
“L’elettrocardiogramma (ECG) è il substrato ideale per le applicazioni dell’intelligenza artificiale”.
Si apre con queste parole un articolo pubblicato a marzo sulla rivista Recenti Progressi in Medicina a firma di Giampaolo Collecchia, in cui il medico di medicina generale e membro del Comitato Etico dell’Azienda USL Toscana Nord Ovest descrive le possibili applicazioni dei sistemi per la rilevazione dell’elettrocardiogramma dotati di algoritmi di intelligenza artificiale (IA-ECG) (1).
Grazie a un “addestramento” effettuato su enormi set di dati, infatti, l’IA-ECG è in grado di individuare anche quelle alterazioni subcliniche che solitamente non vengono rilevate dagli operatori. Una capacità, questa, che rende possibile l’identificazione precoce e il monitoraggio di diverse condizioni cardiache – come la fibrillazione atriale, lo scompenso cardiaco e le valvulopatie – e non cardiache – come l’iperkaliemia, l’anemia e la presenza di cirrosi.
Tuttavia, sebbene si tratti sicuramente di un’area con grandi potenzialità, allo stato attuale l’utilizzo di questa tecnologia nella pratica clinica è molto limitato. Da un lato, infatti, non esistono ancora evidenze solide riguardanti l’utilità clinica e il rapporto costo-efficacia dell’IA-ECG, dall’altro la sua implementazione comporta una serie di difficoltà tecniche e burocratiche notevoli.
L’IA-ECG per la diagnosi della fibrillazione atriale
Uno dei contesti in cui la capacità diagnostica dell’IA-ECG appare già molto avanzata è sicuramente quello delle aritmie e, in particolare, della fibrillazione atriale.
Diversi studi, la maggior parte dei quali retrospettivi ed effettuati in contesti sperimentali, hanno infatti messo in evidenza come l’intelligenza artificiale sia in grado di riconoscere una fibrillazione atriale parossistica da un elettrocardiogramma standard, anche se monotraccia e rilevato mediante event recorder, loop recorder o smartwatch (2,3).
Un gruppo di ricerca della Mayo Clinic, ad esempio, ha testato un algoritmo di intelligenza artificiale su circa 650.000 tracciati ECG ottenuti da una coorte di circa 180.000 pazienti, dimostrando un’accuratezza dell’80% nella rilevazione della fibrillazione atriale (4).
In termini clinici, quindi, un sistema di IA-ECG potrebbe identificare in modo automatico e tempestivo la presenza di questa aritmia, così da poter avviare rapidamente il paziente alle terapie di prevenzione dell’ictus, dell’embolia, dello scompenso cardiaco e della morte improvvisa.
Il problema, come si legge in un editoriale pubblicato su Recenti Progressi in Medicina a commento del lavoro di Collecchia (5), è che “resta da valutare la reale utilità clinica di tutto questo”.
Una revisione sistematica realizzata dalla US Preventive Services Task Force relativa a 26 studi sull’efficacia dei programmi di screening della fibrillazione atriale, infatti, ha mostrato come questo tipo di interventi permetta sì di identificare un numero maggiore di casi di fibrillazione atriale ma senza impattare sugli outcome: all’aumentare delle diagnosi e delle prescrizioni di anticoagulanti, infatti, non corrisponde una riduzione degli ictus e dei decessi (6).
In alcuni casi, poi, l’elevata capacità di diagnosi della fibrillazione atriale dei sistemi di IA-ECG potrebbe persino avere degli effetti negativi. In termini di sovradiagnosi, ad esempio, rilevando episodi aritmici che non avrebbero mai dato origine a eventi embolici. In questo contesto l’avvio al trattamento anticoagulante avrebbe la sola conseguenza di esporre il paziente al rischio di potenziali eventi avversi.
Nell’ambito dello studio LOOP ad esempio, che ha valutato un programma di screening della fibrillazione atriale mediante loop recorder, nel gruppo sperimentale è stato registrato, a parità di ictus e decessi, un aumento del 26% dei sanguinamenti maggiori (7).
Ma la sovradiagnosi non è l’unico modo attraverso cui l’IA-ECG potrebbe peggiorare la quantità e la qualità di vita dei pazienti. L’implementazione di un sistema di rilevazione dell’elettrocardiogramma di questo tipo potrebbe avere effetti negativi anche in termini di “cascate di cura”, innescando una serie di ulteriori test diagnostici associati a loro volta a un possibile rischio di complicanze, e di falsi positivi, con potenziali conseguenze avverse e costi per il paziente e il Servizio Sanitario Nazionale.
E per quanto riguarda della disfunzione ventricolare sinistra?
Collecchia descrive anche le possibili applicazioni dell’IA-ECG nell’ambito della disfunzione ventricolare sinistra, condizione spesso asintomatica che può precedere lo sviluppo di uno scompenso cardiaco ed esporre il paziente a un rischio aumentato di embolia sistemica, ictus e morte. Anche in questo caso il focus è sulla possibilità di utilizzare questa tecnologia per effettuare una diagnosi precoce, in modo da avviare i pazienti a una strategia terapeutica adeguata.
Diverse analisi hanno infatti messo in evidenza la capacità dell’intelligenza artificiale applicata all’elettrocardiogramma di individuare tempestivamente una riduzione della frazione di eiezione del ventricolo sinistro.
Uno studio che ha indagato l’efficacia di un algoritmo di deep learning, ad esempio, ha mostrato come questo fosse in grado di discriminare questa condizione in pazienti con scompenso cardiaco acuto (8).
Un altro studio randomizzato, invece, ha valutato l’efficacia dell’IA-ECG in un contesto di cure primarie – dove la disfunzione ventricolare sinistra è spesso sotto-diagnosticata – mettendo in evidenza un’aumentata capacità diagnostica rispetto all’approccio standard (9).
Anche in questo caso tuttavia, come sottolineato da Cabitza e gli altri autori dell’editoriale, se da un lato emerge l’importanza prognostica della disfunzione ventricolare sinistra asintomatica, dall’altro non ci sono evidenze che mostrino un miglioramento della qualità e della quantità di vita dei pazienti quando questa condizione viene identificata e trattata tempestivamente.
Oltre le evidenze cliniche: i problemi strutturali
Un altro editoriale di commento, a cura di Gian Luigi Nicolosi del Policlinico San Giorgio di Pordenone, descrive le attuali barriere all’implementazione dell’IA-ECG nella pratica clinica quotidiana. Infatti, nonostante si parli di questa tecnologia già da diversi anni, a oggi “la sua diffusione resta limitata, settoriale, concentrata su progetti specifici, riservata a centri pilota” (10).
Oltre alla mancanza di evidenze relativa all’utilità clinica dell’IA-ECG, Nicolosi identifica una serie di altri problemi che limitano l’adozione di questa tecnologia, molti citati anche nell’articolo di Collecchia.
I dati utilizzati per addestrare gli algoritmi, ad esempio, devono essere standardizzati, omogenei e di alta qualità, mentre quelli registrati nella pratica clinica sono spesso eterogenei e di qualità variabile.
Un ulteriore problema, poi, riguarda l’opacità dei sistemi di intelligenza artificiale, “che si comportano come ‘black boxes’ (o ‘scatole nere’) impenetrabili”, scrive Nicolosi. Non potendo comprendere i significati fisiopatologici dei risultati, infatti, i medici potrebbero avere difficoltà nell’interpretarli e applicarli al processo decisionale.
Oltre a essere spesso eterogenei, gli enormi dataset utilizzati per l’addestramento, la validazione e il testing degli algoritmi devono poi provenire necessariamente da istituzioni diverse, con un rischio non trascurabile per quanto riguarda la privacy e la sicurezza dei dati.
Per non parlare, infine, dei rischi in termini legali e assicurativi, di sostenibilità economica, di disuguaglianze.
“Per l’implementazione di un’IA-ECG affidabile saranno poi di estrema rilevanza e assolutamente necessari trial clinici prospettici multicentrici – aggiunge Nicolosi – con obiettivi chiari e pre-specificati, che possano dimostrare che le procedure di IA-ECG siano effettivamente capaci di offrire risultati affidabili nel mondo reale, e non solo marginalmente superiori alle procedure consolidate, ma con rapporti costo/efficacia, e non solo costo/efficienza, favorevoli”.
“L’IA-ECG può essere utilizzata in un ampio spettro di cure come strumento diagnostico, predittivo, nella personalizzazione del trattamento e per evidenziare nuovi fenotipi di malattia”, conclude invece Collecchia. “La sfida sarà implementarne l’utilizzo per renderla fruibile ed effettivamente utile per la pratica quotidiana”.
Bibliografia
1. Collecchia G. L’intelligenza artificiale applicata all’elettrocardiogramma, ovvero c’è veramente l’ago nel pagliaio? Recenti Prog Med 2023; 114: 145 – 147.
2. Attia ZI, Harmon DM, Behr ER, et al. Application of artificial intelligence to the electrocardiogram. Eur Heart J 2021; 42: 4717 – 1430.
3. Hendriks JM, Fabriz L. AI can now identify atrial fibrillation through sinus ryhthm. Lancet 2019; 394: 812 – 813.
4. Attia Z, Noseworthy PA, Lopez-Jimenez F, et al. An artificial intelligence-enabled ECG algorithm for the identification of patients with atrial fibrillation during sinus rhythm: a retrospective analysis of outcome prediction. Lancet 2019; 394: 861 – 867.
5. Cabitza F, Ammirati F, Bocchino M, et al. L’intelligenza artificiale applicata all’elettrocardiogramma. Recenti Prog Med 2023; 114: 137 – 138.
6. Kahwati LC, Asher GN, Kadro Zo, et al. Screening for atrial fibrillation: updated evidence report and systematic review for the US Preventive Services Task Force. JAMA 2022; 327: 368 – 383.
7. Svendsen JH, Diederichsen SZ, Hojberg S, et al. Implantable loop recorder detection of atrial fibrillation to prevent stroke (the LOOP Study): a randomised controller trial. Lancet 2021; 398: 1507 – 1516.
8. Choi J, Lee S, Chang M, et al. Deep learning of ECG waveforms for diagnosis of heart failure with a reduced left ventricular ejection fraction. Sci Rep 2022; 12: 14235.
9. Yao X, Rushlow DR, Inselman JW, et al. Artificial intelligence-enabled electrocardiograms for identification of patients with low ejection fraction: a pragmatic, randomised clinical trial. Nat Med 2021; 27: 815 – 819.
10. Nicolosi GL. Perché l’intelligenza artificiale applicata all’elettrocardiogramma non è ancora routine clinica? G Ita Cardiol 2023; 114: 139 – 141.