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Tromboembolismo venoso: come prevenire le recidive?

A cura di Paolo Tondi By 15 Ottobre 2020Febbraio 22nd, 2022No Comments
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tromboembolismo venoso

Le recidive del tromboembolismo venoso sono frequenti dopo il primo episodio acuto, con un’incidenza dell’11% a 1 anno, del 29% entro 5 anni e del 40% entro 10 anni dalla sospensione del trattamento anticoagulante. Il rischio di recidiva è peraltro più elevato nel tromboembolismo venoso non provocato o associato a malattia neoplastica.

Le linee guida dell’American College of Chest Physicians (ACCP) raccomandano l’uso degli anticoagulanti orali diretti (DOAC), tre inibitori selettivi del fattore Xa (rivaroxaban, apixaban ed edoxaban) e un inibitore della trombina (dabigatran), per una durata di tre mesi nella terapia dell’evento tromboembolico acuto. Non esistono al contrario indicazioni precise circa il prolungamento della terapia anticoagulante e la prevenzione di eventuali recidive: in questo caso il medico dovrebbe regolarsi sulla base delle caratteristiche cliniche del paziente e sul suo eventuale rischio trombotico, in caso di sospensione, o emorragico, in caso di prosecuzione del trattamento. Com’è noto il rischio di recidiva trombotica è più elevato nei mesi immediatamente successivi alla sospensione del trattamento per poi ridursi e stabilizzarsi intorno al 5% per anno, mentre il rischio emorragico rimane stabile nel tempo, così come la mortalità per complicanze emorragiche.

Una nuova e importante prospettiva nel trattamento a lungo termine del tromboembolismo venoso e nella prevenzione delle recidive è stata offerta dagli studi EINSTEIN-EXTENSION ed EINSTEIN CHOICE. Nello studio clinico di fase III EINSTEIN-EXTENSION rivaroxaban, somministrato alla dose quotidiana di 20 mg/die per un periodo di 6-12 mesi a 1197 pazienti affetti da tromboembolismo venoso e precedentemente trattati per 6-12 mesi con rivaroxaban o antagonisti della vitamina K, ha mostrato una riduzione significativa del rischio relativo (RR) di recidive tromboemboliche pari all’82% rispetto ai pazienti trattati con placebo (1,3% vs 7,1% rispettivamente). Rivaroxaban è risultato peraltro ben tollerato e l’incidenza di sanguinamento maggiore (end-point primario di sicurezza) è risultata sovrapponibile a quella del placebo (0,7% vs 0,0%).

Risultati ancora più interessanti sono stati forniti dallo studio randomizzato in doppio cieco EINSTEIN CHOICE, che ha valutato su 3.396 pazienti con tromboembolismo venoso, trattati in precedenza per 6-12 mesi con terapia anticoagulante, efficacia e sicurezza del rivaroxaban al dosaggio di 20 mg (1.121 pazienti) e di 10 mg (1.136 pazienti) in monosomministrazione giornaliera in confronto con l’aspirina alla dose di 100 mg/die (1.139 pazienti). Negli studi WARFASA e ASPIRE, l’ASA ha infatti dimostrato di ridurre di circa il 30% rispetto al placebo il rischio di recidive in pazienti con tromboembolismo venoso trattati dopo la fase acuta con aspirina alla dose di 100 mg/die, con un aumento limitato del rischio di sanguinamenti maggiori rispetto al placebo.

Lo studio EINSTEIN CHOICE ha dimostrato come rivaroxaban ad ambedue i dosaggi sia risultato superiore all’aspirina nella prevenzione delle recidive tromboemboliche: durante un follow-up di 12 mesi recidive di tromboembolismo fatale o non fatale si sono verificate nell’1,5% dei casi trattati con rivaroxaban 20mg/die, nell’1,2% dei casi trattati con rivaroxaban 10 mg/die e nel 4,4% dei casi trattati con ASA. La percentuale di sanguinamenti maggiori è stata dello 0,5% nel braccio del rivaroxaban 20 mg, dello 0,4% nel braccio del rivaroxaban 10 mg e dello 0,3% nel braccio dell’aspirina, risultando quindi sostanzialmente sovrapponibile.

Esaminando i dati complessivi degli studi EINSTEIN-EXTENSION e EINSTEIN CHOICE l’incidenza di recidive tromboemboliche nel TEV idiopatico è dell’1,6% con il rivaroxaban al dosaggio di 20-10 mg/die rispetto al 6,5% del trattamento con placebo o ASA.  Nei pazienti con TEV provocato l’incidenza delle recidive è dello 0% rispetto al 4,6% nel gruppo con fattori di rischio maggiori permanenti, dell’1,5% rispetto al 4,9% nel gruppo con fattori minori permanenti, dello 0,4% rispetto al 4,5% nel gruppo con fattori minori transitori. Occorre tener presente che nell’EINSTEIN CHOICE non sono stati inclusi quei pazienti per i quali fosse già evidente la necessità di prolungare la terapia anticoagulante dopo i primi 6-12 mesi: in questo caso l’indicazione di una terapia a dosaggio ridotto rimane ancora da definire.

I risultati dell’EINSTEIN CHOICE sono confermati dallo studio di Coleman del 2019: nei pazienti affetti da TEV provocato, trattati in fase acuta con rivaroxaban, il prolungamento della terapia con rivaroxaban per un periodo medio di 3 mesi comporta un rischio di recidive del 44% più basso rispetto ai pazienti in cui si interrompa il trattamento anticoagulante o ricevano aspirina dopo i  primi tre mesi, in assenza di un rischio aumentato di sanguinamenti maggiori. In particolare l’incidenza di recidive tromboemboliche è stata dell’1% versus lo 0,8% nei pazienti con fattori di rischio persistenti maggiori, dello 0,9% versus il 3,1% nei pazienti con fattori persistenti minori, dell’1,3% versus l’1,7% nei pazienti con fattori transitori maggiori, dello 0,7% versus l’1,1% nei pazienti con fattori transitori minori. L’incidenza di sanguinamenti maggiori è stata dell’1,1 % rispetto al 1,8% nel gruppo con fattori persistenti maggiori, dell’1,5% rispetto al 2,1% nel gruppo con fattori persistenti minori, dello 0,7% rispetto allo 0,4% nel gruppo con fattori transitori maggiori, dello 0,5% rispetto allo 0% nel gruppo con fattori transitori minori.

Lo studio EINSTEIN CHOICE apre in ultima analisi una nuova e importante prospettiva terapeutica per quei pazienti colpiti da tromboembolismo venoso e per i quali, dopo il trattamento in fase acuta, si debba decidere se prolungare o meno la terapia anticoagulante per la prevenzione delle recidive. Nella pratica clinica infatti il medico è molto spesso incerto se continuare il trattamento e quindi andare incontro a una possibile complicanza emorragica o sospenderlo ed esporre il paziente al rischio di una recidiva trombotica. Nell’EINSTEIN CHOICE il numero di recidive sia nel TEV idiopatico che nel TEV provocato risulta significativamente più basso con rivaroxaban ad ambedue i dosaggi, rispetto all’aspirina, mentre il rischio emorragico rimane sostanzialmente uguale. I risultati dello studio ci forniscono quindi una nuova efficace opzione terapeutica per trattare a lungo termine e a un dosaggio ridotto quei pazienti per i quali finora non esisteva una chiara indicazione sulla strategia da seguire.

Paolo Tondi
Responsabile UO Angiologia Medica
Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Roma

Bibliografia