
L’amiloidosi cardiaca è una patologia infiltrativa grave e progressiva causata da anomalie fisiologiche, ereditarie o acquisite, che portano all’accumulo di fibrille di amiloide a livello cardiaco. Nel corso degli ultimi decenni, grazie alla pubblicazione di nuove evidenze relative a diagnosi e trattamento, la gestione di questa condizione è completamente cambiata. Tali avanzamenti sono stati recentemente sintetizzati in un Position Paper del Working Group on Myocardial and Pericardial Diseases dell’European Society of Cardiology, pubblicato sull’European Journal Heart Failure, nel quale si suggerisce una definizione della patologia sulla base dei diversi criteri diagnostici e scenari clinici, si pronone un algoritmo diagnostico e si riassumono le evidenze circa i trattamenti attualmente disponibili (1).
Definizioni e classificazioni di amiloidosi cardiaca
Delle oltre 30 proteine capaci di aggregarsi in fibrille amiloidi solo 9 hanno lo fanno a livello del miocardio. Si stima tuttavia che più del 98% delle amioidosi cardiache sia causato da soli due tipi di proteine: le catene leggere delle immunoglobuline e la transtiretina. Nel Position Paper del Working Group on Myocardial and Pericardial Diseases vengono proposte due definizioni di amiloidosi cardiaca sulla base di due diversi approcci diagnostici perseguibili: invasivo e non invasivo.
Nel primo caso la diagnosi di amiloidosi cardiaca viene effettuata nel caso in cui una biopsia endomiocardica con colorazione rosso Congo metta in evidenza la presenza di depositi di amiloide, a prescindere dallo spessore della parete del ventricolo sinistro (2). In seguito le fibrille amiloidi vengono classificate mediante spettrometria di massa, immunoistochimica o microscopia immunoelettronica. In alternativa la conferma diagnostica si può ottenere, in presenza di un evidenza di ispessimento della parete ventricolare sinistra ottenuta mediante ecocardiografia o risonanza magnetica, anche con un prelievo bioptico extracardiaco positivo.
Per quanto riguarda l’approccio non invasivo, invece, gli autori del Position Paper sottolineano come l’amiloidosi cardiaca da transtiretina possa essere diagnostica, in un contesto di ipertrofia ventricolare, anche attraverso la combinazione di scintigrafia ossea con 99mTc-PYP, 99mTc-DPD, 99mTc-HMDP e test ematologici quali il dosaggio delle catene leggere libere e l’immunofissazione sierica e urinaria. Nello specifico, questo approccio raggiunge una specificità del 100% con un uptake cardiaco del radiofarmaco di livello 2 o 3 (Perugini Score) in assenza di proteine monoclonali o di un dosaggio anomale delle catene leggere libere (3).
Diagnosi di amiloidosi cardiaca, dal sospetto alla conferma
Secondo i membri del Working Group on Myocardial and Pericardial Diseases dell’European Society of Cardiology l’ipotesi della presenza di un deposito di amiloide a livello cardiaco dovrebbe essere presa in considerazione nei pazienti con ispessimento della parete ventricolare sinistra che presentano delle caratteristiche specifiche. Tipicamente l’amiloidosi cardiaca si manifesta infatti insieme a un ampio numero di segni e sintomi extracardiaci, definiti “red flags”, che possono guidare il sospetto diagnostico. Tra questi, ad esempio, la proteinuria, la macroglossia, la presenza di lividi a livello cutaneo e una storia di sindrome del tunnel carpale. Ma esistono anche delle red flags cardiache, come la presenza di uno scompenso cardiaco con un livello di NT-proBNP sproporzionato rispetto alle evidenze ecocardiografiche, uno scompenso destro in presenza di funzionalità valvolare e ventricolare normale, livelli persistentemente elevati di troponina, un voltaggio del QRS troppo basso o un precoce disturbo di conduzione.
Oltre alla presenza di una o più di queste red flags esistono anche degli scenari clinici che possono suggerire il sospetto di amiloidosi cardiaca. Tra questi, ad esempio, la presenza di una cardiopatia accompagnata da una condizione sistemica come una discrasia plasmacellulare, una sindrome nefrosica, una neuropatia periferica o un’infiammazione sistemica cronica. In generale, la presenza di un ispessimento della parete ventricolare in un ventricolo sinistro non dilatato costituisce una caratteristica preminente della patologia e dovrebbe sempre innescare il sospetto diagnostico quando riscontrata in pazienti anziani con patologie quali uno scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata, una cardiomiopatia ipertrofica o un stenosi aortica severa.
“Una volta che c’è il sospetto di amiloidosi cardiaca è necessario arrivare in modo tempestivo a una diagnosi definitiva, in quanto gli outcome dipendono ampiamente dalla precocità dell’inizio della terapia”, scrivono gli autori del Position Paper. Per favorire questo processo essi propongono un algoritmo diagnostico applicabile ai casi di sospetta amiloidosi cardiaca (Figura 1).

Figura 1. Algoritmo diagnostico per l’amiloidosi cardiaca. AL, da catene libere leggere; ATTR, da transtiretina; RMC, risonanza magnetica cardiaca; SPECT, tomografia a emissione di fotone singolo (Modificata da Garcia-Pavia et al).
Amiloidosi cardiaca: prognosi e trattamento
Sono stati proposti diversi sistemi di stratificazione prognostica per l’amiloidosi cardiaca da catene leggere libere e da transtiretina, basati sull’analisi di diversi biomarcatori alla presentazione del paziente, ma attualmente nessuno di essi permette di associare un valore prognostico a eventuali variazioni riscontrate nelle visite di follow up. In modo simile, come sottolineano gli autori del Position Paper, esistono pochi dati circa la progressione della malattia nel tempo: “In un’era di terapie emergenti efficaci questo costituisce un grave unmet need”, scrivono.
Per quanto riguarda le terapie per l’amiloidosi cardiaca, infine, gli autori fanno una distinzione tra quelli impiegati per il trattamento delle comorbilità e delle complicanze e quelle impiegato direttamente per il trattamento della patologia. Nel primo caso gli approcci terapeutici comprendono tutte le soluzioni utilizzate nell’ambito dello scompenso cardiaco, delle aritmie, dei disturbi di conduzione, del tromboembolismo e della stenosi aortica. Per quanto riguarda i trattamenti disease-modyfing, invece, gli autori sottolineano come questi possano agire su diverse fasi di produzione delle fibrille amiloidi, dalla formazione all’assembramento.
Fabio Ambrosino
Bibliografia
1. Garcia-Pavia P, Rapezzi C, Adler Y, et al. Diagnosis and treatment of cardiac amyloidosis. A position statement of the European Society of Cardiology Working Group on Myocardial and Pericardial Diseases. European Journal of Heart Failure 2021; https://doi.org/10.1002/ejhf.2140.
2. Maurer MS, Elliot P, Comenzo R, et al. Addressing common questions encountered in the diagnosis and management of cardiaca amyloidosis. Circulation 2017; 135: 1357 – 1377.
3. Gillmore JD, Maurer MS, Falk RH, et al. Nonbiopsy diagnosis of cardiac transthyretin amyloidosis. Circulation 2016; 133: 2404-2412.