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MATRIX: accesso radiale e bivalirudina in primo piano nei pazienti con sindrome coronarica acuta

By 2 Aprile 2015No Comments
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Lo studio randomizzato multicentrico MATRIX (Minimizing Adverse hemorrhagic events by TRansradial access site and systemic Implementation of angioX), presentato all’ACC 2015 da Marco Valgimigli, si è proposto un duplice obiettivo: confrontare da una parte l’approccio radiale versus femorale, e dall’altra la terapia antitrombotica con bivalirudina versus eparina non frazionata, in pazienti con sindrome coronarica acuta sottoposti ad angiografia e procedura di rivascolarizzazione percutanea (PCI). Gli endpoint co-primari erano costituiti dagli eventi cardiovascolari avversi maggiori (MACE) (un composito di morte per ogni causa, infarto miocardico o ictus) e dagli eventi clinici avversi (MACE o sanguinamenti maggiori non correlati all’intervento di bypass aortocoronarico [CABG] secondo la classificazione BARC) valutati a 30 giorni.

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Fra gli oltre 8400 pazienti arruolati presso 78 centri di 4 paesi europei, l’8.8% (369/4197) del gruppo radiale vs il 10.3% (429/4207) del gruppo femorale ha sviluppato MACE (rate ratio [RR] 0.85, IC 95% 0.74-0.99; p=0.0307) e il 9.8% (410/4197) del gruppo radiale vs l’11.7% (486/4207) del gruppo femorale è andato incontro ad eventi clinici avversi (RR 0.83, IC 95% 0.73-0.96; p=0.0092). La differenza emersa tra i gruppi è stata determinata da una riduzione degli episodi di sanguinamento maggiore (1.6 vs 2.3%, RR 0.67, IC 95% 0.49-0.92; p=0.013) e della mortalità per tutte le cause (1.6 vs 2.2%, RR 0.72, IC 95% 0.53-0.99; p=0.045) osservata nel gruppo sottoposto a PCI con approccio radiale. Contestualmente alla presentazione all’ACC, i risultati di questa analisi sono stati pubblicati su Lancet.

L’analisi basata sulla terapia antitrombotica, effettuata su oltre 7200 pazienti sottoposti a PCI, non ha evidenziato differenze significative in termini di riduzione di MACE o eventi clinici avversi a 30 giorni tra i pazienti che avevano ricevuto bivalirudina rispetto a quelli a cui era stata somministrata terapia anticoagulante standard. Tuttavia, nel gruppo bivalirudina sono stati registrati tassi inferiori di mortalità per tutte le cause (1.7 vs 2.3%, RR 0.71, IC 95% 0.51-0.99), mortalità cardiovascolare (1.6 vs 2.3%, RR 0.7, IC 95% 0.5-0.98) e mortalità cardiaca (1.5 vs 2.2%, RR 0.68, IC 95% 0.48-0.97). Indipendentemente dal sito di accesso (radiale versus femorale), questi risultati erano imputabili ad una riduzione dei sanguinamenti maggiori associata al trattamento con bivalirudina (BARC 3: 1.3 vs 2.1%, RR 0.61, IC 95% 0.42-0.88; BARC 5: 0.1 vs 0.4%, RR 0.31, IC 95% 0.11-0.85; TIMI: 1 vs 1.9%, RR 0.5, IC 95% 0.33-0.75; GUSTO: 0.9 vs 1.5%, RR 0.61, IC 95% 0.39-0.95).

Lo studio MATRIX si spinge oltre nel confronto dell’approccio radiale versus femorale già intrapreso dallo studio RIVAL nel 2011, il quale tuttavia, pur avendo registrato una riduzione del 63% del rischio di complicanze correlate al sito di accesso, non aveva evidenziato una riduzione della mortalità, né dell’incidenza di infarto, ictus o sanguinamenti non CABG-correlati. I risultati del MATRIX, ottenuti da operatori esperti con un elevato volume di procedure all’attivo effettuate in pazienti ad alto rischio, dimostrano che l’utilizzo dell’accesso radiale si associa ad una minore incidenza di eventi clinici avversi, per effetto di una riduzione dei sanguinamenti maggiori e della mortalità per tutte le cause. Sebbene la riduzione della mortalità debba comunque essere interpretata con cautela, trattandosi di outcome secondario, tale riscontro è stato confermato da una metanalisi che ha incluso tutti gli studi di confronto tra accesso radiale versus femorale, incluso il MATRIX, condotti in pazienti affetti da sindrome coronarica acuta.

Verosimilmente, i risultati del MATRIX sanciranno l’accesso radiale quale standard di cura per i pazienti con sindrome coronarica acuta sottoposti a PCI, al quale dovrà conformarsi la pratica interventistica, in particolare di quei paesi come gli Stati Uniti dove ad oggi l’accesso radiale viene praticato in meno del 20% delle procedure.