
Nelle aree geografiche caratterizzate da una maggiore connessione sociale tra persone con status socioeconomico diverso, definita attraverso l’analisi dei contatti su Facebook, il tasso di mortalità prematura per cause cardiovascolari è inferiore rispetto a quelle in cui la connessione sociale è minore.
È quanto emerge da uno studio statunitense i cui risultati saranno presentati in forma completa al meeting annuale dell’American College of Cardiology (ACC.23), quest’anno organizzato in collaborazione con la World Heart Federation, in programma dal 4 al 6 marzo a New Orleans.
Ricerche precedenti hanno messo in evidenza come un basso livello socioeconomico si associ a un rischio più elevato di andare incontro a una morte prematura per cause cardiovascolari. Lo studio in questione, tuttavia, è il primo che analizza la connessione sociale tra persone con status socioeconomici diversi attraverso i contatti Facebook.
Per stimare questo parametro i ricercatori hanno adattato una metodologia utilizzata di recente per valutare il livello di interazione sociale, attraverso post e messaggi, in aree geografiche diverse. Attraverso questa metodologia i ricercatori sono riusciti a distinguere tra i quartieri in cui le persone con status socioeconomici inferiori sono maggiormente connesse con quelle con status più elevati e quelli in cui, invece, tali livelli di connessione sociale erano più bassi.
Per calcolare i tassi di morte prematura per cause cardiovascolari i ricercatori hanno invece analizzato le cartelle cliniche relative a più di 900.000 decessi avvenuti in persone tra i 25 e i 65 anni di età tra il 2018 e il 2020, selezionando quelle che riportavano una patologia cardiaca come causa sottostante.
Incrociando i dati – e aggiustandoli in base a diverse variabili potenzialmente confondenti – è emerso che nei quartieri con livelli di connessione sociale più elevata tra status diversi il tasso di mortalità prematura è più basso rispetto a quelli caratterizzati da una connessione sociale minore. Un effetto, questo, che si mantiene anche analizzando i dati a livello nazionale: le aree con maggiore connessione sociale sono quelle in cui si muore di meno.
Va detto che lo studio in questione ha delle caratteristiche che ne limitano la generalizzabilità. Non è così scontato ad esempio che le persone iscritte a Facebook costituiscano un campione rappresentativo della popolazione generale. Saranno sicuramente necessari altri studi per comprendere meglio la relazione.
Tuttavia, i ricercatori hanno provato a ipotizzare alcuni possibili meccanismi coinvolti. È possibile ad esempio che intrattenere delle relazioni con persone con uno status socioeconomico più elevato sui social media aumenti la probabilità di imbattersi in opportunità educative e lavorative o in stili di vita salutari.
“Le reti sociali hanno un impatto importante sugli outcome di salute”, ha commentato Tabitha Lobo, ricercatrice dell’University Hospital Cleveland Medical Center e responsabile dello studio. “Ed esistono dei modi per migliorarle, ad esempio implementando programmi di tutoraggio giovanile, stage e interventi educativi utili a mettere in connessione tra loro le persone. Questi potrebbero avere un effetto a lungo termine sulle differenze che si riscontrano nei diversi quartieri in termini di mortalità cardiovascolare prematura”.