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Dai device ai farmaci, dove vanno gli investimenti nel cardiovascolare?

A cura di Marco Arcidiacono By 27 Agosto 2022No Comments
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investimenti cardiovascolare

“If you have an outstanding project that needs funding, then this is the place for you!”. L’invito arriva dall’Innovation Funding Area, prevista anche quest’anno a ESC Congress, il congresso annuale dell’European Society of Cardiology, con l’obiettivo di aiutare gli innovatori nella medicina cardiovascolare a ottenere il sostegno finanziario di cui hanno bisogno, grazie a investitori qualificati e specializzati nel settore. Un panel di soggetti italiani e internazionali che è interessato a conoscere cosa bolle nella pentola dell’innovazione cardiovascolare, attraverso il confronto diretto con i suoi protagonisti e verificando la possibilità di trasformare progetti innovativi in spin-off o startup che poi possano ricevere dei finanziamenti.

“L’ambito cardiovascolare costituisce uno dei filoni, nel più ampio contesto del comparto medicale, dove abbiamo individuato più opportunità di investimento, perché ci sono ancora diversi e importanti unmet medical needs, con un mercato grande e in crescita”, ci ha spiegato Davide Turco, co-founder e managing director di Indaco Venture Partners SGR, gestore indipendente di venture capital (VC) con una forte specializzazione in aziende che innovano anche nel settore medtech e biotech-pharma, presente nel panel di investitori all’ESC Congress. “Noi riteniamo che sia molto importante investire nel cardiovascolare, anche perché rappresenta un ambito con ritorni potenzialmente elevati, in grado di compensare nei casi di successo sia una mole di investimenti di decine di milioni di euro che la grande quantità di tempo dedicata allo sviluppo di una nuova società, al momento dell’exit (la vendita di quote da parte di un imprenditore o di un investitore con l’obiettivo di realizzare un guadagno; cedendo le proprie partecipazioni, si configura un’“uscita” dall’investimento)”, ha proseguito Turco.

Allo stato attuale, Indaco gestisce sei fondi per un importo complessivo superiore a 350 milioni di euro. Nell’ambito del portafoglio medicale di Indaco sono quattro le aziende riconducibili all’ambito cardiovascolare. “Finora ci siamo principalmente concentrati su investimenti in dispositivi medicali”, ha precisato Turco. Ma sembra solo questione di tempo, perché l’istituzione dell’ultimo fondo, Indaco Bio, all’inizio dello scorso giugno, consentirà a Indaco di espandere le proprie attività di investimento anche nell’ambito biotech-pharma, con un veicolo dedicato e un team esperto del settore. I capitali raccolti saranno investiti per sostenere startup impegnate nello sviluppo di farmaci, dalle fasi precliniche a quelle cliniche, destinati alla cura di diverse patologie. “Abbiamo già visto qualche progetto anche su alcune malattie rare del cuore”, aggiunge Turco. “Non abbiamo ancora investito perché il fondo è appena partito, ma rimaniamo sempre molto attenti a questa area”.

A comporre il panel di investitori dell’ESC Congress c’è anche Innogest Capital: fondo di venture capital italiano con una forte esperienza nel settore medicale, specie nell’ambito cardiovascolare. Guardando al portfolio healthcare visibile sul sito della società, infatti, su 17 realtà presenti al momento ben sei aziende possono essere direttamente riconducibili a questo ambito. Perché questo focus proprio sull’ambito cardiovascolare? “Innanzitutto, noi siamo convinti che per fare dei buoni investimenti sia fondamentale conoscere al meglio la materia su cui ci si muove, in tutti i suoi aspetti”, ci ha spiegato Carlo Giuliano, founder emanaging partner di Innogest Capital. “Quindi, da tempo abbiamo perseguito una strategia di focalizzazione, e quello del cardiovascolare costituisce il primo dei nostri segmenti di ultra-focalizzazione. Questo settore è uno dei più importanti, sotto il profilo terapeutico e non solo. Inoltre, abbiamo un gruppo molto robusto di operatori, tra colleghi e advisor, che provengono proprio dal settore, garantendoci una massa critica di competenze che ci consente di fare al meglio il nostro lavoro”. È della primavera del 2020, infatti, la notizia del lancio di un fondo verticale solo sulle tecnologie cardiovascolari, seguito da un team di esperti del settore. “Per essere veramente di valore devi essere specializzato”, ci tiene a sottolineare Giuliano.

Nel solco di questa strategia di focalizzazione rientra anche Cardiovascular Lab (CVLab), che si presenta come il primo incubatore a livello europeo specializzato in invetimenti su progetti in ambito cardiovascolare. CV Lab si propone come partner di medici, ricercatori e tecnologi per valutare in chiave di mercato le idee e i brevetti del settore, e accompagnare i progetti più promettenti allo sviluppo imprenditoriale. L’incubatore seleziona i progetti più interessanti e, in partnership con l’inventore, li porta al livello adeguato a essere messi in contatto con i venture capital internazionali. Il progetto tipo ricercato da CV Lab possiede un alto potenziale di mercato, affronta esigenze cliniche non ancora soddisfatte, asseconda le esigenze di riduzione dei costi sanitari e ambisce a diventare standard di cura cardiovascolare entro 4-8 anni. In particolare, a essere considerati sono progetti in ambito terapeutico, diagnostico e nell’ambito della digital health cardiovascolare. “Al momento sono incubate quattro realtà, tra cui la startup torinese Fidelio Medical, che si è aggiudicata il ‘Premio Nazionale dell’Innovazione 2021’ nella categoria ‘Life Sciences-MEDTech’, grazie a una soluzione diagnostica innovativa con tecnologia digitale brevettata in grado di monitorare la carenza di ferro”, ha aggiunto Giuliano.

Il mercato dei device cardiovascolari

Basandoci sul portfolio di questi due grandi investitori si nota che a dominare sono gli investimenti nei device medici utilizzati per il trattamento di diverse patologie cardiovascolari. Secondo un report pubblicato lo scorso maggio, il mercato globale dei dispositivi cardiovascolari ha raggiunto un valore di 51,34 miliardi di dollari nel 2021 e, guardando al futuro, si stima che il mercato raggiungerà un valore di 77,92 miliardi di dollari entro il 2027, registrando un CAGR (un tasso di crescita annuale composto) del 6,70% nel periodo 2022-2027. Quando si parla di device cardiovascolari ci si riferisce a vari strumenti medici utilizzati per la diagnosi e il trattamento delle malattie cardiovascolari, appunto, e dei relativi problemi di salute associati. Questi strumenti vengono progettati anche per un supporto nel monitoraggio della malattia e negli interventi chirurgici. Tra quelli più comunemente usati si possono includere stent, valvole cardiache, innesti, cateteri, ECG, monitoraggio cardiaco remoto e dispositivi di assistenza cardiaca.

Il principale fattore trainante della crescita del mercato è rappresentato dalla diffusa prevalenza delle malattie cardiovascolari, dovuta alla sedentarietà e ad abitudini alimentari e scelte di vita non salutari come il fumo e il consumo di alcol. A incidere è anche la crescente popolazione geriatrica, in quanto più suscettibile ai disturbi cronici. I progressi scientifici e tecnologici hanno portato allo sviluppo di procedure di trattamento minimamente invasive per diverse condizioni patologiche, nonché a una maggiore conoscenza pubblica delle opzioni di trattamento. Un trend confermato da Carlo Sanfilippo, senior investment manager di Indaco: “Patologie relative al ritmo cardiaco e dalla struttura del cuore: in questi due ambiti ci si sta sempre più orientando verso soluzioni e interventi minimante invasivi, e risolutivi”. Un trend molto evidente soprattutto nel campo della cardiologia interventistica, dove sta sempre più aumentando il numero di procedure che vengono effettuate all’interno del cuore con catetere, specie nel trattamento delle aritmie e nella riparazione e sostituzione valvolare. L’evoluzione tecnologica e gli investimenti, quindi, vanno nella direzione di migliorare l’outcome di questi interventi.

Le aritmie

“Considerando la fibrillazione atriale i responsabili degli investimenti mostrano sempre più attenzione all’ablazione tramite elettroporazione, l’ultima evoluzione tecnologica in questo ambito”, ci ha raccontato Sanfilippo. Questa tecnica, indicata con l’acronimo PFA (Pulsed Field Ablation), prevede l’applicazione, sulla superficie interna del cuore intorno alle vene polmonari, di un’energia molto elevata – fino a 1500-2000 volt – ma per un periodo di tempo brevissimo, nell’ordine dei microsecondi. La durata dell’applicazione di energia è così ridotta che il tessuto non ha il tempo di scaldarsi, a differenza dell’ablazione con radiofrequenza o della crioablazione, evitando una necrosi di tipo termico del tessuto e riducendo quindi alcuni rischi associati alle attuali procedure. “Una tecnologia in fase di consolidamento, a cui si stanno dedicando sempre più startup”, continua l’investment manager. Del resto, quello delle aritmie costituisce uno dei settori più maturi, che presenta ancora delle grandi opportunità rispetto alla capacità di sviluppare soluzioni sempre più sicure ed efficaci, anche con grandi ritorni dagli investimenti. Basti pensare al caso di Affera, acquisita da uno dei principali player del settore per quasi un miliardo di dollari. L’azienda americana, in cui aveva investito Innogest, progetta e produce sistemi di navigazione e mappatura cardiaca, e tecnologie di ablazione cardiaca basate su catetere, inclusa una soluzione di ablazione mediante campi elettrici pulsati per il trattamento di pazienti con aritmie cardiache, come la fibrillazione atriale. Un ambito in cui è presente anche Indaco, grazie all’investimento in ElectroPhysiology Frontiers, azienda medtech italiana che ha sviluppato un innovativo sistema di ablazione con catetere “single-shot” per fornire ablazioni durature e ridurre il tasso di recidiva della fibrillazione atriale dopo l’isolamento della vena polmonare. Questo catetere può essere utilizzato per l’ablazione sia con radiofrequenza che tramite elettroporazione (PFA).

Valvole cardiache, ipertensione polmonare, scompenso cardiaco e ictus

Rivolgendo l’attenzione al profilo strutturale del cuore, invece, a suscitare un grande interesse negli investitori è tutto ciò che riguarda il trattamento delle valvole cardiache. “Noi, ad esempio, abbiamo investito in InnovHeart, azienda medtech con base a Milano, che sviluppa nuovi sistemi di sostituzione transcatetere della valvola mitrale”, ci ha raccontato Turco. Lo scorso gennaio l’azienda italiana ha concluso un round di finanziamento da 55 milioni di dollari guidato da Grand Pharmaceutical Group Limited (Grand Pharma), società quotata alla Borsa di Hong Kong, “che testimonia il forte interesse per le tecnologie europee da parte dei player del Far East, in particolare la Cina”, ha sottolineato Turco. Ma c’è anche Pi-Cardia, presente sia nel portfolio di Indaco che di Innogest: un’azienda israeliana impegnata nello sviluppo di non-implant based solutions per il trattamento della calcificazione valvolare. Nell’aprile del 2020, Pi-Cardia ha chiuso un round di finanziamento da 27 milioni di dollari.

Rimanendo nell’ambito cardiaco, come ci ha detto Sanfilippo, anche rispetto all’ipertensione polmonare sono allo studio diversi device: “Anche in questo ambito sono in sviluppo alcune soluzioni tramite l’uso di cateteri per ablazione. Noi abbiamo individuato inizialmente diversi progetti di interesse con tecnologie a radiofrequenza, mentre adesso stiamo osservando uno spostamento verso le tecnologie a ultrasuoni. L’ambito è molto frizzante: la logica che guida questi progetti è sempre quella di risolvere i problemi nel più breve tempo possibile, in maniera minimamente invasiva, e risolutiva”.

Rispetto al distretto cardiaco, tra le aree terapeutiche di maggior interesse per gli investitori ovviamente non manca lo scompenso cardiaco, vista la sua prevalenza nella popolazione legata anche all’età. Claudio Giuliano sottolinea la crescente segmentazione delle macro-patologie, come lo scompenso cardiaco, in sotto-patologie caratterizzate sempre meglio, in modo da trovare le soluzioni più appropriate ai casi specifici. Una tendenza, questa, che sta prendendo sempre più piede nel settore cardiovascolare e a cui gli investitori guardano con attenzione. “Secondo me questa è la grande scommessa dei prossimi anni: un orientamento sempre più marcato verso la medicina di precisione, verso una segmentazione delle varie patologie che rispecchi meglio le cause, per cui poi si possano trovare dei trattamenti molto mirati, che siano device, farmaci o altro ancora”.

Un’altra area terapeutica che sta vedendo una serie di innovazioni e investimenti interessanti, sia per quanto riguarda i device che i farmaci, è quella relativa all’ictus, ci ha raccontato Giuliano. “Al riguardo, noi abbiamo investito in Anaconda Biomed, startup spagnola che sviluppa sistemi di trombectomia all’avanguardia per il trattamento dell’ictus ischemico, mirando alla rimozione completa dei trombi con grande precisione, senza lasciare frammenti. Ma, al di là di Anaconda, quella dello stroke è un’area su cui c’è grande attenzione da parte degli investitori”.

L’attenzione alla fase preoperatoria e operatoria

Queste tecnologie, nella maggior parte dei casi, vengono utilizzate in ambito operatorio.  Secondo Carlo Sanfilippo, tuttavia, uno degli altri trend importanti riguarda tutta quella che è la fase preoperatoria e di follow up della procedura, nell’ottica di supportare i cardiologi interventisti a ottenere il migliore risultato per il paziente e ridurre le potenziali complicazioni dell’intervento: “Ci sono aziende attive nel planning operatorio, ad esempio nell’impianto di valvole, che permettono al chirurgo di identificare il tipo e modello di valvola più appropriata all’anatomia cardiaca di una determinata persona, permettendo al chirurgo di identificarne il migliore posizionamento prima dell’intervento e di verificarne il corretto posizionamento alla fine della procedura. L’obiettivo è quello di minimizzare gli eventuali problemi che potrebbero generarsi sia durante la procedura che in fase successiva”. Un processo questo che coinvolge anche le tecnologie digitali. “In genere vengono acquisite immagini preoperatorie del cuore, che poi vengono elaborate in maniera opportuna. A queste poi vengono sovrapposti i potenziali impianti per valutare possibili problematiche”, ci ha spiegato Sanfilippo.

Gli investimenti nell’ambito dei device diagnostici e di monitoraggio

Un ulteriore ambito di attenzione che vede coinvolti investimenti da parte del venture riguarda la diagnostica e il monitoraggio dei pazienti. “C’è un fermento notevole in questo ambito”, conferma Davide Turco. In particolare, “noi osserviamo lo sviluppo di diverse tecniche di diagnostica avanzata, quelle che poi si andranno a fare in un centro specializzato, e stiamo notando anche moltissime iniziative rispetto alle attività di monitoraggio in continuo, non solo per le persone più a rischio”, ha sottolineato l’amministratore delegato di Indaco.

Secondo un report, il sotto-segmento ECG domina il segmento dei dispositivi diagnostici e di monitoraggio. Su questo fronte, una nuova generazione di ECG portatili e compatti ne sta favorendo una maggiore adozione, soprattutto a livello di assistenza sanitaria domiciliare. Un trend a cui contribuisce l’aumento dell’incidenza delle malattie cardiovascolari per cui è necessario un monitoraggio ECG a lungo termine. Inoltre, con l’introduzione dell’ECG wireless i medici possono monitorare e diagnosticare i pazienti da remoto on time, alimentando ulteriormente il mercato di questi strumenti. “Rispetto all’ECG ormai ci sono device, come wearable e patch, in grado di effettuare il monitoraggio in continuo dei parametri principali del cuore e, grazie all’uso di algoritmi di machine learning, estrarre e restituire informazioni utili sia ai pazienti che ai clinici”, spiega Sanfilippo. E già si sta indagando su altre possibili applicazioni di questo tipo di device. “Stiamo seguendo un paio di iniziative relative a patch – continua il manager – in grado di monitorare i parametri meccanici del funzionamento del cuore, un altro aspetto molto importante”. Un’evoluzione del mercato che aderisce pienamente alla logica della medicina personalizzata, orientata sempre di più verso il domicilio del paziente.

Il mercato dei farmaci cardiovascolari e delle terapie geniche

Grande è l’attenzione dei responabili degli investimenti anche rispetto a quello che si muove in ambito biotech e farmaceutico. Secondo un report, pubblicato di recente, la dimensione del mercato globale dei farmaci cardiovascolari è stata valutata 155,6 miliardi di dollari nel 2021 e si prevede che raggiungerà circa 231,7 miliardi di dollari entro il 2030, con un CAGR del 4,52% tra il 2022 e il 2030. Anche in questo caso i principali fattori di crescita del mercato sono rappresentati dall’enorme numero di persone con malattie cardiovascolari, dall’adozione di stili di vita sedentari e da abitudini alimentari poco salutari. Dal report, inoltre, emerge come la crescente incidenza dell’arresto cardiaco e delle aritmie abbia aumentato la domanda sociale di farmaci cardiovascolari. Tuttavia, guardando proprio alla tipologia di farmaco, a dominare il mercato sono quelli ipertensivi, a causa della elevata domanda legata al consumo abituale da parte dei pazienti. Il grandissimo numero di persone ipertese ha contribuito a potenziare questo mercato. L’ipertensione conquista il podio anche in base all’indicazione di malattia, seguita da iperlipidemia e aritmie, e poi dalle caronaropatie che contribuiscono in misura notevole alla crescita del mercato e degli investimenti.

Rispetto al settore biotech, occhi puntati anche sulla terapia genica. Al riguardo, ad esempio, Innogest ha investito in Renovacor, azienda biotech specializzata nello sviluppo di trattamenti basati sulla terapia genica dal potenziale trasformativo per malattie associate alla mutazione del gene BAG3. Il focus dell’azienda americana è sulla cardiomiopatia dilatativa associata alla mutazione di questo gene, ovvero una rara forma di scompenso cardiaco a base genetica, che mostra un elevato bisogno clinico a causa dell’assenza di trattamenti mirati disponibili in commercio. Adesso Renovacor è quotata alla Borsa di New York (New York Stock Exchange, NYSE), il maggiore mercato azionario del mondo per capitalizzazione e per volume di scambi e il secondo, dopo il Nasdaq, per numero di società quotate.

Gli investimenti in ingegneria biomedica

L’interesse dei responsabili degli investimenti è rivolto anche all’ingegneria biomedica e, in particolare, all’ingegneria tissutale, che si occupa delle procedure di rigenerazione dei tessuti attraverso la coltivazione di cellule su apposite strutture, per consentire la produzione di nuovo tessuto. Basti pensare alle eventuali applicazioni nel trattamento dell’infarto. Il trend desiderato, partito anche con le cellule staminali, è quello di riuscire a fare degli impianti che riescano a riparare in qualche modo le zone danneggiate, magari con il proprio tessuto. “Purtroppo, non ci sono ancora stati dei risultati positivi – precisa Sanfilippo – ma la ricerca va avanti anche in questo ambito, che è estremamente interessante”.