di Milano. In particolare, Senni aveva spiegato come questa riduzione potesse dipendere in parte, specie nella aree più colpite, anche dalla scarsa disponibilità di mezzi di soccorso e dalla difficoltà a entrare in contatto con i numeri di emergenza. Diversamente, Marenzi aveva ipotizzato un possibile effetto legato alla minore incidenza di fattori potenzialmente stressogeni, quali il traffico intenso e l’attività sportiva.

A prescindere dalle motivazioni che spingono le persone che presentano una sintomatologia tipica dell’infarto a non chiamare soccorso, tuttavia, è evidente che questa tendenza può avere degli effetti estremamente negativi. “I pazienti sono spaventati, stanno a casa, non chiamano: è veramente una situazione grave”, ha commentato oggi Gian Battista Danzi, Direttore UO di Cardiologia dell’Ospedale di Cremona. “Bisogna far sì che questa epidemia non ammazzi anche tutto quello che noi abbiamo fatto in questi anni, perché le patologie tempo-dipendenti noi le sappiamo curare, siamo strutturati per curarle. Le patologie come ictus e infarto devo trovare una loro via di accesso in ospedale”.

Fabio Ambrosino