Uno studio di coorte nazionale propensity weighted condotto in Danimarca e volto a determinare efficacia e sicurezza dei di apixaban 2.5 mg, dabigatran 110 mg e rivaroxaban 15 mg rispetto a warfarin in pazienti “real world” con fibrillazione atriale naïve al trattamento anticoagulante ha concluso che i pazienti trattati con apixaban 2,5 presentavano un trend di aumento dell’incidenza di ictus ischemico/embolia sistemica rispetto ai pazienti trattati con warfarin. Di contro, dabigatran 110 mg e rivaroxaban 15 mg hanno entrambi mostrato un trend di riduzione degli eventi tromboembolici rispetto al warfarin. I risultati non erano statisticamente significativi. La percentuale di sanguinamenti non differiva in modo significativo tra apixaban e rivaroxaban rispetto a warfarin, ma è risultata statisticamente inferiore con dabigatran.
Sono stati presi in esame tre database (Danish National Prescription Registry, Danish National Patient Register e Danish National Civil Registration System) con dati su 55.644 pazienti affetti da fibrillazione atriale e naïve all’anticoagulazione che iniziavano il trattamento con warfarin o con Nuovo Anticoagulante Orale (NAO) a basso dosaggio: il 69,9% era trattato con warfarin, il 15,9% con dabigatran, il 7,9% con apixaban e il 6,3% con rivaroxaban. L’età media dei pazienti era diversa per i vari farmaci: 83,9 anni per apixaban, 79,9 per dabigatran, 77,9 per rivaroxaban e 71 per warfarin. I pazienti trattati con apixaban avevano più comorbilità e il rischio trombotico più elevato stimato con il CHA2DS2-VASc score (4.3), seguiti dai pazienti trattati con rivaroxaban (3.8) e da quelli trattati con dabigatran (3.6) e warfarin (3.0).
Nel primo anno di osservazione 1779 pazienti hanno avuto un ictus ischemico. L’incidenza era più alta nel gruppo trattato con apixaban (4,8%) e più bassa con dabigatran (3,3%), ma simile a rivaroxaban (3,5%) rispetto al warfarin (3,7%). Apixaban si associava ad un trend, seppur non significativo, di aumento degli eventi ischemici rispetto al warfarin sia ad un anno di follow-up [hazard ratio (HR) 1,19, (95% IC 0,95 – 1,49)] che dopo 2,5 anni di follow-up [HR 1,22 (95% IC 1,0 – 1,5)]. Rivaroxaban mostrava un trend verso una riduzione di eventi ischemici dopo un anno di follow-up [HR 0,89 (95% IC 0,69 – 1,16)], e dopo 2,5 anni di follow-up [HR 0,92 (95% IC 0,73 – 1,15)]. Dabigatran mostrava una tendenza verso una riduzione dopo un anno [HR 0,89; 95% IC 0,77 – 1,03), e un tasso simile a quello di warfarin dopo i 2,5 anni [HR 1,03; 95% IC 0,92 – 1,16)].
I tassi di mortalità si sono rivelati nettamente diversi tra warfarin e NAO a basso dosaggio: 8,6% per warfarin vs. 12,2 per dabigatran, 21,2% per rivaroxaban e 25,4% per apixaban. Dopo gli aggiustamenti statistici “ponderati” per le coorti, questa differenza si attenuava, ma rimanevano comunque tassi elevati per i NAO: HR 1,48 (95% IC 1,31 – 1,67) per apixaban, HR 1,04 (95% IC 0,96 – 1,16) per dabigatran e HR 1,52 (95% IC 1,36 – 1,70) per rivaroxaban.
David Frati
▼ Brønnum Nielsen P, Skjøth F, Søgaard M, et al. Effectiveness and safety of reduced dose non-vitamin K antagonist oral anticoagulants and warfarin in patients with atrial fibrillation: propensity weighted nationwide cohort study. BMJ 2016;353:i3189 doi: 10.1136/bmj.j510.