
Un’analisi relativa all’uso degli inibitori di PCSK9 per il trattamento dell’ipercolesterolemia familiare in Italia ha messo in evidenza una riduzione dei livelli di colesterolo LDL paragonabile a quelli riscontrata nei trial clinici. Ciò nonostante, solo una porzione minoritaria dei pazienti riesce a raggiungere i livelli target indicati dall’European Atherosclerosis Society (EAS) e dall’European Society of Cardiology (ESC).
Sono stati pubblicati sul Journal of the American Heart Association i risultati di uno studio di coorte retrospettivo sull’uso degli inibitori di PCSK9 nel nostro Paese, realizzato a partire dai dati del Registro di monitoraggio dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) (1).
L’ipercolesterolemia familiare è il disturbo genetico del metabolismo lipidico più comune ed è caratterizzato da elevate concentrazioni plasmatiche di colesterolo LDL-C e da un rischio marcatamente aumentato di patologie cardiovascolari aterosclerotiche (ASCVD).
La maggior parte dei pazienti (1 su 250-300 nella popolazione generale) sono eterozigoti, con solo un allele mutato. I pazienti portatori di due alleli mutati, molto meno frequenti nella popolazione generale (stima di prevalenza di 1:160000 a 1:3600001), sono invece classificati come omozigoti e presentano livelli di colesterolo LDL più elevati e un rischio maggiore di ASCVD.
Lo studio pubblicato sul JAHA ha preso in considerazione rispettivamente 2.484 pazienti affetti da ipercolesterolemia familiare eterozigote (HeFH) e 62 da ipercolesterolemia familiare omozigote (HoFH), trattati dal febbraio 2017 al dicembre 2021 in Italia con alirocumab e evolocumab.
I dati hanno messo in evidenza una riduzione percentuale dei livelli di LDL-C a 24 mesi pari al 58,6% nei pazienti HeFH e del 57,6% nei pazienti HoFH, in linea con quella osservata negli studi sperimentali che hanno indagato efficacia e sicurezza degli inibitori di PCSK9 in queste popolazioni.
I livelli target indicati nelle linee guida EAS/ESC (coleterolo LDL <55 mg/dL per i pazienti con ASCVD e <70 mg/dL per quelli senza ASCVD) sono stati raggiunti dal 43,3% dei pazienti HeFH e dal 37,5% dei pazienti con HoFH.
Una porzione rilevante delle persone affette da ipercolesterolemia familiare, quindi, non raggiunge i livelli target di colesterolo LDL nonostante la terapia con inibitori di PCSK9. “Ciò è almeno in parte dovuto ai livelli elevati di colesterolo LDL richiesti per l’ammissibilità alla terapia con PCSK9i”, scrivono gli autori dello studio.
“Abbiamo dimostrato che il pieno raggiungimento dei livelli target di colesterolo LDL dell’European Atherosclerosis Society/European Society of Cardiology dovrebbe richiedere una soglia inferiore per l’inizio della terapia con inibitori di PCSK9 ed, eventualmente, il ricorso a combinazioni di diverse terapie per abbassare i lipidi”.
Bibliografia
1.Arca M, Celant S, Olimpieri PP, et al. Real‐World Effectiveness of PCSK9 Inhibitors in Reducing LDL‐C in Patients With Familial Hypercholesterolemia in Italy: A Retrospective Cohort Study Based on the AIFA Monitoring Registries. Journal of the American Heart Association 2023; 0:e026550.