
L’intolleranza alle statine, tra i farmaci più prescritti a livello globale, costituisce un’importante sfida clinica con implicazioni sul rischio di eventi cardiovascolari. È quindi fondamentale avere una stima precisa della prevalenza di questo fenomeno al fine di individuare e implementare interventi utili a ridurre la non-aderenza al trattamento e le sospensioni non necessarie (1). Era proprio questo l’obiettivo di una metanalisi pubblicata recentemente sull’European Heart Journal, da cui è emerso che la prevalenza totale dell’intolleranza alle statine potrebbe essere inferiore a quanto precedentemente stimato (2).
Sono stati inclusi nella metanalisi 176 studi (112 trial clinici randomizzati e 64 studi di coorte) per un totale di 4.134.517 pazienti. La prevalenza dell’intolleranza alle statine, endpoint primario della ricerca, è stata definita secondo i criteri diagnostici forniti dalla National Lipid Association (NLA), l’International Lipid Expert Panel (ILEP) e l’European Atherosclerosis Society (EAS). L’endpoint secondario, invece, era costituito dall’identificazione dei fattori di rischio per l’intolleranza alle statine.
I risultati hanno messo in evidenza una prevalenza totale pari al 9,1% (IC 95%; 8,0% – 10,0%) a livello mondiale. Tale prevalenza è risultata anche inferiore utilizzando i criteri diagnostici internazionali – 7,0% secondo la definizione NLA, 6,7% secondo la definizione ILEP, 5,9% secondo la definizione EAS) – e minore nei trial clinici randomizzati rispetto agli studi di coorte (4,9% vs. 17%).
I fattori associati a un maggiore rischio di intolleranza alle statine sono risultati essere l’età (p=0.04), il sesso femminile (p=0,007), l’etnia asiatica o afroamericana (p<0,05 per entrambe), il diabete mellito (p=0,02), l’ipertiroidismo (p=0,01), l’insufficienza cronica epatica e renale (p<0,05 per entrambe). Per quanto riguarda altri trattamenti e agenti, poi, sono risultati associati a una maggiore prevalenza di intolleranza alle statine il consumo di alcol (9=0,03), l’esercizio fisico (p=0,03) e l’utilizzo di bloccanti del canale del calcio (p=0,03), di farmaci antiaritmici (p=0,03) e una dose aumentata di statine (p=0,01).
“Basandosi su dati relativi a più di 4 milioni di pazienti – scrivono gli autori nelle conclusioni della pubblicazione – abbiamo dimostrato che la prevalenza complessiva dell’intolleranza alle statine è relativamente bassa, specie utilizzando le definizioni riconosciute a livello internazionale. Questi risultati supportano il concetto per cui tale prevalenza è spesso sovrastimata e mettono in evidenza la necessità di una valutazione attenta dei pazienti con intolleranza alle statine, per ridurre il rischio di sospensioni non necessarie e di un controllo subottimale del colesterolo”.
Fabio Ambrosino
Bibliografia
1. Banach M, Stulc T, Dent R, Toth PP. Statin non-adherence and residual cardio-vascular risk: there is need for substantial improvement. Int J Cardiol 2016; 225: 184–196.
2. Bytyçi I, Penson PE, Mikhailidis DP, et al. Prevalence of statin intolerance: a meta-analysis. European Heart Journal (2022) 00, 1–16.