
Il vaccino antinfluenzale potrebbe ridurre il rischio di eventi cardiovascolari nei pazienti ad alto rischio. È questa la conclusione di un ampio studio retrospettivo di coorte – i cui risultati sono stati presentati nel corso delle American Heart Association (AHA) Basic Cardiovascular Sciences (BCVS) 2020 Scientific Sessions – che ha indagato la relazione tra copertura vaccinale e incidenza di attacchi ischemici transitori (TIA), infarti miocardici e mortalità per tutte le cause negli Stati Uniti. I risultati sono particolarmente interessanti anche per quanto riguarda il contesto italiano alla luce della scelta di alcune regioni italiane di rendere obbligatorio il vaccino per l’influenza in alcune categorie di pazienti, con l’obiettivo di ridurre i fattori confondenti per la COVID-19.
I ricercatori hanno preso in considerazione il 2014 National Inpatient Sample, il più ampio database di ospedali americani, andando a valutare la copertura vaccinale nelle categorie di pazienti indicate come “ad alto rischio” dai Centers for Disease Control and Prevention: quelli con un età superiore ai 50 anni, quelli con patologie croniche, quelli con un’infezione da HIV, i nativi americani e gli obesi. In particolare, sono stati analizzati i dati dei pazienti sottoposti al vaccino durante un ricovero mentre quelli già vaccinati in precedenza sono stati estromessi dall’analisi. In totale sono stati inclusi nello studio 7.056.314 soggetti ad alto rischio, di cui solo 168.325 è risultato vaccinato per l’influenza.
I dati hanno infatti messo in evidenza come l’utilizzo del vaccino sia particolarmente basso in queste categorie di pazienti ad alto rischio. In particolare, tra i soggetti con più di 50 anni la copertura è risultata dell’1,8% rispetto al 15,3% della popolazione generale. Tra i pazienti positivi all’HIV, invece, è risultata dell’2,2% rispetto a all’8,2% dei soggetti non positivi. Infine, per quanto riguarda i residenti in case di cura la copertura è risultata dell1,8% rispetto al 9,5% di chi vive ancora in modo indipendente mentre tra i soggetti con obesità del 2,4% rispetto al 9% di quelli con un peso nella norma.
Questi risultati sono particolarmente significativi alla luce della relazione emersa tra vaccino antinfluenzale e incidenza di eventi cardiovascolari. Ad esempio, i soggetti con più di 50 anni vaccinati sono risultati associati a un rischio del 28% inferiore di infarto miocardico, del 47% di TIA e del 73% di mortalità per tutte le cause. Anche tra i pazienti positivi all’HIV, poi, è emersa una correlazione tra vaccino ed eventi con un riduzione del 24% del rischio di infarto miocardico, del 23% di TIA e del 78% di mortalità per tutte le cause. Risultati simili, infine, sono emersi anche per quanto riguarda i soggetti residenti in una casa di cura (riduzione del 24% del rischio di infarto miocardico e del 56% di TIA) e quelli obesi (riduzione del 41% del rischio di infarto miocardico, del 55% di TIA e del 76% di mortalità per tutte le cause).
“Questi gruppi ad alto rischio dovrebbero avere le coperture vaccinali più elevate perché sono quelli con maggiori probabilità di andare incontro a complicazioni – ha spiegato Roshni A. Mandania, ricercatrice del Texas Tech University Health Sciences Center, tra gli autori della ricerca – ma i nostri risultati indicano l’opposto: il vaccino per l’influenza è sottoutilizzato”. Oltre ai possibili benefici in termini di salute cardiovascolare, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità il vaccino per l’influenza stagionale potrebbe svolgere un ruolo molto importante anche per quanto riguarda la pandemia di COVID-19, andando a ridurre la probabilità di sovrapposizioni cliniche tra le due patologie. Proprio con questo obiettivo, ad esempio, la Regione Lazio ha deciso di rendere obbligatorio, a partire dal 15 settembre 2020, il vaccino antinfluenzale per tutti i cittadini over 65 anni e tutto il personale sanitario.
Fabio Ambrosino
Bibliografia