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Amiloidosi cardiaca: tutte le novità da Heart Failure 2022

Redazione By 31 Maggio 2022Giugno 6th, 2022No Comments
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Chi ha preso parte ai congressi cardiologici negli ultimi anni avrà notato come le sessioni e le presentazioni dedicate al tema dell’amiloidosi cardiaca siano, da qualche tempo a questa parte, particolarmente affollate. L’interesse nei confronti di questa classe di patologie da parte dei cardiologi è infatti letteralmente esploso da quanto si è reso disponibile un trattamento in grado di ridurre morbilità e mortalità dei pazienti affetti dalla forma caratterizzata da un maggiore interessamento cardiaco: l’amiloidosi cardiaca da transtiretina.

L’ultimo congresso dell’Heart Failure Association, tenutosi a Madrid dal 21 al 24 maggio 2022, non è stato certo da meno, con numerose sessioni seguite – in presenza e in streaming – da moltissimi partecipanti. “È un piacere vedere questo crescente interesse nei confronti dell’amiloidosi – ha commentato Claudio Rapezzi dell’Università degli Studi di Ferrara nel corso di uno dei vari simposi sull’amiloidosi cardiaca da transtiretina – con molti giovani intenti a seguire le tante sessioni dedicate a questa patologia”.

Epidemiologia dell’amiloidosi cardiaca da transtiretina

Un tema particolarmente discusso nel corso dell’evento è stata l’epidemiologia della cardiomiopatia amiloide correlata alla transtiretina. Nel corso della prima giornata congressuale, ad esempio, Pablo Garcia-Pavia dell’Hospital Universitario Puerta de Hierro Majadahonda di Madrid ha presentato dei dati riguardanti prevalenza e caratteristiche dei pazienti affetti da questa patologie tra quelli con ipertrofia ventricolare sinistra inclusi nello studio multicentrico TTRACK, condotto in dieci Paesi distribuiti in tre continenti diversi. “Dai risultati di questa interim analysis – ha spiegato Garcia-Pavia – è emerso che considerando gli adulti con più di 50 anni e un’ipertrofia del ventricolo sinistro di eziologia sconosciuta, circa un soggetto su quattro ha risultati scintigrafici riconducibili a un’amiloidosi cardiaca da transtiretina. Questi presentavano poi più frequentemente insufficienza renale, stenosi spinale lombare, storia di intervento chirurgico per tunnel carpale e sintomatologia tipica di uno scompenso cardiaco avanzato”.

Nel corso della stessa giornata sono stati poi presentati i risultati dello studio osservazionale prospettico PREVAMIC, che ha valutato la prevalenza dell’amiloidosi cardiaca in 569 pazienti con più di 65 anni ricoverati nei reparti di medicina interna di 24 ospedali spagnoli. “Nel nostro studio – ha concluso Rocio Ruiz Hueso dell’University Hospital of Virgen Macarena di Siviglia – l’amiloidosi cardiaca è risultata essere la causa di uno scompenso cardiaco in un paziente su cinque. L’amiloidosi cardiaca da transtiretina dovrebbe essere inclusa nella diagnosi differenziale dei pazienti anziani con scompenso cardiaco e ipertrofia ventricolare, a prescindere dalla frazione di eiezione, soprattutto se sono presenti red flags”.

Sempre in merito all’epidemiologia dell’amiloidosi cardiaca, Alberto Aimo della Fondazione Toscana “Gabriele Monasterio di Pisa” ha presentato i risultati di una revisione sistematica, realizzata da un network di gruppi di ricerca italiani, degli studi di screening riguardanti alcune delle caratteristiche tipiche della patologia. Evidenze della presenza di un’amiloidosi cardiaca sono emerse nel 21% degli esami autoptici realizzati in soggetti anziani non selezionati, nel 12% dei soggetti con uno scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata (HFpEF) e nel 10% di quelli con frazione di eiezione ridotta (HFrEF) o moderatamente ridotta (HFmrEF), nell’8% dei soggetti trattati chirurgicamente per stenosi aortica, nel 7% di quelli sottoposti a un intervento chirurgico per il trattamento della sindrome del tunnel carpale, nel 7% di quelli con cardiomiopatia e nel 2% di quelli con disturbi di conduzione. “Ricercare l’amiloidosi cardiaca in setting specifici permette di individuare un numero relativamente alto di casi – ha concluso Aimo – i quali in caso di diagnosi inequivocabile potrebbero essere oggetto di trattamento. Una forma da transtiretina è la responsabile  in molti setting tuttavia anche la forma da catene leggere non è rara e dovrebbe essere cercata”.

Caratteristiche e comorbilità dell’amiloidosi cardiaca

Sempre Alberto Aimo ha presentato i risultati di uno studio condotto su 420 pazienti che ha valutato l’interessamento, nei pazienti con amiloidosi cardiaca da transtiretina o da catene leggere, delle valvole mitralica, aortica e tricuspide. “Prendendo in considerazione 31 parametri ecocardiografici – ha spiegato – è emerso un interessamento frequente della valvola mitralica, e in particolare del lembo posteriore, nei pazienti con la forma correlata alla transtiretina. Questi sono poi risultati associati anche a una maggiore prevalenza di stenosi aortica rispetto a quelli con la forma da catene leggere”.

Un altro studio, presentato nel corso della terza giornata congressuale da Maria Tamara Neves Pereira dell’Alto Ave Hospital Center di Guimaraes, ha invece valutato la prevalenza, l’incidenza e gli outcome associati della fibrillazione atriale in 60 pazienti affetti amiloidosi cardiaca da transtiretina nella forma wild type. “Durante il follow up di 30 ± 23 mesi, 24 di questi hanno sviluppato una fibrillazione atriale – ha sottolineato Neves Pereira – con una latenza media di 16 ± 4 mesi rispetto alla diagnosi di amiloidosi cardiaca da transtiretina.  La presenza dell’aritmia non ha impattato, in questa popolazione, sul tasso di ospedalizzazioni  per scompenso cardiaco o sulla morte per tutte le cause, ma è risultata associata a una maggiore prevalenza di eventi cerebrovascolari”.

Trattamento dell’amiloidosi cardiaca da transtiretina

Non sono mancate sessioni e presentazioni, infine, riguardanti il trattamento dell’amiloidosi cardiaca da transtiretina. Sempre Pablo Garcia-Pavia ha presentato interessanti risultati relativi alla sopravvivenza a cinque anni dei pazienti con amiloidosi cardiaca da transtiretina in classe NYHA III reclutati nello studio ATTR-ACT. “Il long-extension study dell’ATTR-ACT riporta i dati di maggiore durata per quanto riguarda il trattamento con tafamidis – ha sottolineato Garcia-Pavia – i quali mostrano che anche in questa classe NYHA si registra, dopo cinque anni di follow up, una maggiore sopravvivenza rispetto ai soggetti sottoposti al placebo nel trial ATTR-ACT e poi trattati con tafamidis nell’estensione dello studio”.

“E per quanto riguarda la sicurezza?”, si è chiesto Claudio Rapezzi in una sessione dedicata alla gestione a lungo termine della patologia, riprendendo i risultati dello stesso long-extension study citato da Garcia-Pavia. “Il messaggio complessivo del trial iniziale e dell’estensione è che nei pazienti trattati in modo continuo con tafamidis non sono stati identificati problemi di sicurezza, con una frequenza di eventi avversi simile a quella del placebo. Siamo particolarmente contenti di questi risultati perché tafamidis è l’unico trattamento approvato per la cardiomiopatia amiloide correlata alla transtiretina”. Rapezzi ha quindi illustrato i contenuti di un recente expert consensus sulla gestione a lungo termine della patologia, sottolineando come sia necessario riscontrare un peggioramento in una sola di tre classi di parametri – clinici o funzionali, biomarcatori, imaging – per definire una progressione di malattia (1). “Questo gruppo di esperti ha voluto sottolineare come il riscontro di una progressione dell’amiloidosi cardiaca da transtiretina, la sua valutazione non deve essere interpretata come una raccomandazione a sospendere la terapia”.

Al termine della stessa sessione, poi, c’è stata un’interessante discussione tra i tre relatori – Pablo Garcia-Pavia, Claudio Rapezzi e Thubaud Damy – e un partecipante del pubblico, il quale ha chiesto ai tre esperti se fosse corretto trattare un paziente in classe NYHA III, riconducibile a una classe NYHA II con l’uso di diuretici, alla luce del costo del farmaco. “Il costo è importante  – ha concluso Rapezzi –  ma non può diventare la nostra ossessione. Dobbiamo pensare a come questa molecola è stata sviluppata. L’industria ha lavorato allo studio e alla produzione della molecola nell’ambito di una divisione dedicata alle malattie rare. Ora tuttavia sappiamo che questa patologia rara non è. Se scopriamo che il 2% della nostra popolazione anziana ha questa patologia è probabile che il costo nel giro di un paio di anni si ridurrà”.

Bibliografia

1. Garcia-Pavia P, Bengel F, Brito D, et al. Expert consensus on the monitoring of transthyretin amyloid cardiomyopathy. Eur J Heart Fail 2021, 23: 895-905. https://doi.org/10.1002/ejhf.2198