
Il mondo scientifico ha progressivamente riconosciuto la necessità di aumentare le nostre conoscenze sulle diverse modalità con cui le patologie interessano e si manifestano nei due sessi, e di traslare queste informazioni in trattamenti preventivi e terapeutici differenziati. In Cardiologia, il bagaglio culturale si sta gradatamente estendendo alla medicina di genere, volta a identificare i fattori sesso-specifici che influenzano la salute cardiovascolare. Restano ancora molte zone d’ombra ed ipotesi sperimentali o cliniche che attendono di essere validate da studi specificamente disegnati. Al cuore delle donne era stato dedicato un intero fascicolo del Giornale Italiano di Cardiologia, con la partecipazione di autorevoli autrici nazionali e internazionali, che avevano fornito una panoramica delle evidenze disponibili e delle principali ipotesi al vaglio della ricerca scientifica, dagli aspetti fisiopatologici peculiari della donna alle patologie cardiovascolari, aritmiche e cardio-oncologiche, alle potenziali cause di morte cardiaca improvvisa e alla terapia medica e chirurgica. Lo scompenso cardiaco nella donna, in particolare, era stato oggetto anche di un Supplemento del Giornale. In questo contesto si inserisce lo statement elaborato dall’American Heart Association, pubblicato recentemente su Circulation (PDF: 830 Kb), nel quale vengono analizzate le innumerevoli differenze dell’infarto miocardico nei due sessi, evidenziando le disparità di trattamento che portano le donne ad avere esiti più sfavorevoli.
Il dolore toracico costituisce storicamente il sintomo che caratterizza l’insorgenza di infarto miocardico, anche se spesso le donne tendono a manifestare sintomi atipici, quali nausea/vomito, dolore irradiato alla spalla, al collo o alla mandibola. Nelle donne, più frequentemente diabetiche, affette da scompenso cardiaco, ipertensione, depressione o insufficienza renale, si osserva una maggiore prevalenza di IM senza sopraslivellamento del tratto ST (NSTEMI) o spasmo coronarico, oltre a tassi più elevati di complicanze emorragiche, ospedalizzazioni prolungate e mortalità intraospedaliera dopo intervento di rivascolarizzazione coronarica.
Oltre 53.000 donne muoiono in seguito ad un infarto miocardico e circa 262.000 sono ricoverate per infarto miocardico acuto/angina instabile. Inoltre, il 26% delle donne vs il 19% degli uomini muore entro il primo anno dall’evento infartuale e il 47% vs 36% entro 5 anni. Un primo infarto miocardico si verifica nelle donne ad un’età media di 71.8 anni contro i 65 anni degli uomini.
Nelle donne la malattia coronarica ostruttiva è meno severa rispetto agli uomini, portando spesso alla mancata diagnosi o prescrizione del trattamento appropriato e, per quanto le terapie siano simili nei due sessi, indipendentemente dalla causa e dalla severità dell’ostruzione, le donne risultano spesso non adeguatamente trattate rispetto agli uomini. Inoltre, vengono indirizzate meno frequentemente a coronarografia in conseguenza di una sottostima del rischio. Nelle donne si riscontrano caratteristiche diverse anche nella placca ateromasica. Una survey condotta a livello mondiale ha dimostrato che il 76% degli infarto miocardico fatali negli uomini era determinato dalla rottura di placca vs il 55% nelle donne ma, di contro, studi autoptici hanno evidenziato una prevalenza di erosione della placca nelle donne.
In maniera analoga a quanto osservato per il trattamento, anche la riabilitazione è prescritta meno frequentemente nelle donne rispetto agli uomini, e anche quando prescritta, l’aderenza ai programmi riabilitativi è comunque bassa.
Esistono anche delle diversità di natura razziale ed etnica tra le donne colpite da infarto miocardico acuto. Per quanto le donne di etnie diverse siano globalmente più giovani rispetto alle donne caucasiche al momento del primo evento infartuale, la prevalenza di infarto miocardico è risultata più elevata nelle donne di razza nera con una sopravvivenza dopo arresto cardiaco extraospedaliero pari a un terzo di quella delle donne di razza bianca.
Anche se le donne vengono sottoposte meno frequentemente a procedura coronarica interventistica o a bypass aortocoronarico rispetto agli uomini, le donne di razza nera sono indirizzate più raramente a coronarografia e terapia di riperfusione rispetto alle donne di razza bianca.
I meccanismi alla base del rischio nelle donne sono ancora poco chiari. Nelle donne di età più avanzata, sembra che la disfunzione endoteliale e le alterazioni dell’assetto lipidico dovute al calo estrogenico che fa seguito alla menopausa possano impattare sul rischio di cardiopatia ischemica, ma gli studi che hanno valutato la terapia ormonale sostitutiva estrogenica in prevenzione primaria hanno riportato risultati negativi inconfutabili. Molto è stato fatto, ma molto altro resta ancora da fare. L’obiettivo futuro sarà quello di acquisire nuove conoscenze sulle differenze sesso-specifiche al fine di migliorare la prevenzione e il trattamento delle donne colpite da infarto e ridurre le diversità di genere nella cura di questa categoria di pazienti.