
Una gestione dello scompenso cardiaco guidata da parametri emodinamici potrebbe ridurre le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco nei pazienti che si trovano nei primi stadi della malattia. È quanto emerge dai risultati del trial randomizzato GUIDE-HF, presentato oggi nel corso della prima giornata di ESC 2021 e pubblicato in simultanea su The Lancet (1). La riduzione delle ospedalizzazioni osservata è però risultata statisticamente significativa solo in riferimento al periodo precedente la pandemia di COVID-19.
Nei pazienti con scompenso cardiaco un’elevata o crescente pressione polmonare può predire episodi di congestione, i quali possono associarsi a una riduzione della capacità funzionale e della qualità di vita. Questo valore può però essere monitorato attraverso l’impianto di un device in grado di fornire i valori di pressione polmonare utili a basare l’eventuale impiego di diuretici o vasodilatatori.
Lo studio GUIDE-HF ha valutato l’efficacia di uno di questi device – il sensore wireless senza batteria CardioMEMS – nel controllare la congestione e ridurre gli episodi di scompenso cardiaco. Sono stati reclutati 1000 soggetti in classe NYHA II, III o IV e con una precedente ospedalizzazione per scompenso cardiaco nei 12 mesi precedenti l’inclusione dello studio o livelli di peptidi natriuretici elevati nei 30 giorni precedenti. A tutti i pazienti è stato impiantato CardioMEMS per il monitoraggio della pressione polmonare ma solo nella metà di questi i valori trasmessi dal device sono stati impiegati per guidare le scelte nei trattamenti. L’assegnazione al gruppo sperimentale o di controllo non era nota ai pazienti mentre i ricercatori ne erano consapevoli. L’endpoint primario era costituito da una misura composita di ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, visite urgenti per scompenso cardiaco e mortalità.
A un follow up medio di 11,7 mesi sono stati registrati 253 eventi nel gruppo sperimentale e 289 in quello di controllo, per una riduzione del 12% risultata non statisticamente significativa (HR 0,88; p=0,16). Tuttavia, un’analisi pre-specificata che ha preso in considerazione solo il periodo precedente la dichiarazione di emergenza del governo degli Stati Uniti per la pandemia di COVID-19 (13 marzo 2020) ha messo in evidenza una riduzione statisticamente significativa dell’endpoint primario associata all’utilizzo di CardioMEMS (HR 0,81; p=0,0489). Tale risultato è stato trainato principalmente da una riduzione delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, pari al 17% nell’analisi generale (p=0,064) e al 28% nell’analisi riferita al periodo pre-COVID-19 (p=0,0072). Non sono emersi effetti significativi, invece, per quanto riguarda le visite urgenti per scompenso cardiaco e la mortalità.
“I risultati indicano che i benefici di una gestione guidata da valori emodinamici nel ridurre le ospedalizzazioni per scompenso cardiaco si estendono a quelli meno gravi (classe NYHA II) e a quelli in classe NYHA II e III sintomatici e con elevati livelli di peptidi natriuretici”, ha spiegato Joann Lindenfield del Vanderbilt University Medical Center di Nashville (USA). “I pazienti in classe NYA IV non hanno mostrato effetti significativi ma erano in numero ridotto”.
Fabio Ambrosino
Bibliografia
1. Lindenfeld J, Zile MR, Desai AS, et al. Haemodynamic-guided management of heart failure (GUIDE-HF): a randomised controlled trial. Lancet 2021; DOI: 10.1016/S0140-
6736(21)01754-2.