
Individuate più di 100 regioni geniche associate all’insorgenza di ipertensione. Lo studio, realizzato da un gruppo di ricercatori dell’Imperial College London e della Queen Mary University of London (QMUL), evidenzia la possibilità di trattare tipologie specifiche di ipertensione in modo mirato e di individuare precocemente pazienti ad alto rischio cardiovascolare. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Nature Genetics”.
La ricerca ha preso in considerazione 9,8 milioni di varianti genetiche individuate in un campione di oltre 420.000 soggetti della UK Biobank, un database contenente misurazioni fenotipiche, campioni biologici e relativi ai follow up di più di 500.000 persone. Incrociando i dati genetici con le misurazioni relative ai livelli di pressione arteriosa i ricercatori sono riusciti a individuare 107 nuove regioni geniche associate all’ipertensione, di cui 32 mai emerse in studi precedenti. “L’identificazione di queste 107 regioni ci permette di raddoppiare il numero totale di target potenziali per trattamenti mirati”, sostiene Mark Caulfield, ricercatore della QMUL che ha partecipato allo studio, “e queste potrebbero fornire le basi per nuove terapie preventive e per consigliare precocemente stili di vita adeguati a soggetti potenzialmente a rischio”.
Inoltre, i ricercatori hanno sviluppato una sorta di “punteggio di rischio genetico” dei pazienti, incrociando i dati relativi alla salute dei soggetti inclusi nella UK Biobank con le varianti genetiche associate ai livelli di pressione arteriosa, riuscendo così a predire il rischio di sviluppare una malattia cardiovascolare o di essere vittima di un ictus. Maggiore il punteggio, maggiore il rischio di soffrire di ipertensione all’età di cinquant’anni. In particolare, per ogni 10 mmHg oltre il limite normale di pressione arteriosa, il rischio di soffrire di una patologia associata è risultato aumentato del 50%. Elaborando un tale punteggio in modo precoce si potrebbe quindi ridurre, in un’ottica di medicina personalizzata, il rischio di malattie cardiovascolari. Infatti, sarebbe possibile individuare soggetti potenzialmente a rischio e suggerire loro trattamenti terapeutici o modificazioni dello stile di vita, come una riduzione del consumo di sale e di alcol, una diminuzione del peso corporeo e una maggiore attività fisica. Paul Elliot, co-autore dello studio e professore di Epidemiology and Public Health Medicine all’Imperial School of Public Health, ha così commentato i risultati ottenuti: “In definitiva, i livelli di pressione arteriosa della popolazione del Regno Unito sono in media troppo elevati, motivo per cui incoraggiamo tutti ad adottare uno stile di vita sano, caratterizzato da una dieta appropriata e da un buon livello di attività fisica, poiché così facendo si riduce il rischio di qualsiasi tipo di patologia cardiovascolare. Tuttavia, i nostri risultati potrebbero aiutare i medici a identificare precocemente i pazienti maggiormente a rischio, permettendo così di intervenire in modo preventivo”.
Anche se al momento i test genetici non sono a disposizione di tutti gli utenti, questi potrebbero presto diventare un esame di routine. “Non siamo in grado di modificare il nostro corredo genetico”, conclude Elliot, “ma possiamo modificare il nostro stile di vita, e in futuro potremmo modificarlo sapendo in anticipo se partiamo da una posizione di vantaggio o di svantaggio. I medici potrebbero essere in grado di determinare, per un bambino, il rischio genetico di sviluppare patologie cardiovascolari, il diabete o il cancro, in modo da permettergli di vivere riducendo al minimo il rischio associato alla sua vulnerabilità”.
Fabio Ambrosino
▼ Warren HR, Evangelou E, Cabrera CP, et al. Genome-wide association analysis identifies novel blood pressure loci and offers biological insights into cardiovascular risk. Nature Genetics 2017; doi:10.1038/ng.3768