
La vareniclina, un farmaco sviluppato per combattere la dipendenza dal fumo i cui effetti positivi erano stati documentati nel contesto della malattia coronarica stabile, è stata valutata adesso, per la prima volta, in pazienti ricoverati per sindrome coronarica acuta (SCA) arruolati nello studio EVITA, presentato da Mark Eisenberg del Jewis General Hospital/McGill University di Montreal e pubblicato su Circulation.
Un totale di 302 pazienti, fumatori di ≥10 sigarette/die ospedalizzati per SCA in 40 centri distribuiti fra Stati Uniti e Canada, sono stati randomizzati a ricevere vareniclina o placebo per 12 settimane congiuntamente a counseling intensivo della durata media complessiva di 46 minuti. Il ricovero era stato determinato da infarto miocardico con sopraslivellamento del tratto ST (STEMI) nel 56% dei casi, non-STEMI nel 38% e angina instabile nel 6%; il 98% dei pazienti è stato sottoposto a cateterismo cardiaco, l’84% a intervento coronarico percutaneo e il 6% a bypass aortocoronarico. La vareniclina veniva assunta in monosomministrazione giornaliera di 0.5 mg per 3 giorni, seguita da 0.5 mg bid per 4 giorni e da 1.0 mg bid per il restante periodo fino a 12 settimane di trattamento. Il tasso di astensione dal fumo è stato valutato a 24 settimane sulla base della cessazione autoriferita nei precedenti 7 giorni di follow-up e della misurazione del monossido di carbonio espirato (una concentrazione >10 ppm individua un fumatore abituale). L’incidenza di eventi avversi a 30 giorni dall’interruzione del trattamento con vareniclina non ha mostrato differenze significative fra i due gruppi; effetti collaterali, quali insonnia e nausea, si sono verificati comunemente in entrambi i gruppi, fatta eccezione per una maggiore frequenza di “sogni strani” nei pazienti del gruppo vareniclina (15.2% vs 4.6%; p<0.01). L’interruzione del trattamento si è verificata in pari misura (11.3% vs 12.8%). A 24 settimane, rispetto al gruppo di controllo, un numero significativamente superiore di pazienti fumatori che avevano assunto vareniclina durante il ricovero si erano astenuti dal riprendere a fumare (47.3% vs 32.5%) o avevano dimezzato il numero di sigarette/die (67.4% vs 55.6%).
La vareniclina riduce i sintomi da astinenza ma non ha un effetto immediato, pertanto, la sua associazione con sostituti nicotinici può avere un’azione altamente efficace quando somministrata già in fase ospedaliera. Oltre due terzi dei pazienti ricoverati per SCA riprendono a fumare dopo la dimissione e, pertanto, la possibilità di istituire una terapia efficace di disassuefazione dal fumo durante il ricovero ospedaliero costituisce una preziosa opzione, tenuto conto che precedenti studi condotti nello stesso contesto con l’utilizzo del bupropione non avevano riportato alcun effetto positivo.
Nel corso dello studio si sono verificati due decessi: un paziente con cardiomiopatia ipertrofica e frazione di eiezione del 20% che ha sviluppato scompenso cardiaco, non candidabile a trapianto cardiaco o ad assistenza meccanica al circolo e un paziente con infarto miocardico e leucemia cronica, deceduto a casa nel sonno. Sebbene non possano essere esclusi effetti dovuti al trattamento con vareniclina in quanto lo studio non era dotato di sufficiente potere statistico per valutarne la sicurezza, trattandosi di una popolazione di pazienti ad alto rischio non vi sono motivi sufficienti per ritenere che i due eventi fatali possano essere in qualche modo correlati agli effetti della vareniclina. Ciononostante, studi futuri dovranno essere rivolti a definire chiaramente la sicurezza di tale trattamento nei pazienti con SCA.