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Trasfusioni nei pazienti anemici con infarto del miocardio. Cosa fare?

A cura di Rebecca De Fiore By 2 Settembre 2020Febbraio 22nd, 2022No Comments
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infarto del miocardio

Limitare le trasfusioni di sangue nei pazienti con anemia e infarto del miocardio a quelli con livelli di emoglobina molto bassi consente di risparmiare sangue senza alcun impatto negativo sui risultati clinici. Ad affermarlo è lo studio REALITY, presentato al congresso virtuale dell’European Society of Cardiology.

L’anemia colpisce circa il 5-10% dei pazienti con infarto miocardico e i farmaci anti-piastrinici e anticoagulanti usati per il trattamento aumentano il rischio di sanguinamento, che a sua volta aumenta il rischio di anemia e di mortalità. Tuttavia, anche a causa della mancanza di studi e dei risultati contrastanti vi è ancora incertezza sui benefici della trasfusione di sangue in questi pazienti.

Lo studio REALITY è il più grande studio randomizzato che confronta una strategia restrittiva con una a strategia liberale nell’effettuare una trasfusione di sangue a nei pazienti anemici con infarto del miocardio. Nella strategia restrittiva, la trasfusione è stata sospesa a meno che l’emoglobina non scendesse a 8 g/L. Nella strategia liberale, invece, la trasfusione veniva somministrata non appena l’emoglobina era pari o inferiore a 10 g/dL. C’erano due endpoint primari. Uno, più strettamente clinico, era un composito di eventi cardiaci avversi maggiori a 30 giorni. L’altro riguardava il rapporto costi-efficacia incrementale (ICER) a 30 giorni. Le ragioni del valutare un risultato sia clinico sia economico le ha spiegate Philippe Gabriel Steg, dell’Ospedale Bichat di Parigi e principale autore dello studio: “La nostra ipotesi era che nei pazienti con infarto miocardico con anemia, una trasfusione a strategia restrittiva non sarebbe stata inferiore a una strategia liberale rispetto a risultati clinici a 30 giorni, ma sarebbe stata meno costosa”.

Lo studio è stato condotto in 35 ospedali in Francia e Spagna e ha arruolato 668 pazienti anemici con infarto miocardico acuto (emoglobina 10 g/dL o inferiore, ma superiore a 7 g/dL) durante il ricovero. I pazienti sono stati assegnati in modo casuale a trasfusioni con strategia restrittiva o liberale e seguiti per 30 giorni. La strategia restrittiva è risultata non inferiore alla strategia liberale nella prevenzione di eventi cardiaci avversi maggiori a 30 giorni. L’esito clinico primario si è verificato in 36 pazienti (l’11,0%) assegnati alla strategia restrittiva e in 45 pazienti (il 14,0%) assegnati alla strategia liberale. L’analisi del rapporto costo-efficacia, invece, ha indicato che la strategia restrittiva aveva una probabilità dell’84% di ridurre i costi migliorando al contempo gli esiti clinici. Infine, per quanto riguarda la sicurezza, rispetto ai pazienti che avevano ricevuto trasfusioni a strategia liberale, quelli assegnati alla strategia restrittiva avevano una probabilità significativamente inferiore di sviluppare un’infezione.

“Il sangue è una risorsa preziosa. Una trasfusione è costosa, logisticamente complicata e può avere effetti collaterali. Lo studio REALITY supporta l’uso di una strategia restrittiva per la trasfusione di sangue nei pazienti anemici con infarto del miocardio poiché consente di risparmiare sangue, è sicura ed è almeno altrettanto efficace nel prevenire eventi cardiaci maggiori avversi a 30 giorni”, ha concluso Steg.

Rebecca De Fiore