
L’accelerazione digitale verificatasi durante la pandemia di COVID-19, finalizzata primariamente a consentire la continuità delle cure in un momento in cui l’accesso agli ospedali era vietato, ha permesso al sistema sanitario italiano di raggiungere in pochi mesi quello che nel campo della telemedicina non si era riusciti a fare nel corso di anni. Medici, pazienti e decisori hanno messo da parte lo scetticismo per un graduale riconoscimento dell’utilità della telemedicina nel riorganizzare l’assistenza territoriale, specie per quanto riguarda la gestione delle malattie croniche.
L’argomento è stato recentemente trattato da Benedetta Ferrucci in un approfondimento, uscito su Senti chi parla, in cui vengono sottolineati i vantaggi legati all’utilizzo delle tecnologie della telemedicina ma anche i possibili rischi associati a un utilizzo inadeguato. Dal rischio di generare ulteriori disuguaglianze a quello di implementare percorsi di cura non realmente calati sulle esigenze dei pazienti, infatti, sono diverse le situazioni che potrebbero portare a esiti indesiderati.
Arricchito dalle interviste a Eugenio Santoro, Responsabile del laboratorio di Informatica Medica dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS, e Alberto Tozzi, Presidente iSPI, Responsabile Area di ricerca Malattie Multifattoriali e Malattie Complesse dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, l’articolo di Senti chi parla affronta tutti questi aspetti, inquadrandoli in una cornice, come quella attuale, che nei prossimi anni prevede ingentissimi investimenti (si veda la missione 6 del PNRR) in questo settore.