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Metaboliti della flora intestinale e rischio cardiovascolare

By 30 Gennaio 2017Settembre 28th, 2021No Comments
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Flora intestinale rischio cardiovascolare

Predire il rischio cardiovascolare attraverso l’analisi dei livelli plasmatici di un metabolita della flora intestinale. L’ipotesi, già verificata sperimentalmente in un campione di pazienti statunitensi con i sintomi di una sindrome coronarica acuta (SCA), è stata confermata da uno studio che ha preso in considerazione una popolazione di soggetti, parte di una coorte svizzera, precedentemente sottoposti ad angiografia coronarica. I risultati dello studio in questione, pubblicati recentemente sulla rivista European Heart Journal, mostrano che i livelli plasmatici del metabolita trimetilammina N-ossido (TMAO) permettono di predire mortalità e insorgenza di un evento cardiaco maggiore avverso (MACE), aprendo a nuove possibilità in termini di test diagnostici e prognostici.

Nella prima fase della ricerca sono stati analizzati i livelli plasmatici di TMAO, insieme a quelli seriali di troponina cardiaca, di un gruppo di 530 pazienti adulti giunti al pronto soccorso della Cleveland Clinic (Cleveland, Ohio) per un dolore toracico di sospetta origine cardiaca. I risultati hanno evidenziato che i livelli più elevati di TMAO sono risultati associati a un rischio sei volte maggiore di andare incontro a un evento cardiaco entro 30 giorni e cinque volte maggiore nell’arco di sei mesi. Inoltre, per i pazienti con i livelli maggiori di TMAO plasmatico è risultata raddoppiata, rispetto ai soggetti con i livelli più bassi, la mortalità a sette anni. “Se si riuscisse a valutare in modo rapido e accurato i livelli di TMAO, tramite un test point-of-care, si potrebbe migliorare in modo significativo il processo di stratificazione del rischio tra i pazienti che si presentano in ospedale per un dolore toracico di sospetta origine cardiaca”, sottolineano Xinmin Li della Cleveland Clinic (Ohio) e Slayman Obeid dell’University Hospital Zurich, che hanno condotto lo studio. Per confermare i risultati ottenuti i ricercatori hanno poi replicato le analisi su una popolazione di 1683 pazienti con SCA, parte della Swiss Acute Coronary Syndrome Cohort, precedentemente sottoposti ad angiografia coronarica. Anche in questo caso i livelli più elevati di TMAO sono risultati associati a un rischio maggiore di andare incontro a MACE. Nello specifico, per i pazienti che presentavano le concentrazioni più elevate il rischio di sviluppare un evento cardiaco nell’arco di un anno è risultato maggiore di 1,5 volte. “I pazienti svizzeri hanno una dieta diversa. Ciò è interessante in quanto i livelli di TMAO sono influenzati da quello che si mangia, soprattutto per quanto riguarda carne, molluschi e uova. E infatti i livelli erano più elevati nei pazienti statunitensi, i quali hanno poi manifestato complicazioni cardiovascolari più frequentemente”, ha aggiunto Thomas Lüscher, responsabile del progetto all’University Hospital Zurich. “Questi risultati sono stimolanti”.

L’aver esteso i risultati relativi all’associazione tra TMAO e rischio cardiovascolare anche ai pazienti non stabili, inclusi quelli affetti da insufficienza cardiaca e da malattia arteriosa periferica, impone di considerare i livelli plasmatici di questo metabolita della flora batterica come un possibile fattore di rischio potenzialmente modificabile. “In termini di intervento, le possibili prospettive future sono molteplici”, sottolinea Lüscher, “anche se ovviamente tutte richiedono ulteriori ricerche. Tuttavia, un’ipotesi interessante è quella di modificare i livelli di TMAO attraverso cambiamenti della dieta o mediante l’utilizzo di composti in grado di inibire l’attività degli enzimi alla base della sua produzione”. Composti che, conclude Lüscher, sono già in fase di sviluppo presso il laboratorio di Stanley Hazen, co-responsabile della ricerca presso la Cliveland Clinic, e “riguardo ai quali dovremmo avere in breve tempo i primi risultati sperimentali”.

Fabio Ambrosino

▼ Li XS, Obeid S, Klingenberg R, et al. Gut microbiota-dependent trimethylamine N-oxide in acute coronary syndromes: a prognostic marker for incident cardiovascular events beyond traditional risk factors. European Hert Journal 2017; 0: 1 – 11