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Guida Pratica EHRA 2018 sui DOAC: come, quando e per chi?

By 22 Maggio 2018Marzo 28th, 2022No Comments
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La European Heart Rhythm Association (EHRA) ha rilasciato il secondo aggiornamento della sua Guida Pratica all’utilizzo dei farmaci anticoagulanti orali diretti (DOAC). Questo documento rappresenta una guida pratica aggiornata ed esaustiva sul corretto utilizzo dei DOAC e su come scegliere il DOAC più adatto per il nostro paziente. Il documento copre 20 punti, considerati chiave nelle decisioni che il clinico deve affrontare al momento della prescrizione di uno di questi farmaci.

Il più importante aggiornamento riguarda il capitolo delle interazioni dei farmaci con i DOAC. La sezione è stata espansa includendo non solo i farmaci comunemente usati nei pazienti con fibrillazione atriale, ma creando anche delle tabelle ad-hoc per evidenziare le possibili interazioni con i farmaci oncologici, immunosoppressori e antiepilettici. Emergono differenze tra i diversi DOAC: dabigatran e rivaroxaban non devono essere usati in associazione a dronedarone, mentre apixaban ed edoxaban si possono utilizzare; solo edoxaban può essere somministrato (seppur con cautela) con la rifampicina; solo edoxaban può essere utilizzato con ketoconazolo, itraconazolo e voriconazolo, con opportuna riduzione del dosaggio; nessun DOAC può essere usato assieme ai farmaci antiretrovirali inibitori delle proteasi. Tra i farmaci antiepilettici, levetiracetam e acido valproico non possono essere usati con i DOAC, mentre è consentito l’utilizzo di apixaban ed edoxaban (ma non dabigatran e rivaroxaban) con carbamazepina, fenobarbital e fenitoina. Nessun DOAC può essere usato con vinblastina e doxorubicina, e off-limit tra gli inibitori della tirosina chinasi sono imatinib, crizotinib, sunitinib e vandetanib.

Molto istruttiva inoltre è la figura dedicata al comportamento da tenere quando il paziente trattato con un DOAC deve sottoporsi ad un intervento elettivo, quando e come devono essere assunti i DOAC prima e dopo l’intervento, stratificando gli interventi a seconda del loro livello di rischio di sanguinamento. Negli interventi a minore rischio emorragico non occorre sospendere i DOAC. In quelli a basso rischio, apixaban, edoxaban e rivaroxaban non devono essere assunti nelle precedenti 24 ore (36 ore se la clearance della creatinina è compresa tra 15 e 29 mL/min); dabigatran deve essere sospeso almeno 24 ore prima dell’intervento se la clearance della creatinina è > 80mL/min, 36 ore prima se compresa tra 79 e 50 mL/min, 48 ore prima se compresa tra 49 e 30 mL/min; sotto i 30 mL/min non è indicato. I pazienti che devono sottoporsi ad intervento ad alto rischio di sanguinamento, non devono assumere apixaban, edoxaban e rivaroxaban nei due giorni prima dell’intervento e potranno riprendere la terapia dopo 48-72 ore dall’intervento (dabigatran deve essere sospeso 48-72 e 96 ore prima se la clearance della creatinina è rispettivamente >80 mL/min, compresa tra 79 e 50 mL/min e compresa tra 49 e 30 mL/min). In nessun caso comunque è indicata una terapia “bridge” con eparina a basso peso molecolare.

Un altro capitolo che è stato notevolmente ampliato è quello che riguarda i pazienti con fibrillazione atriale e cardiopatia ischemica, considerando sia i risultati del PIONEER AF-PCI (Open-Label, Randomized, Controlled, Multicenter Study Exploring Two Treatment Strategies of Rivaroxaban and a Dose-Adjusted Oral Vitamin K Antagonist Treatment Strategy in Subjects with Atrial Fibrillation who Undergo Percutaneous Coronary Intervention) che quelli del RE-DUAL PCI (Randomized Evaluation of Dual Antithrombotic Therapy with Dabigatran versus Triple Therapy with Warfarin in Patients with Nonvalvular Atrial Fibrillation Undergoing Percutaneous Coronary Intervention), che hanno dimostrato una significativa riduzione dei sanguinamenti maggiori e non maggiori ma clinicamente rilevanti con la strategia di DOAC + un antiaggregante rispetto alla triplice terapia classica (warfarin + due antiaggreganti). Sulla base di questi studi (e nell’attesa dei risultati degli studi AUGUSTUS (apixaban) e ENTRUST AF-PCI (edoxaban), nello schema di trattamento di questi pazienti è stata introdotta la possibilità di sospendere la triplice terapia al momento della dimissione dei pazienti.

Per quanto riguarda il capitolo dedicato alla cardioversione elettrica sono stati considerati i risultati degli studi X-VeRT (con rivaroxaban), ENSURE-AF (con edoxaban) ed EMANATE (con apixaban) che hanno confermato il basso rischio di ictus periprocedurale nei pazienti trattati con un DOAC per almeno 3 settimane rispetto al warfarin.

Degno di menzione inoltre il capitolo dedicato ai DOAC in situazioni speciali. È stato dato ampio spazio al problema dei pazienti fragili, a rischio di cadute, dementi. Il documento non esclude, anzi in qualche modo incoraggia l’uso dei DOAC in questi pazienti, prendendo spunto dalle sottoanalisi degli studi ENGAGE AF-TIMI 48 e ARISTOTLE. La prima era predefinita, la seconda no. In entrambi i casi comunque non è stata dimostrata una interazione tra l’efficacia dei DOAC e la presenza di fragilità, tuttavia visto il profilo di rischio aumentato dei pazienti fragili, i DOAC hanno dimostrato una maggiore riduzione relativa degli eventi rispetto al warfarin e, di conseguenza, un NNT (number needed to treat) minore.

Il documento inoltre dedica per la prima volta un sottocapitolo ai pazienti oncologici, introducendo i risultati dello studio Hokusai-VTE Cancer che ha confrontato edoxaban con l’eparina a basso peso molecolare in pazienti con malattia oncologica e tromboembolismo venoso (rappresentato sia da trombosi venosi profonda che da embolia polmonare) cancro-correlato, dimostrando la non inferiorità di edoxaban rispetto allo standard terapeutico rappresentato dall’eparina a basso peso molecolare. I dati sull’utilizzo dei DOAC per la comparsa di fibrillazione atriale nei pazienti oncologici sono meno solidi al momento, per cui il consiglio è quello di affrontare questi pazienti con un approccio multidisciplinare.

Un’altra novità è il sottocapitolo dedicato ai pazienti con malattia epatica cronica. La classificazione di questi malati secondo Child-Turcotte-Pugh aiuta nella scelta: nei pazienti in classe C tutti i DOAC sono controindicati, in quelli in classe B solo rivaroxaban è controindicato, mentre dabigatran, apixaban ed edoxaban si possono usare con cautela. Nessun problema invece in quelli in classe A.

Claudio Fresco
S.O.C. Cardiologia
Dipartimento di Scienze Cardiotoraciche
Azienda Universitaria Sanitaria Integrata di Udine

▼ Steffel J, Verhamme P, Potpara TS, Albaladejo P, Antz M, Desteghe L, et al. The 2018 European Heart Rhythm Association Practical Guide on the use of non-vitamin K antagonist oral anticoagulants in patients with atrial fibrillation. European Heart Journal 2018;39:1330-93.