
Uno studio randomizzato – condotto su più di 45.000 uomini – ha mostrato che lo screening cardiovascolare basato su imaging cardiaco, misurazione della pressione sanguigna ed esami del sangue non riduce la mortalità negli uomini di età compresa tra i 65 e i 74 anni. È quanto emerge dallo studio DANCAVAS, presentato a Barcellona in occasione del congresso 2022 dell’European Society of Cardiology, che ha però individuato una riduzione della mortalità dell’11% nella fascia di età compresa tra i 65 e i 69 anni.
Nell’arco di tre anni – tra settembre 2014 e settembre 2017 – i ricercatori hanno identificato tutti gli uomini di età compresa tra i 65 e i 74 anni all’interno di 15 comuni nelle regioni meridionali e centrali della Danimarca. Successivamente su un campione iniziale di 46.526 uomini, con età media di 68,8 anni, sono stati assegnati in modo casuale in un rapporto di 1:2 16.736 uomini a un programma di screening e 29.790 uomini alla consueta pratica di non intervento, che non prevede screening.
L’outcome primario dello studio era la mortalità per tutte le cause, mentre gli esiti secondari sono stati identificati in ictus, infarto del miocardio, amputazione dovuta a malattie vascolari, dissezione aortica e rottura dell’aorta. Durante un follow-up di 5,6 anni, 2.106 (12,6%) uomini nel gruppo di intervento e 3.915 (13,1%) uomini nel gruppo di controllo sono morti, facendo emergere una riduzione del rischio relativo non significativa (HR=0,95; IC 95% 0,90–1,00; p=0,062). Non è emersa nessuna differenza tra gli uomini di età pari o superiore a 70 anni (HR 1,01; IC 95% 0,94–1,09; p=0,747), ma si è evidenziato un rischio ridotto dell’11% nei soggetti di età compresa tra i 65 e i 69 anni (HR 0,89; IC 95% 0,83–0,96; p=0,004).
In un’analisi post-hoc, inoltre, l’intervento è risultato associato a una riduzione del rischio di andare incontro a un endpoint composito di morte, ictus o infarto miocardico del 7% nella popolazione complessiva (p=0,016) e dell’11% nei soggetti di età compresa tra 65 e 69 anni (p=0,007). Per quanto riguarda gli esiti secondari, 1.169 (7,0%) uomini nel gruppo di intervento hanno avuto un ictus rispetto a 2.228 (7,5%) nel gruppo di controllo (HR 0,93; IC 95% 0,86–0,99; p=0,035). Non ci sono state differenze tra i due gruppi per infarto miocardico (HR 0,91; IC 95% 0,81–1,03; p=0,134), amputazione dovuta a malattia vascolare (HR 1,05; IC 95% 0,80–1,38; p=0,711), dissezione aortica (HR 0,95; IC 95% 0,61–1,49; p=0,827) o rottura aortica (HR 0,81; IC 95% 0,49–1,35; p=0,420).
Axel Diederichsen, professore all’Odense University Hospital e tra gli autori dello studio, ha affermato: “Più della metà delle malattie cardiovascolari è evitabile, il che significa che uno screening cardiovascolare efficace ha un enorme potenziale per migliorare la salute pubblica”. Non sono mancati i confronti su Twitter relativi allo studio DANCAVAS, soprattutto per il fatto di aver coinvolto più di 45.000 uomini ma nessuna donna. “Perché nel 2022 i ricercatori ancora escludono le donne da studi per una malattia che colpisce soprattutto le donne?”, ha commentato Thais Coutinho, dell’University of Ottawa Heart Institute. Con questo tweet la cardiologa si è aggiudicata il premio lanciato da Cardioinfo per il miglior tweet di critical appraisal da ESC Congress 2022.