
In occasione del congresso annuale 2022 dell’European Society of Cardiology – quest’anno tornato in presenza dal 26 al 29 agosto a Barcellona – è stato presentato lo studio PERSPECTIVE che ha evidenziato che non ci sono differenze tra sacubitril/valsartan e il solo valsartan in termini di effetti sulla funzione cognitiva nei pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione moderatamente ridotta o preservata (HFmrEF e HFpEF). Si tratta del primo studio randomizzato che ha valutato in modo prospettico l’effetto del trattamento a lungo termine.
Lo studio ha arruolato adulti di età pari o superiore a 60 anni (età media 72,4 anni) – e di cui il 46,8% donne – con scompenso cardiaco sintomatico cronico e almeno un’ospedalizzazione per scompenso cardiaci nei 12 mesi precedenti e/o NT-proBNP superiore a 200 pg/mL. I pazienti con compromissione cognitiva nota o sospetta non sono stati ritenuti idonei. I 592 pazienti coinvolti– provenienti da 137 centri in 20 Paesi – sono stati randomizzati con un rapporto 1:1 a sacubitril/valsartan (dose target 97/103 mg due volte al giorno) o valsartan (dose target 160 mg due volte al giorno).
L’endpoint primario era costituito dal cambiamento nella funzione cognitiva dal basale al follow-up a tre anni. La funzione cognitiva è stata valutata utilizzando il CogState global cognition composite score (GCCS), che include sette attività che valutano l’attenzione, la memoria episodica e la funzione esecutiva. La variazione del punteggio GCCS dal basale a tre anni non è risultata differire tra i pazienti trattati con sacubitril/valsartan e quelli trattati con valsartan (p=0.74).
L’endpoint secondario principale era invece costituito dal cambiamento dal basale a tre anni nella deposizione di β amiloide nel cervello, misurata utilizzando la PET in 491 pazienti. I risultati hanno messo in evidenza come la deposizione di amiloide β nel cervello fosse minore nei pazienti trattati con sacubitril/valsartan rispetto al valsartan. Sacubitril/valsartan è stato ben tollerato rispetto a valsartan, con un minor numero di decessi (28 [9,5%] contro 39 [13,1%]) ed eventi avversi che hanno portato all’interruzione del trattamento (47 [16,0%] contro 61 [20,5%]).
John McMurray, docente dell’University of Glasgow e tra gli autori dello studio, ha affermato: “Non vi sono prove che l’inibizione della neprilisina aumenti il rischio di deterioramento cognitivo dovuto all’accumulo di β amiloide nel cervello nei pazienti con HFmrEF e HFpEF. La preoccupazione per l’aumento della deposizione cerebrale di amiloide β con sacubitril/valsartan è sempre stata ipotetica e nel cervello esistono molteplici vie di clearance enzimatica e di altra amiloide β che probabilmente compensano qualsiasi diminuzione della clearance correlata all’inibizione della neprilisina. L’assenza di qualsiasi effetto negativo sulla funzione cognitiva è molto importante al fine di eliminare una preoccupazione che alcuni medici avevano riguardo al trattamento a lungo termine con sacubitril/valsartan”.