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Cardiomiopatia amiloidotica TTR, dal sospetto al trattamento

A cura di Claudio Rapezzi By 12 Settembre 2020Dicembre 17th, 2021No Comments
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cardiomiopatia amiloidotica

Sono circa 30 le proteine che possono formare depositi di amiloide negli esseri umani, virtualmente in qualsiasi parte del corpo (1). Il cuore rappresenta però uno degli organi bersaglio dove l’amiloide si deposita più frequentemente, dando luogo alla cosiddetta “cardiomiopatia amiloidotica”. In questa condizione, quanto più i depositi progrediscono tanto più le pareti del cuore diventano spesse e rigide e la funzione contrattile peggiora. Inoltre, oltre al tessuto miocardico l’infiltrazione può coinvolgere anche gli apparati valvolari e il sistema di conduzione elettrico.

Tra le diverse forme di amiloidosi cardiaca, una delle più frequenti è quella correlata alla transtiretina (TTR), una proteina di trasporto a struttura tetramerica sintetizzata principalmente (99% circa) dal fegato e che a livello ematico trasporta la tiroxina (fT4) e la proteina legante il retinolo. Esistono due tipi di amiloidosi derivate dal deposito di questa proteina: una forma genetica nota come “amiloidosi ereditaria da TTR” (ATTRm) e una forma non ereditaria nota come amiloidosi da TTR “wild type” (ATTRwt, anche nota come “amiloidosi sistemica senile”)(2,3).

Nel primo caso la malattia si verifica in presenza di un difetto del gene che codifica per la catena amminoacidica della proteina, difetto generalmente ereditato da uno solo dei due genitori che ha il 50% di possibilità di trasmetterlo a ogni figlio (trasmissione autosomica dominante, per lo più in eterozigosi; casi di omozigosi sono aneddotici). Il cardiologo deve essere a conoscenza dell’esistenza di quelle mutazioni della TTR che si manifestano attraverso sintomi di natura cardiologica (17% circa dei casi), tra cui, di particolare rilevanza in Italia, la mutazione Ile68Leu. Quest’ultima, probabilmente endemica nelle regioni di Emilia-Romagna e Toscana, rappresenta la causa del 74% dei casi di amiloidosi da ATTRm con fenotipo esclusivamente cardiaco registrati nel nostro paese (4). L’ATTRwt deriva invece dalla deposizione di TTR non mutata (cioè “wild type”) che, nonostante l’assenza di mutazioni, risulta intrinsecamente amiloidogenica. Sebbene i depositi siano localizzati diffusamente in tutto il corpo (vengono infatti riscontrati depositi sistemici all’esame autoptico del 25% degli individui di età superiore agli 80 anni) la malattia si manifesta clinicamente per lo più a livello cardiaco, in particolare in soggetti maschi di età superiore ai 65 anni (4-7).

Entrambe le forme di cardiomiopatia amiloidotica da TTR comportano una malattia a progressione più lenta rispetto a quella dell’amiloidosi da catene leggere, ma decorso e sopravvivenza dopo la diagnosi dipendono da alcuni fattori comuni alle due condizioni, come il grado di scompenso, l’età del paziente e le comorbilità. Nei casi di ATTRm la specifica mutazione della TTR gioca un ruolo nella storia naturale della malattia, essendo le forme neuropatiche con insorgenza precoce più aggressive e debilitanti rispetto alle forme tardive con manifestazioni prevalentemente cardiologiche.

Per quanto riguarda la diagnosi, elettrocardiogramma ed ecocardiogramma risultano gli esami strumentali di primo livello: la loro lettura integrata fornisce infatti informazioni utili per il sospetto diagnostico, specie quando alla presenza di ipertrofia ventricolare sinistra all’esame ecocardiografico corrispondono alterazioni elettrocardiografiche quali bassi voltaggi periferici, pattern di pseudo-necrosi, ritardi di conduzione, alterazioni della ripolarizzazione (8). In particolare la presenza di bassi voltaggi all’ECG è considerata patognomonica di cardiomiopatia amiloidotica, ma è bene ricordare che i bassi voltaggi ECG sono relativamente frequenti (50-60%) nella amiloidosi da catene leggere e più rari nelle forme da TTR (20-30%). È quindi importante non escludere una diagnosi di amiloidosi cardiaca anche in assenza di questo pattern all’ECG.

Le caratteristiche ecocardiografiche più rilevanti, invece, includono (8): ispessimento simmetrico delle pareti del ventricolo sinistro in assenza di dilatazione delle cavità ventricolari, ispessimento dei foglietti valvolari, del setto inter-atriale e della parete libera del ventricolo destro, dilatazione bi-atriale, versamento pericardico. Da un punto di vista funzionale, infine, la frazione di eiezione è più spesso “conservata” ma la funzione sistolica longitudinale può risultare alterata già nelle prime fasi del processo infiltrativo, anche in assenza di un significativo aumento degli spessori parietali. Le metodiche più recenti per l’analisi della deformabilità del miocardio, in particolare dello strain longitudinale (speckle tracking) hanno permesso di identificare un pattern di disfunzione ventricolare sinistra più marcata alla base del ventricolo rispetto all’apice.

Una volta sospettata l’amiloidosi cardiaca è però necessario raggiungere una diagnosi definitiva. La biopsia endomiocardica rappresenta ancora, in generale, il gold standard nella diagnosi della cardiomiopatia amiloidotica, data l’estrema accuratezza sia nel confermare la presenza di amiloide (birifrangenza verde mela dopo colorazione con rosso-Congo al microscopio a luce polarizzata) sia nel caratterizzare la proteina contenuta nei depositi (analisi di immunoistochimica e/o proteomica). Attualmente il ricorso alla biopsia endomiocardica è stato però ridimensionato dalla crescente accuratezza diagnostica offerta da altre metodiche di imaging non invasivo ed in particolare dalla scintigrafia con traccianti ossei (9).

La scintigrafia ossea con 99mTc-DPD permette di identificare con certezza i casi di amiloidosi cardiaca da TTR, in cui il radioisotopo viene avidamente captato dal miocardio con un pattern non ancora riscontrato in nessun altro tipo di cardiomiopatia non amiloidotica. Al contrario, tale uptake risulta assente o molto lieve nelle forme da catene leggere e in altre forme estremamente più rare di amiloidosi cardiaca. Inoltre, la metodica è in grado di individuare depositi di TTR ad uno stadio pre-clinico della malattia, quando ecocardiogramma, biomarkers e talvolta risonanza magnetica risultano ancora normali.

L’approccio terapeutico dell’amiloidosi cardiaca, infine, è duplice: da un lato il trattamento delle complicanze, indipendente dall’eziologia sottostante e volto a migliorare la qualità di vita del paziente, e dall’altro il trattamento specifico delle diverse forme di amiloidosi, mirato all’interruzione della formazione di amiloide (8). In merito alla terapia antiamiloidogenica della forma da TTR, ad esempio, è attualmente in corso una ricerca molto intensa per sviluppare farmaci in grado di prevenire la produzione dell’amiloide in entrambe le varianti. Questa di concentra principalmente su tre livelli di intervento: blocco della sintesi della TTR, possibile grazie all’interferenza o al silenziamento dell’RNA messaggero a livello cellulare epatico; stabilizzazione del tetramero della TTR, grazie all’azione di molecole stabilizzatrici che svolgono la loro azione legandosi ai siti di legame per gli ormoni tiroidei e impedendo la frammentazione della proteina e la successiva precipitazione in fibrille; rimozione dei depositi di amiloide dai tessuti.

Claudio Rapezzi
U.O. Cardiologia
Policlinico S. Orsola-Malpighi, Bologna

Bibliografia:
1. Sipe JD, Benson MD, Buxbaum JN et al. Nomenclature 2014: amyloid fibril proteins and clinical classification of the amyloidosis. Amyloid 2014; 21:221-4.
2. Rapezzi C, Quarta CC, Riva L et al. Transthyretin-related amyloidosis and the heart: a clinical overview. Nat Rev Cardiol 2010; 7:398-408.
3. Dungu JN, Anderson LJ, Whelan CJ, Hawkins PN. Cardiac transthyretin amyloidosis. Heart 2012; 98:1546-54.
4. Rapezzi C, Quarta CC, Obici L, et al. Disease profile and differential diagnosis of hereditary transthyretin-related amyloidosis with exclusively cardiac phenotype: an Italian perspective. Eur Heart J 2013; 34:520-8.
5. Westermark P, Sletten K, Johansson B, Cornwell GG. Fibril in senile systemic amyloidosis is derived from a normal transthyretin. Proc Natl Acad Sci U S A. 1990; 87:2843-5.
6. Gioeva Z, Urban P, Meliss RR et al. ATTR amyloid in the carpal tunnel ligament is frequently of wild type transthyretin origin. Amyloid 2013; 20:1-6.
7. Longhi S, Gagliardi C, Milandri A, et al. La cardiomiopatia amiloidotica correlata alla transtiretina: alla ricerca del trattamento eziologico. G Ital Cardiol 2014; 15(5):293-300.
8. Maurer MS, Elliott P, Comenzo R,et al. Addressing Common Questions Encountered in the Diagnosis and Management of Cardiac Amyloidosis. Circulation 2017; 135:1357-1377.
9. Gillmore G, Damy T, Dispenzieri A, et al.  Non biopsy diagnosis of cardiac transthyretin amyloidosis. Circulation 2016; 133:2404-12.