
È notizia di questa settimana la nomina di Giuseppe Musumeci, direttore della Struttura Complessa di Cardiologia dell’Ospedale Mauriziano di Torino, a coordinatore del tavolo tecnico per le reti di emergenza cardiologica di AGENAS. Formato da cinque cardiologi, un cardiochirurgo, un medico d’urgenza, un igienista e un rappresentante delle professioni sanitarie, il tavolo tecnico avrà un anno di tempo per ottimizzare le reti dell’emergenza cardiologica. Abbiamo fatto qualche domanda al nuovo coordinatore.
Quali sono i principali limiti delle reti per l’emergenza cardiologica in Italia?
Le reti per l’emergenza cardiologica in Italia funzionano bene per quanto riguarda la gestione della fase acuta: la stragrande maggioranza dei pazienti ha accesso alla rivascolarizzazione coronarica in tempi utili e la mortalità durante la fase acuta dell’infarto è in progressiva riduzione. Abbiamo circa 630 pazienti per milione di abitanti trattati con angioplastica primaria, uno dei livelli più alti in Europa e ben superiore al target di 500 indicato dall’European Society of Cardiology. Ciò che funziona meno e che sarà il tema nuovo che affronteremo in questo tavolo, invece, è la fase post-acuta, in cui il tasso di mortalità si aggira intorno al 10% l’anno e continua a restare stabile.
Quali sono gli obiettivi del tavolo tecnico di AGENAS?
Ci siamo dati tre obiettivi nella riunione operativa iniziale. Il primo prevede un ulteriore miglioramento della gestione della fase acuta, identificando degli indicatori che permettano di ottimizzare la procedura di invio del paziente. Il secondo riguarda la gestione dello shock cardiogeno, con l’obiettivo di implementare una rete che faccia giungere questi pazienti nei centri più attrezzati al loro trattamento. Infine il terzo obiettivo, il più innovativo e ambizioso, è quello di creare degli indicatori per la fase post-acuta, al fine di abbattere il rischio residuo.
Come pensate di intervenire per migliorare la gestione della fase post-acuta?
Stiamo ragionando su interventi rivolti soprattutto ai pazienti ad alto rischio, finalizzati alla prescrizione della terapia alla dimissione, alla valutazione dell’aderenza alla terapia e del raggiungimento di determinati target. Un esempio: il colesterolo. Noi sappiamo che il livello di colesterolo LDL deve stare sotto i 55 mg/dL. È quindi necessario individuare un indicatore per la misura di questo valore, perché spesso il paziente viene dimesso con la terapia adeguata, o con l’obiettivo di adeguarla al follow up, ma il colesterolo non viene più controllato e l’implementazione della migliore terapia non si concretizza. Un indicatore che dica chiaramente che dobbiamo conoscere i livelli di colesterolo, ad esempio a sei mesi, ci “costringerebbe” a misurarlo, a registrarlo e a ottimizzare la terapia.
Quale può essere il ruolo della telemedicina?
La telemedicina può avere un ruolo molto importante ed esiste già un ventaglio di proposte. La prima, la più aggressiva, riguarda la cardiologia riabilitativa degenziale, con il paziente che viene trasferito in una struttura per la riabilitazione. Questo possibilità riguarda però pochi casi, anche per mancanza di strutture in grado di garantire questo tipo di assistenza. La seconda opzione riguarda invece la cardiologia riabilitativa ambulatoriale, che è più frequente, con la presa in carico da parte dell’ambulatorio o del centro che ha trattato il paziente. La televisita è infine uno strumento prezioso, e non solo in questa fase pandemica, soprattutto per pazienti con determinate caratteristiche, come la presenza di un caregiver che sia in grado di aiutarli nell’interazione telematica. È però fondamentale che la televisita venga riconosciuta e rimborsata. Ci sono poche Regioni che lo fanno: il Piemonte è partito da poco, il Veneto da qualche anno. Fare una televisita impone l’utilizzo di tempo e di risorse quindi se la prestazione non viene riconosciuta all’Azienda diventa difficile attivare questo servizio.
Intervista a cura di Fabio Ambrosino