
Il controllo a distanza operato dai monitor cardiaci impiantabili (ICM) è efficace nel rilevare gravi episodi aritmici in pazienti post-infarto a elevato rischio con una disfunzione autonomica cardiaca e una moderata riduzione della frazione d’eiezione ventricolare sinistra (LVEF). Questo è quanto dimostrato dallo studio SMART-MI, presentato al Congresso 2021 dell’European Society of Cardiology (1).
I pazienti che, a seguito di infarto miocardico, presentino un’insufficienza cardiaca con riduzione severa della LVEF (pari o inferiore al 35%) sono eligibili all’impianto di un defibrillatore cardiaco (ICD) a scopo preventivo. Tuttavia, la maggior parte delle complicanze fatali e non fatali post-infarto si verifica in pazienti con LVEF superiore al 35%, quindi non soggetti a specifiche misure preventive.
Gli studi sin qui condotti indicano che, nei pazienti post-infarto con LVEF ridotta, le complicanze cardiovascolari sono precedute da episodi aritmici, molto spesso asintomatici o subclinici, e pertanto non rilevati dal follow-up. Lo studio SMART-MI ha analizzato la capacità dei monitor cardiaci impiantabili di prevedere questo tipo di aritmie (2).
Lo SMART-MI è un trial randomizzato prospettico condotto in aperto presso 33 centri in Germania e Austria tra maggio 2016 e febbraio 2021. Sono stati arruolati 400 pazienti reduci da infarto miocardico, con LVEF compresa tra 36% e 50% e disfunzione autonomica cardiaca associate a scarsi esiti post-infarto (incluse aritmie e morte improvvisa) indipendenti dalla frazione d’eiezione. La disfunzione autonomica è stata identificata, presso laboratori centrali, con biomarcatori digitali calcolati a partire da un elettrocardiogramma ad alta risoluzione su soggetto a riposo per 20 minuti (3,4,5).
I pazienti sono stati assegnati, con un rapporto 1:1, al gruppo sottoposto a monitoraggio remoto tramite monitor cardiaci impiantabili o a quello con follow-up convenzionale. Il monitor cardiaco è stato impiantato sottocute con procedura mininvasiva e un sistema di telemonitoraggio ha trasmesso report quotidiani a uno dei laboratori centrali.
I laboratori centrali hanno segnalato il rilevamento di episodi aritmici gravi ai centri locali partecipanti allo studio. L’endpoint primario era costituito dal tempo di registrazione di eventi aritmici gravi, quali fibrillazione atriale della durata di 6 o più minuti, blocco atrioventricolare di grado elevato, tachicardia ventricolare non sostenuta, e fibrillazione ventricolare sostenuta.
Axel Bauer della Medical University of Innsbruck, principal investigator dello studio, ha dichiarato che “tutte le aritmie incluse nell’endpoint primario composito sono associate a esiti lievi altrimenti verrebbero avviate le terapie appropriate nei pazienti portatori di ICD”.
Durante un follow-up mediano di 21 mesi, l’endpoint primario è stato raggiunto in 60 pazienti (29,9%) del gruppo monitorato con monitor cardiaci impiantabili e in 12 pazienti (6,0%) del gruppo di controllo (HR 6.3; 95% CI 3.4–11.8; p<0.001). Il tasso di rilevamento cumulativo a 3 anni di episodi aritmici gravi è stato del 41,2% nel gruppo ICM e del 10,7% nel gruppo di controllo.
Gli endpoint secondari includevano eventi avversi cardiovascolari e cerebrovascolari maggiori (MACCE; decesso per cause cardiovascolari, ictus, tromboembolismo arterioso sistemico e riammissione ospedaliera per scompenso cardiaco). Il rilevamento di episodi aritmici gravi ha costituito un fattore predittivo forte nei confronti di successivi MACCE sia nel gruppo ICM (HR 6.8; 95% CI 2.9–16.2; p<0.001) che in quello di controllo (HR 7.3; 95% CI 2.4–22.8; p<0.001).
Bauer ha sottolineato che l’impatto prognostico di eventi aritmici severi non era correlato alla modalità di rilevamento dal momento che i valori predittivi positivi erano del 61% e 62% nel gruppo ICM e nel gruppo di controllo, rispettivamente (p=0.990). “La differenza sostanziale – ha aggiunto – era nella sensibilità della misurazione, tre volte più elevata nel gruppo ICM (61% vs. 20%; p=0.007). Questo significa che era tre volte più probabile rilevare precocemente gli esiti avversi nel gruppo ICM”.
Nel gruppo sottoposto a monitoraggio con monitor cardiaci impiantabili è stato registrato un incremento di interventi terapeutici e diagnostici, tra cui impianti di ICD o pacemaker, studi elettrofisiologici, ablazioni transcatetere, e avvio alla terapia anticoagulante orale. Questi interventi sono stati disposti dai medici curanti a propria discrezione, ma sempre in accordo con le linee guida in vigore.
“Poiché il disegno è di tipo diagnostico, lo studio non è in grado di fornire informazioni circa l’effetto delle strategie preventive sugli outcome clinici. Devono ancora essere stabiliti i percorsi terapeutici ottimali” ha dichiarato Bauer. “Lo studio ha osservato che in pazienti post-infarto con disfunzione autonomica cardiaca e LVEF moderatamente ridotta si è verificato un elevato numero di eventi aritmici subclinici gravi che potevano essere rilevati precocemente ed efficacemente con i monitor cardiaci impiantabili. Lo spettro e la frequenza delle aritmie verificatesi in questi pazienti era comparabile a quella rilevata in pazienti infartuati con LVEF ridotta, che attualmente sono eligibili a impianto di ICD come strategia terapeutica preventiva. Il nostro studio supporta l’impiego di ICM come strumenti di valutazione continuativa dei rischi in pazienti ad alto rischio, dopo infarto, con LVEF moderatamente ridotta e disfunzione autonomica cardiaca”.
Livia Costa
Bibliografia
1. Implantable cardiac monitors in high-risk post-infarction patients with cardiac autonomic dysfunction and moderately reduced left ventricular ejection fraction – A randomized trial
2. Hamm W, Rizas KD, von Stülpnagel L, et al. Implantable cardiac monitors in high-risk post-infarction patients with cardiac autonomic dysfunction and moderately reduced left ventricular ejection fraction: Design and rationale of the SMART-MI trial. Am Heart J. 2017;190:34–39.
3. Rizas KD, Nieminen T, Barthel P, et al. Sympathetic activity–associated periodic repolarization dynamics predict mortality following myocardial infarction. J Clin Invest. 2014;124:1770–1780.
4. Bauer A, Klemm M, Rizas KD, et al. Prediction of mortality benefit based on periodic repolarisation dynamics in patients undergoing prophylactic implantation of a defibrillator: a prospective, controlled, multicentre cohort study. Lancet. 2019;394:1344–1351.
5. Bauer A, Kantelhardt JW, Barthel P, et al. Deceleration capacity of heart rate as a predictor of mortality after myocardial infarction: cohort study. Lancet. 2006;367:1674–1681.