
Un punto centrale dell’intero processo di riforma del SSN è costituito dalla adozione dei Percorsi Diagnostici Terapeutici Assistenziali (PDTA) come presa in carico della cronicità e come garanzia dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA). Si tratta di un passaggio chiave perché pone al centro l’intero processo assistenziale, superando la governance del passato dei budget “silos” e delle singole variabili. Quello dell’implementazione dei PDTA è però un problema complesso, perché complessa è l’armonizzazione tra bisogni assistenziali, linee guida, misura del problema (Real World Evidence, RWE) ed estrema eterogeneità dei PDTA già disponibili nelle Regioni italiane. Esempio perfetto di tale complessità è la gestione dello scompenso cardiaco, che Aldo P. Maggioni, Direttore del Centro Studi dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO), Firenze, ha illustrato in occasione del convegno “PDTA LAB: esperienze e risultati”, svoltosi a Roma presso il Senato della Repubblica il 16 giugno 2017.
“Con 184.719 ospedalizzazioni e 1.694.127 giorni di degenza nel 2015, lo scompenso cardiaco ha rappresentato la prima causa di ricovero in Italia nel 2015. Ma non si tratta di un problema solo italiano, visto che se nel nostro Paese questa patologia causa ogni anno 318 ricoveri per 100.000 abitanti, in Germania siamo a 315 e in Francia a 246, per non parlare degli Stati Uniti che viaggiano a 468 ricoveri per 100.000 abitanti”, ha spiegato Maggioni.
Le linee guida ESC 2016 per la diagnosi e il trattamento dello scompenso cardiaco acuto e cronico forniscono agli specialisti uno strumento chiaro e preciso per quanto riguarda le strategie di prevenzione, gli algoritmi terapeutici, i criteri di ricovero e il management extra-ospedaliero dei pazienti con scompenso cardiaco. Le linee guida ESC pongono un forte accento sull’assistenza multidisciplinare, sul coinvolgimento del paziente nel monitorare la terapia, su follow-up regolari e migliore accesso alle cure. Ma a che punto siamo con l’applicazione corretta di queste linee guida? Gli squilibri sono, come sovente accade, notevoli. La criticità maggiore forse deriva da un’assistenza sanitaria ancora molto legata al momento del ricovero e slegata dalla cura a livello territoriale: c’è bisogno di una maggiore integrazione e di continuità assistenziale.
“La RWE evidenzia la rilevanza dello scompenso in termini clinici, assistenziali ed economici e la necessità di un approccio multidisciplinare”, commenta Maggioni. “Le linee guida hanno al centro una condizione clinica, i PDTA devono contestualizzare le linee guida nel mondo reale, avendo al centro il cittadino/paziente”. Ma qual è il quadro dei PDTA sullo scompenso cardiaco nel nostro Paese? Ce ne sono molti e differiscono tra loro in diversi punti, a partire dalla individuazione di prevalenza della patologia, passando per le indagini previste per la diagnosi e i trattamenti farmacologici, per arrivare alla organizzazione del ricorso alle diverse strutture sanitarie disponibili.
“È come se le linee guida descrivessero una città ideale, ordinata e razionale, mentre la RWE ci mostrasse una città caotica, senza una logica apparente. L’implementazione di PDTA che non aggiungano entropia al sistema ma viceversa siano lo strumento davvero potente ed efficace per il governo della continuità di cura e il contributo alla sostenibilità del sistema che possono essere è quindi necessaria e urgente”, ha concluso Maggioni.