
Tra i lavori più interessanti suggeriti di recente dall’European Society of Cardiology, vi è uno studio pubblicato dall’European Heart Journal – Digital Health in novembre. I risultati confermerebbero che una certa disciplina del sonno è associata a un minor rischio cardiovascolare (1). In particolare, pare che giovi l’andare a dormire tra le 22 e le 23 rispetto a fare più tardi o a coricarsi troppo presto.
David Plans (Università di Exeter, Regno Unito), primo autore dello studio, ricorda come il nostro corpo sia tarato sul ritmo circadiano, una sorta di orologio interno di 24 ore che aiuta a regolare il funzionamento fisico e mentale. E che i risultati del trial suggeriscono che andare a letto troppo precocemente o troppo tardi altera l’orologio del corpo, con conseguenze negative per la salute cardiovascolare.
Il lavoro è interessante perché, mentre numerose analisi hanno già studiato il legame tra la durata del sonno e le malattie cardiovascolari, la relazione tra i tempi del sonno e il rischio cardiovascolare è poco esplorata. Questo studio ha esaminato in un ampio campione di adulti l’associazione con l’inizio del sonno misurato oggettivamente, e non auto-riferito.
L’associazione tra l’insorgenza del sonno e gli eventi cardiovascolari è stata aggiustata per età, sesso, durata del sonno, irregolarità del sonno, cronotipo auto-riferito (mattiniero o nottambulo), fumatori o non, indice di massa corporea, diabete, pressione sanguigna, colesterolo e stato socioeconomico.
Lo studio ha incluso 88.026 individui reclutati tra il 2006 e il 2010. L’età media era di 61 anni (da 43 a 79 anni) e il 58% era donna. I dati sull’inizio del sonno e sul tempo di risveglio sono stati raccolti per sette giorni utilizzando un accelerometro da polso. I partecipanti hanno completato valutazioni e questionari demografici sullo stile di vita, sulla salute e sul fisico. Il follow-up ha riguardato un’eventuale diagnosi di malattia cardiovascolare (infarto, scompenso cardiaco, malattia cardiaca ischemica cronica, ictus e attacco ischemico transitorio).
Nel corso del follow-up (mediamente, di 5,7 anni), 3.172 partecipanti (il 3,6%) hanno sviluppato una malattia cardiovascolare. L’incidenza è stata più alta in quelli che andavano a letto a mezzanotte o più tardi e più bassa in quelli che si coricavano tra le 10:00 e le 11 di sera.
In un’ulteriore analisi per sesso, l’associazione con l’aumento del rischio cardiovascolare era più marcata tra le donne, anche se la causa non è evidente. Secondo Plans, può essere che ci sia una differenza di sesso nel modo in cui il sistema endocrino risponde a un’interruzione del ritmo circadiano. In alternativa, l’età più avanzata dei partecipanti allo studio potrebbe essere un fattore di confondimento, poiché il rischio cardiovascolare delle donne aumenta dopo la menopausa. Il che significa che potrebbe anche non esserci alcuna differenza nella forza dell’associazione tra donne e uomini.
Sta di fatto che, conclude Plans, anche se i risultati non mostrano causalità diretta, il tempo di sonno è emerso come un potenziale fattore di rischio cardiovascolare, indipendentemente da altri fattori di rischio e dalle caratteristiche del sonno. Se i risultati saranno confermati da altri studi, i tempi del sonno e una sua igiene di base potrebbero divenire un obiettivo di salute pubblica a basso costo per ridurre il rischio di malattie cardiache.
Bibliografia
1. Nikbakhtian S, Reed AB, Obika BD, et al. Accelerometer-derived sleep onset timing and cardiovascular disease incidence: a UK Biobank cohort study. Eur Heart J Digit Health 2021. doi:10.1093/ehjdh/ztab088.