
Sono stati pubblicati qualche settimana fa sul New England Journal of Medicine i risultati dell’Apple Heart Study, ricerca nata da una partnership tra Apple e la Stanford School of Medicine che ha indagato la capacità dell’Apple Watch di individuare i soggetti affetti da fibrillazione atriale (1). Uno studio, questo, che ha creato molto scalpore all’interno della comunità scientifica, anche a causa dell’eccezionale numero di partecipanti reclutati in tempi record (419.297 in 8 mesi) e dell’innovativo protocollo sperimentale. I commenti degli specialisti sulla ricerca, tuttavia, non sono stati tutti positivi.
Al centro dello studio c’era appunto l’Apple Watch, prodotto di punta della multinazionale di Cupertino per quanto riguarda i cosiddetti “wearable”, i dispositivi indossabili. Infatti, se fino a qualche anno fa queste nuove tecnologie erano utilizzate principalmente per attività di fitness o come semplici notificatori, ora la loro capacità di acquisizione ed elaborazione dei dati li pone come strumenti potenzialmente utili anche in ambito medico. Ciò è particolarmente significativo in un momento in cui il mercato che riguarda queste tecnologie è in forte crescita: in Italia, ad esempio, il secondo trimestre del 2019 ha segnato un impressionante +28,8%, con 34,2 milioni di pezzi venduti (2).
Nello specifico, il protocollo utilizzato per l’Apple Heart Study prevedeva quattro fasi distinte: l’invio di una notifica d’avviso in caso di rilevamento di una frequenza cardiaca irregolare; una visita telemedica da effettuare direttamente tramite l’app; un follow up di 7 giorni eseguito con un sistema Holter ECG indossabile ricevuto per posta; un’ulteriore visita telemedica. Delle 2161 persone che hanno ricevuto una notifica, tuttavia, sono stati restituiti solo 450 ECG leggibili, un campione le cui dimensioni non hanno permesso, secondo le considerazioni degli autori, di raggiungere la significatività statistica. Episodi di fibrillazione atriale sono stati riscontrati in 153 di questi tracciati. Di questi, il 35% dei soggetti con tracciato positivo aveva un’età uguale o maggiore ai 65 anni mentre il 18% aveva un’età inferiore ai 40 anni.
“I risultati sono promettenti – ha commentato Stefano Bianchi, direttore UTIC e responsabile UOS di Aritmologia ed Elettrostimolazione Cardiaca all’Ospedale Fatebenefratelli San Giovanni Calibita, intervistato in occasione dell’ultimo Congresso PLACE – e rappresentano la direzione che bisogna intraprendere in futuro per quanto riguarda l’utilizzo di internet e dei device che permettono la registrazione di eventi senza utilizzare strumenti che diano lunghe registrazioni, come gli Holter che usiamo in questo momento”.
In un editoriale pubblicato sempre dal NEJM (3), Edward W. Campion – online editor della rivista – e John A. Jarcho – cardiologo del Brigham and Women’s Hospital di Boston – hanno però messo in evidenza alcune problematiche dello studio. In primo luogo, il 52% dei partecipanti aveva un’età inferiore ai 40 anni mentre solo il 6% apparteneva alla fascia di età, quella superiore ai 65 anni, in cui il rischio di fibrillazione atriale e di ictus è più elevato. Secondo i due autori, infatti, le caratteristiche del campione non sono state dettate solo da criteri clinici ma anche, e forse soprattutto, dalla necessità di coinvolgere persone in possesso di un Apple Watch e un iPhone. Inoltre, nonostante la notevole capacità di reclutamento iniziale, meno di un quarto delle persone che hanno ricevuto la notifica di alterata frequenza cardiaca ha poi restituito l’ECG. Un dato, questo, legato probabilmente alla natura completamente telematica dello studio, la quale potrebbe aver prodotto un generale scetticismo dei pazienti. Inoltre, anche sapere che a finanziare la ricerca era un colosso come la Apple potrebbe aver sollevato preoccupazioni circa la privacy dei partecipanti.
Altri hanno poi espresso uno scetticismo anche maggiore. Tra questi il giornalista e autore del blog CardioBrief Larry Husten, molto critico riguardo allo studio e, in generale, all’entusiasmo che si associa spesso all’adozione di tecnologie innovative in campo medico: “Ci sono sempre conseguenze inaspettate relative all’utilizzo di queste nuove tecnologie, le quali potrebbero provocare lo scatenarsi di forze distopiche”. La sua principale preoccupazione è rivolta alla composizione del gruppo di studio: più della metà dei partecipanti ha un’età inferiore ai 40 anni, una percentuale piuttosto anomala per un gruppo di ricerca sulla fibrillazione atriale. Il rischio, quindi, è che si finisca per medicalizzare una fascia della popolazione in cui la presenza di questa patologia è marginale. “Nel mondo reale ci sono molte persone a rischio di fibrillazione atriale […] e molti di loro sono scarsamente seguiti dal sistema sanitario, ma sicuramente i quarantenni in possesso di smart watch non sono tra questi” (4).
Vasilica Manole
▼1. Perez MV, Mahaffey KW, Hedlin H, et al. Large-scale assessment of a smartwatch to identify atrial fibrillation. New England Journal of Medicine 2019; doi: 10.1056/NEJMoa1901183.
2. Dini A. Wearable in volata, partita a 5 per conquistare il mercato. Corriere delle comunicazioni, Settembre 2019.
3. Campion EW, Jarcho JA. Watched by Apple. New England Journal of Medicine 2019; doi: 10.1056/NEJMe1913980.
4. Husten L. What can we learn From the Apple heart study? Cardiobrief 2019.