
In uno studio su pazienti emodinamicamente stabili con STEMI e malattia coronarica multivasale, una rivascolarizzazione completa immediata è risultata non inferiore a una procedura staged per quanto riguarda un endpoint composito di mortalità per tutte le cause, infarto miocardico non fatale, ictus, rivascolarizzazione non pianificata guidata dall’ischemia o ospedalizzazione per scompenso cardiaco a un anno.
È quanto emerge dai risultati del trial MULTISTARS AMI, finanziato da Boston Scientific e pubblicato sul New England Journal of Medicine, i quali hanno messo in evidenza – a parità di decessi per tutte le cause, rischio di ictus e ospedalizzazioni per scompenso cardiaco – un tasso ridotto di infarti miocardici non fatali e rivascolarizzazioni guidate dall’ischemia non pianificate nei pazienti sottoposti a una rivascolarizzazione completa immediata (1).
Come sottolineato dagli stessi autori lo studio presentava però dei limiti in termini di rappresentatività del campione, composto per l’80% da soggetti di sesso maschile e per il 98% bianchi. Inoltre, i risultati emersi non sono applicabili ai pazienti con shock cardiogeno, malattia dell’arteria coronaria principale sinistra, occlusione cronica totale e precedente impianto di bypass aorto-coronarico, i quali erano stati esclusi in partenza dall’analisi.
Nello specifico, il trial ha reclutato 418 pazienti sottoposti ad angioplastica coronarica per una rivascolarizzazione completa immediata e 422 pazienti sottoposti a una rivascolarizzazione staged con una prima angioplastica limitata al trattamento della lesione culprit e una successiva, nel periodo compreso tra i 19 e i 45 giorni successivi, per il trattamento delle lesioni non colpevoli.
L’endpoint primario composito – costituito da mortalità per tutte le cause, infarto miocardico non fatale, ictus, rivascolarizzazione non pianificata guidata dall’ischemia o ospedalizzazione per scompenso cardiaco a un anno – si è verificato nell’8,5% dei soggetti sottoposti a rivascolarizzazione completa immediata e nel 16,3% di quelli sottoposti a procedura staged (RR=0,52; intervallo di confidenza al 95%: 0,38 – 0,72; P<0,001 per la non inferiorità e P<0,001 per la superiorità).
“L’endpoint primario è stato ampliato nel corso del trial – hanno spiegato gli autori nell’articolo – per la lentezza del reclutamento e l’aggiunta di ictus e ospedalizzazioni per scompenso cardiaco potrebbe aver introdotto un bias a favore della non-inferiorità”. Lo stesso effetto, poi, potrebbe essere stato indotto anche dall’esclusione dei pazienti con trombosi e restenosi da stent.
L’incidenza di infarto miocardico non fatale e di rivascolarizzazione non pianificata guidata dall’ischemia è risultata inferiore nel gruppo sottoposto a rivascolarizzazione completa immediata. Gli outcome si sono verificati rispettivamente nel 2,0% vs 5,3% (RR=0,36; intervallo di confidenza al 95%: 0,16– 0,80) e nel 4,1% vs 9,3% (RR=0,42; intervallo di confidenza al 95%: 0,24– 0,74). Il rischio di morte per tutte le cause, ictus e ospedalizzazione per scompenso cardiaco è invece risultato paragonabile nei due gruppi.
Per quanto riguarda la sicurezza, infine, eventi avversi gravi sono stati registrati in 104 pazienti nel gruppo sottoposto a rivascolarizzazione completa immediata e in 145 pazienti del gruppo sottoposto a procedura staged.
Bibliografia
1. Stähli BE, Varbella F, Linke A, et al. Timing of Complete Revascularization with Multivessel PCI for Myocardial Infarction. N Eng J Med 2023; 389:1368-79.