
I nuovi anticoagulanti orali (NAO) hanno costituito una vera rivoluzione nella profilassi tromboembolica nei pazienti con fibrillazione atriale (FA). I NAO, sia inibitori diretti della trombina (dabigatran) che inibitori diretti del fattore Xa (rivaroxaban, apixaban, edoxaban), negli studi di fase III hanno dimostrato almeno una non inferiorità nei confronti del warfarin nella riduzione del rischio tromboembolico della FA e hanno comportato una riduzione dei sanguinamenti fatali, in particolare delle emorragie intracraniche. I NAO presentano il vantaggio di essere somministrabili in dosi fisse giornaliere e di non richiedere il monitoraggio periodico dell’international normalized ratio (INR).
In particolare il loro profilo di sicurezza ha permesso, almeno in parte, di aumentare la diffusione e l’appropriatezza di prescrizione della terapia anticoagulante orale (TAO). Il timore delle emorragie, infatti, costituisce la remora principale per l’utilizzo della TAO, soprattutto nei pazienti anziani.
L’introduzione dei NAO ha portato ad un’evoluzione nella prescrizione della TAO, come evidenziato negli studi di registro. Nello studio ATA-AF (1), nel periodo compreso tra maggio e luglio 2010, nei pazienti con FA afferenti a 164 cardiologie e 196 reparti di medicina interna, rappresentativi in termini di distribuzione geografica della realtà ospedaliera italiana (età mediana 77 anni, 47% donne) la TAO era stata prescritta soltanto nel 58,8% dei casi, ed in assenza di correlazione con il CHA2DS2-VASc score. La prescrizione della TAO era risultata influenzata maggiormente dall’età (66,2% nei pazienti di età ≤75 anni vs 53,1% nei pazienti di età >75 anni, p<0,0001), dal tipo di FA (64,3% nei casi di FA permanente, 69,6% nei casi di FA persistente e soltanto 37,4% nei pazienti con FA parossistica, p<0,0001) e dalla strategia terapeutica adottata (63,2% in caso di strategia di controllo della frequenza vs 59,7% in caso di strategia di controllo del ritmo, p<0,0001).
Qualche anno più tardi (2012-2013), il registro europeo EORP-AF (2) ha evidenziato un miglioramento dell’aderenza alle raccomandazioni per la TAO rispetto a quanto documentato in precedenza, con quasi l’80% dei pazienti arruolati in terapia con anticoagulanti orali (il 71,6% riceveva antagonisti della vitamina K e l’8,4% NAO). Nonostante questo, una percentuale rilevante di pazienti era trattato ancora con sola aspirina e restava dunque un certo divario tra linee-guida e pratica clinica: la TAO risultava prescritta anche in pazienti a basso rischio (CHA2DS2-VASc score =0, probabile sovra-trattamento) e meno di quanto fosse raccomandato nei pazienti ad alto rischio (CHA2DS2-VASc score =8 e 9). In questa area grigia di sotto-trattamento i NAO possono impattare favorevolmente sul bilancio tra rischio e beneficio, anche in pazienti più fragili con elevato rischio tromboembolico ed emorragico e con comorbilità.
Nei pazienti con FA di nuovo riscontro ed indicazione alla TAO (warfarin-naïve) e nei pazienti trattati in modo inappropriato con solo antiaggregante, i NAO si collocano come l’anticoagulante di scelta, sempre di più anche nella popolazione degli anziani e molto anziani in considerazione dei dati di sicurezza ed efficacia che derivano sia dai trial registrativi e che dai dati di mondo reale. Indicazioni prioritarie per i NAO sono rappresentate dai pazienti con difficoltà logistiche nell’effettuare il monitoraggio laboratoristico periodico o con pregresso ictus ischemico o emorragia intracranica.
In particolare, in pazienti in prevenzione secondaria, soprattutto se l’ictus è avvenuto in corso di terapia con warfarin, il NAO diventa il farmaco di scelta per le caratteristiche di efficacia e sicurezza mostrata negli studi registrativi. In caso di pregressa emorragia intracranica, quando in base al profilo di rischio tromboembolico ed emorragico (sede dell’emorragia, presenza di fattori anatomici correggibili) si ritiene possibile e necessaria la ripresa della terapia anticoagulante o per cui sono state escluse strategie alternative (chiusura dell’auricola sinistra), questa dovrebbe essere certamente effettuata con un NAO, eventualmente a basso impatto sul rischio emorragico.
Nel momento della scelta del farmaco anticoagulante è necessario rispettare le indicazioni per la riduzione dei dosaggi: la percezione di un elevato rischio emorragico sul piano clinico ha infatti in alcuni casi portato ad un utilizzo inappropriato dei dosaggi ridotti in pazienti che non avevano le caratteristiche necessarie (il 9,4% nel registro ORBIT-AF II (3), dati pubblicati nel 2016), esponendoli ad un rischio tromboembolico non giustificabile. Per dabigatran quindi sarà possibile utilizzare il dosaggio 110 mg bid in pazienti oltre gli 80 anni e/o con clearance della creatinina (CrCl) tra 30 e 50 ml/min, in pazienti trattati con verapamil e in pazienti ad alto rischio emorragico per giudizio clinico; per rivaroxaban il dosaggio di 15 mg/die va utilizzato in caso di insufficienza renale moderata (CrCl 30-50 ml/min) e proseguito con cautela se la CrCl scende ulteriormente (fino a 15 ml/min); per apixaban la riduzione del dosaggio deve essere effettuata solo se due dei tre criteri (età >80 anni, peso corporeo ≤60 kg e creatinina >1,5 mg/dl) sono soddisfatti e con cautela nei pazienti con insufficienza renale grave (CrCl 15-30 ml/min) mentre se queste condizioni non sussistono il dosaggio deve essere di 5 mg bid; per edoxaban la riduzione da 60 mg a 30 mg è necessaria solo in caso di basso peso (<60 kg), associazione con farmaci forti inibitori della glicoproteina-P e in caso di insufficienza renale moderata (CrCl 30-50 ml/min). Per quanto riguarda la modalità di somministrazione, i diversi profili dei NAO attualmente disponibili ci permettono di poter scegliere tra mono e doppia somministrazione giornaliera in base alle caratteristiche e alle preferenze del paziente. L’aderenza alla terapia anticoagulante infatti è cruciale. Tra i farmaci in monosomministrazione va ricordata la necessità di assunzione di rivaroxaban con adeguata quantità di cibo per favorirne la biodisponibilità, mentre per edoxaban questo non è necessario.
Uno dei grandi limiti dei “vecchi” antagonisti della vitamina K sono le numerose interazioni farmacologiche. Recentemente la guida pratica EHRA (4) ha aggiornato le interazioni farmacologiche dei NAO di cui dobbiamo tenere conto nella scelta della molecola da utilizzare: dabigatran e rivaroxaban non possono essere utilizzati in associazione al dronedarone. Solo edoxaban può essere utilizzato (con cautela) in concomitanza con rifampicina ed è prevista la possibilità di utilizzo, riducendo il dosaggio, con ketoconazolo, itraconazolo e voriconazolo. Apixaban ed edoxaban possono essere utilizzati con cautela in associazione a carbamazepina, fenobarbital e fenitoina (mentre nessun NAO può essere utilizzato con levetiracetam e acido valproico).
Tenendo conto delle indicazioni, dunque, i farmaci anticoagulanti orali attualmente disponibili ci consentono una buona personalizzazione della terapia, adeguandola alle caratteristiche cliniche e al profilo di rischio del paziente con l’obiettivo di minimizzare gli eventi tromboembolici ed emorragici.
Silvia Zagnoni
U.O. Cardiologia
Ospedale Maggiore di Bologna
Bibliografia
1. Di Pasquale G, Mathieu G, Maggioni AP, et al.; ATA-AF Investigators. Current presentation and management of 7148 patients with atrial fibrillation in cardiology and internal medicine hospital centers: the ATA-AF study. Int J Cardiol 2013;167:2895-903.
2. Lip GY, Laroche C, Dan GA, et al. A prospective survey in European Society of Cardiology member countries of atrial fibrillation management: baseline results of EurObservational Research Programme Atrial Fibrillation (EORP-AF) Pilot General Registry. Europace 2014;16:308-19.
3. Steinberg BA, Shrader P, Thomas L, et al.; ORBIT-AF Investigators and Patients. Off-label dosing of non-vitamin K antagonist oral anticoagulants and adverse outcomes: the ORBIT-AF II Registry. J Am Coll Cardiol 2016;68:2597-604.
4. Steffel J, Verhamme P, Potpara TS, et al. The 2018 European Heart Rhythm Association Practical Guide on the use of non-vitamin K antagonist oral anticoagulants in patients with atrial fibrillation. Eur Heart J 2018;39:1330-93.