
Una percentuale significativa di pazienti affetti da fibrillazione atriale interrompe la terapia anticoagulante a base di warfarin entro un anno. È questo ciò che emerge da uno studio realizzato presso il Frankel Cardiovascular Center dell’University of Michigan e pubblicato su JAMA Cardiology, che ha messo in evidenza come la probabilità di sospendere la terapia sia maggiore per i pazienti sottoposti a cardioversione elettrica o ablazione mediante radiofrequenza.
I ricercatori hanno preso in considerazione l’aderenza al trattamento in un campione di 734 individui a cui era stato prescritto il warfarin in seguito all’emergere di una fibrillazione atriale non valvolare nel periodo compreso tra l’agosto del 2011 e dicembre del 2013. Dall’analisi dei risultati è emerso che 270 di questi pazienti (36,8%) avevano interrotto la terapia anticoagulante nel corso del primo anno dall’inizio del trattamento. “Questa ricerca conferma una tendenza di cui eravamo già a conoscenza: i pazienti con fibrillazione atriale che assumono warfarin come prevenzione per l’ictus spesso interrompono la terapia”, sottolinea Geoffrey Barnes, cardiologo dell’University of Michigan Health System, che ha coordinato lo studio. “Tuttavia, i risultati ci dicono anche che ciò accade più spesso tra coloro che hanno affrontato una cardioversione elettrica o un’ablazione con radiofrequenza”.
Infatti, l’interruzione della terapia preventiva a base di warfarin è stata riscontrata nel 54,1% dei pazienti (118 su 218) sottoposti a una di queste due procedure e solo nel 29,5% dei restanti soggetti (154 su 516). Altri fattori predittivi della tendenza a non continuare il trattamento sono risultati essere un basso punteggio alla scala CHA2DS2-VASc per la valutazione del rischio di ictus e un tempo minore nel range terapeutico durante il primo anno. Come fanno notare gli autori dello studio, sebbene le linee guida raccomandino la somministrazione di un farmaco anticoagulante nelle 4-8 settimane successive a una cardioversione elettrica, al momento esistono poche evidenze relative a una terapia continuativa dopo questa procedura. “Ciò è preoccupante in quanto non sappiamo quanto questi interventi siano realmente efficaci nel mantenere un corretto ritmo sinusale e ridurre così il rischio di ictus”, sostiene Barnes.
Lo studio della relazione tra l’aderenza a una terapia anticoagulante a base di warfarin e una precedente cardioversione elettrica o ablazione mediante radiofrequenza è molto importante data la mancanza di consenso riguardante il rischio di ictus in seguito a queste procedure. “La fibrillazione atriale è una malattia cronica”, conclude Barnes, “quindi la prevenzione dell’ictus richiede una terapia cronica. Dobbiamo valutare molto attentamente quanto sia appropriato interrompere la somministrazione di farmaci anticoagulanti, anche in seguito a una cardioversione elettrica o a un’ablazione con radiofrequenza. Inoltre, nel nostro studio abbiamo preso in considerazione solo warfarin ma non sappiamo se la tendenza a interrompere la terapia si verifichi anche tra i pazienti che assumono i nuovi anticoagulanti orali”.
Fabio Ambrosino
▼ Barnes GD, Kaatz S, Lopez A. Discontinuation of warfarin therapy for patients with atrial fibrillation. JAMA Cardiology 2017; doi:10.1001/jamacardio.2016.5041