
È stato pubblicato su DrTalk Cardiology l’ultimo episodio di Scompenso 5.0 – il podcast sullo scompenso cardiaco incentrato sui pazienti con frazione di eiezione ridotta – dedicato alla gestione clinica del cosiddetto worsening heart failure. Ospite dell’episodio è Massimo Iacoviello, cardiologo del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università degli Studi di Foggia.
Di seguito la trascrizione dell’episodio:
Fabio Ambrosino (Cardioinfo): Sebbene non esista una definizione univoca di worsening heart failure, ad oggi con questo concetto si fa riferimento al momento in cui un paziente affetto da scompenso cardiaco va incontro, nonostante una terapia medica ottimizzata, a una fase di instabilità. Una definizione più ampia rispetto al passato, quando il concetto di peggioramento dello scompenso cardiaco faceva riferimento in modo specifico all’occorrenza di un’ospedalizzazione. Ne abbiamo parlato con Massimo Iacoviello, del Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università degli Studi di Foggia.
Massimo Iacoviello: Oggi questa definizione si è allargata. Include sicuramente anche la necessità, in seguito al peggioramento di questi segni e sintomi, di una somministrazione endovenosa di diuretico dell’ansa, vuoi in ospedale, vuoi al domicilio, per recuperare la stabilità del paziente. E secondo alcuni, anche la necessità di dover aumentare stabilmente il diuretico dell’ansa è indice di worsening heart failure.
Fabio Ambrosino (Cardioinfo): Al di là della definizione, è noto che gli episodi di worsening dello scompenso cardiaco si associano a un peggioramento netto della prognosi del paziente. Si tratta di eventi spartiacque nella storia clinica del paziente, andando a costituire, in molti casi, l’avvio alla fase terminale della malattia.
Massimo Iacoviello: Quindi ci aiutano a individuare un periodo in cui il rischio del paziente è un rischio decisamente aumentato di eventi legati alla progressione dell’insufficienza cardiaca. È ovvio che sarebbe importante anche riuscire ad avere degli elementi per valutare ciò che precede il worsening heart failure vero e proprio e quindi degli indici clinici che ci dicano, in una fase ripeto precedente, che il paziente si sta avviando verso quella condizione.
Fabio Ambrosino (Cardioinfo): Oggi quando si parla di worsening heart failure si fa riferimento a pazienti che sono già in trattamento con le migliori opzioni terapeutiche disponibili. Nel caso dello scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta, quindi, si presuppone che il paziente sia già in trattamento con ACE inibitori o ARNI, beta-bloccanti, aldosteronici e inibitori di SGLT2.
Massimo Iacoviello: Ma questo non è sempre vero, nel senso che i pazienti che si ospedalizzano o i pazienti che presentano le caratteristiche del worsening spesso non hanno questa terapia ottimizzata. E quindi sicuramente in questi pazienti una ulteriore ottimizzazione con queste classi farmacologiche ci fa guadagnare: i diversi trials e gli studi di registro ce l’hanno detto. Ma lì dove la terapia dovesse essere non ulteriormente utilizzabile è ovvio che dobbiamo pensare ad altre strategie terapeutiche. Può essere ad esempio nel paziente ospedalizzato, la correzione della carenza marziale che paga in termini di riduzione di ospedalizzazione. Ma se pensiamo al paziente con worsening of heart failure dobbiamo pensare anche al trial VICTORIA che ha arruolato proprio pazienti di questo tipo di pazienti: pazienti con una ospedalizzazione negli ultimi sei mesi o pazienti che avevano avuto bisogno negli ultimi tre mesi di una somministrazione di diuretico per via endovenosa. E in questi pazienti il vericiguat, titolato da 2,5 a 10 milligrammi die, confrontato con il placebo, ha consentito una riduzione dell’endpoint primario composito di ospedalizzazione e morte cardiovascolare. Una riduzione che in termini assoluti è particolarmente rilevante, il 4%, perché questo implica un numero favorevole di pazienti da trattare per risparmiare un evento.
Fabio Ambrosino (Cardioinfo): Ciò è particolarmente significativo in quanto, come emerso dallo stesso trial VICTORIA, i pazienti con worsening heart failure hanno un rischio molto alto di andare incontro a un esito come la morte o l’ospedalizzazione. Inoltre, in molti casi i soggetti che rientrano in questa categoria hanno difficoltà a tollerare tutte le classi di farmaci e, spesso, presentano iperkaliemia o una funzionalità renale compromessa. Da qui l’importanza di considerare anche il profilo di sicurezza delle strategie terapeutiche alternative o ulteriori.
Massimo Iacoviello: Sempre guardando al VICTORIA-HF e al vericiguat abbiamo dei risultati confortanti che ci vengono dal trial, considerando che il 90% all’incirca dei pazienti raggiungeva la dose target di dieci milligrammi e considerando che all’incirca il 94% dei pazienti aveva un’ottima aderenza, uguale o superiore l’80 per 100. Quindi sicuramente dati confortanti, così come sono confortanti i dati relativi alla ipotensione e anche la funzionalità renale non peggiorava, così come non vi era un aumento dell’incidenza di iperkaliemia, quindi ottimi dati di tollerabilità e sicurezza.
Fabio Ambrosino (Cardioinfo): In generale, quando si decide di aggiungere una nuova strategia farmacologica è importante considerare il background fisiopatologico su cui si andrà ad agire, a partire dagli effetti protettivi dei trattamenti già avviati.
Massimo Iacoviello: Ma se tutto questo non basta, è ovvio che andare ad agire su un’altra via fisiopatologia particolarmente rilevante nelle insufficienza cardiaca ci può dare qualcosa di più. E nel caso del vericiguat questa via è la via del ossido nitrico: una via che nella insufficienza cardiaca sicuramente si esprime meno, quindi esprime in misura minore il suo effetto protettivo e col vericiguat, andando ad attivare la guanilato- ciclasi che è responsabile della produzione, dell’effettore di questa via, pur in presenza di una carenza di ossido nitrico, noi riusciamo ad aumentare l’attività di questa di questa via estremamente importante per i nostri pazienti perché questa attivazione ha un ritorno in termini di effetto antinfiammatorio, a livello cardiaco di effetto anti-proliferativo e anti-rimodellamento, un miglioramento della funzione vascolare e, in alcuni trial, anche una protezione renale che per la brevità del VICTORIA ovviamente non poteva essere dimostrata. Ma sicuramente dei benefici che sono complementari e integrano quelli dei quattro pilastri e non sarebbe altrimenti non potrebbe essere altrimenti perché il VICTORIA non avrebbe avuto un risultato positivo.