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Aderenza e prescrizione: le sfide associate ai nuovi anticoagulanti orali per il trattamento della fibrillazione atriale

By 27 Ottobre 2016No Comments
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La fibrillazione atriale (FA) rappresenta un fattore di rischio indipendente per l’ictus ischemico, determinando un rischio 5 volte più elevato rispetto alla popolazione generale. Il 20% di tutti gli eventi ischemici cerebrali sintomatici è causato da FA, percentuale che raggiunge il 25-30% nei pazienti di età >80 anni. Il warfarin si è dimostrato estremamente efficace nel trattamento dei pazienti affetti da FA, associandosi ad una riduzione del rischio di ictus del 60-70% e della mortalità del 26%, ma la sua somministrazione comporta una serie di difficoltà correlate ad una stretta finestra terapeutica, ad una variabilità della risposta alla terapia, a multiple interazioni sia farmacologiche che con concomitanti patologie e alla necessità di monitoraggio continuo dei parametri di coagulabilità con frequenti aggiustamenti posologici.

naoI nuovi anticoagulanti orali (NAO), dimostratisi altrettanto efficaci del warfarin nella prevenzione dell’ictus nei pazienti con FA, si caratterizzano per la semplicità di assunzione, per minori interazioni farmacologiche e, soprattutto, non richiedono il costante monitoraggio dell’INR. Questi vantaggi, tuttavia, non sembrano tradursi in una superiore prescrizione di tali farmaci, né in una maggiore aderenza terapeutica e, quindi, in un miglior outcome nei pazienti con FA.

Fra i 430.000 pazienti con FA inclusi nel registro statunitense NCDR RINNACLE, il 24% non riceveva alcuna forma di terapia antitrombotica, il 50% riceveva i NAO, il 26% aspirina da sola e il 5.5% aspirina in associazione ad una tienopiridina. Sebbene la prescrizione dei NAO avesse subito un incremento in funzione dell’aumento del rischio di ictus, il tasso di prescrizione non ha comunque superato il 50%, persino nei pazienti considerati a più elevato rischio (CHADS2 =3 o CHA2DS2-VASc >4). Da un’analisi retrospettiva condotta dai ricercatori della Mayo Clinic su 64.661 pazienti derivati da un database assicurativo americano, ad un follow-up mediano di 1.1 anni oltre la metà dei pazienti (52.5%) dimostrava un’aderenza subottimale alla terapia (mancata copertura di almeno l’80% nell’anno).

La mancata prescrizione dei NAO e la non aderenza alla terapia anticoagulante restano tuttora una problematica aperta, a prescindere dal farmaco utilizzato. La decisione di non prescrivere i NAO può essere determinata da fattori associati ad un aumentato rischio di complicanze emorragiche, dal sopraggiungere di controindicazioni o dalla necessità di trattamento chirurgico o di sospensione della terapia in seguito ad ablazione transcatetere o cardioversione elettrica. L’aderenza alla terapia anticoagulante assume una particolare rilevanza nei pazienti a più elevato rischio con CHA2DS2-VASc ≥2, laddove i benefici dell’anticoagulazione appaiono meno evidenti in quelli con CHA2DS2-VASc score compreso tra 0 e 1. Una recente meta-analisi ha documentato che circa il 9% di tutti gli eventi cardiovascolari in Europa sono attribuibili alla mancata aderenza al trattamento farmacologico per le patologie cardiovascolari. Nel caso specifico dei NAO, in ragione della loro più breve emivita (<24 ore) rispetto al warfarin, la mancata assunzione anche di una singola dose comporta un aumentato rischio di ictus. Se da un lato, quindi, i NAO non richiedono il monitoraggio sistematico dell’attività anticoagulante, dall’altro è necessario uno stretto follow-up dei pazienti al fine di verificare l’aderenza al trattamento e discutere eventuali difficoltà che impediscono loro di seguire la terapia prescritta.