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Come riconoscere e trattare la trombosi ventricolare sinistra post-infarto miocardico acuto

A cura di Giada Savini By 29 Marzo 2023No Comments
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Trombosi ventricolare sinistra

Nonostante l’incidenza della trombosi ventricolare sinistra dopo infarto miocardico acuto sia notevolmente diminuita negli ultimi anni – grazie alla rivascolarizzazione farmacologica e meccanica e ai progressi della terapia antitrombotica – questa rimane una delle più temibili complicanze dell’infarto, in particolare in relazione all’occorrenza di ictus ed embolia sistemica.

In queste circostante la scelta della modalità di imaging e la relativa tempistica di esecuzione sono fondamentali poiché influiscono sulla probabilità di rilevamento della trombosi, nonché sul significato clinico relato. È quanto mostra una recente rassegna pubblicata sul Giornale Italiano di Cardiologia in cui gli autori hanno analizzato la più recente letteratura relativa all’epidemiologia, fisiopatologia, diagnosi e terapia anticoagulante orale della trombosi ventricolare sinistra post infarto, fornendo un approccio pratico per riconoscere e trattare questa condizione (1).

In particolare, gli autori si concentrano sulla terapia anticoagulante orale da attuare in questi casi e sulle prospettive di utilizzo degli anticoagulanti orali diretti (DOAC) in alternativa agli antagonisti della vitamina K (AVK).

Francesca Giordana e colleghi, dopo aver fatto un excursus dell’evoluzione dell’epidemiologia della trombosi ventricolare sinistra, focalizzano l’attenzione sulle principali metodiche diagnostiche, quali l’ecocardiografia transtoracica con o senza mezzo di contrasto e la risonanza magnetica cardiaca, sebbene anche l’angio-tomografia computerizzata sia in grado di dare informazioni utili, data l’elevata risoluzione spaziale, l’eccellente definizione della morfologia cardiaca, l’ampia disponibilità e il costo ridotto.

L’ecocardiografia transtoracica è la metodica più diffusa, oltre che per l’ampia disponibilità e accessibilità, anche per l’utilità nella valutazione della funzione ventricolare sinistra e delle anomalie strutturali. Ha una specificità per la trombosi ventricolare sinistra nella fase acuta dell’infarto compresa tra il 95% e il 98%, ma con una sensibilità relativamente bassa (21-35%). La somministrazione di un mezzo di contrasto le migliora entrambe (specificità 99%, sensibilità 64%) poiché aumenta la definizione del bordo endocardico, in particolare nei pazienti con infarto miocardico acuto anteriore.

La risonanza magnetica cardiaca costituisce invece il “gold standard” per la diagnosi e la valutazione della trombosi ventricolare sinistra, anche se il suo impiego è limitato dal costo elevato, dalla disponibilità della stessa e da alcune controindicazioni. Ha una sensibilità pari all’82-88% e una specificità che si avvicina al 100% rispetto alla conferma anatomo-patologica. “Oltre alle capacità diagnostiche – aggiungono gli autori – la risonanza ha un ruolo anche nell’identificazione dei fattori di rischio strutturali per la formazione delle trombosi, in particolare l’estensione della cicatrice miocardica”.

Una delle questioni ancora aperte è il timing delle indagini diagnostiche. Nella rassegna vengono riportati i criteri che possono portare a ripetere le indagini diagnostiche pre-dimissione o a distanza di alcune settimane nei pazienti in cui non viene riscontrata una trombosi all’ingresso.

Altro aspetto controverso è rappresentato dall’approccio terapeutico. Gli autori, infatti, sottolineano che i dati disponibili a supporto dell’eventuale impiego dei DOAC non sono sufficienti, così come non vi sono chiare evidenze di un beneficio di una terapia anticoagulante a lungo termine (oltre i 6 mesi). La terapia da intraprendere, una volta diagnosticata la trombosi ventricolare sinistra, è quella anticoagulante orale con AVK, come raccomandato dalle linee guida sullo STEMI dell’European Society of Cardiology e dell’American College of Cardiology/American Heart Association. Questi farmaci hanno dimostrato non solo di prevenire le complicanze emboliche, ma anche di rappresentare un significativo “fattore di rischio” in caso di “international normalized ratio” non a target.

Mentre nel paziente con infarto miocardico acuto e fibrillazione atriale è ormai consolidato l’utilizzo di DOAC associati a singolo antiaggregante dopo un breve periodo di triplice terapia antitrombotica, tale strategia non è ad oggi validata per i pazienti con trombosi ventricolare sinistra. Infatti “i dati sull’utilizzo dei DOAC in tale contesto derivano principalmente da studi osservazionali retrospettivi e da studi randomizzati di dimensioni ridotte”. Sebbene non vi siano robuste evidenze per l’utilizzo dei DOAC nell’ambito di questa condizione, in realtà,“grazie alla loro maneggevolezza rispetto agli AVK e al loro profilo di sicurezza/efficacia in pazienti con fibrillazione atriale, essi sono stati impiegati più spesso di quanto si creda nella pratica clinica” scrivono gli autori.

Il ruolo dei DOAC rimane da definire, mentre quello dei farmaci AVK è il cardine della terapia anticoagulante, fino a quando studi randomizzati su larga scala non dimostreranno almeno la non inferiorità dei DOAC per la prevenzione di eventi tromboembolici. In attesa di ulteriori dati gli autori concludono che lo screening, la sorveglianza e la terapia andrebbero “personalizzati” sul singolo paziente, in base al rischio di eventi ischemici ed emorragici. “Strategie sempre più efficaci di prevenzione della trombosi ventricolare sinistra post infarto si potranno implementare attenuando il danno miocardico, prevenendo il rimodellamento del ventricolo sinistro e riducendo i processi infiammatori peri-infartuali”.

Bibliografia

1. Giordana F, Bugani G, Camilli M, et al. Il paziente con trombosi ventricolare sinistra dopo infarto miocardico acuto: tra evidenze disponibili, incertezze e prospettive future. G Ital Cardiol 2023;24:196-205.