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Migliorare la gestione dei pazienti con amiloidosi cardiaca da transtiretina

A cura di Fabio Ambrosino By 1 Settembre 2020Dicembre 17th, 2021No Comments
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amiloidosi cardiaca da transtiretina

Si è tenuto nel corso delle “Live sessions” della terza giornata congressuale del meeting virtuale dell’European Society of Cardiology un interessante e partecipato simposio dal titolo “Faces and Cases: Improving the Management of Patients with Transthyretin Amyloid Cardiomyopathy (ATTR-CM)”, nel corso del quale si è parlato delle principali sfide e opportunità nella pratica clinica dell’amiloidosi cardiaca da transtiretina.

L’attenzione della comunità cardiologica nei confronti di una più adeguata diagnosi di questa patologia è molto alta, e la ricerca sta compiendo importanti passi per poter giungere a opzioni di trattamento che possano agire in maniera sempre più mirata ed efficace per stabilizzare la transtiretina ed evitare la formazione delle fibrille amiloidi. Pablo Garcia-Pavia dell’HF & Inherited Cardiac Diseases Unit dell’Hospital Puerta de Hierro di Madrid ha fatto il punto circa gli unmet needs più importanti nell’ambito dell’amiloidosi cardiaca da transtiretina, sostenendo come questa patologia sia ancora sottodiagnosticata. “Stiamo vedendo solo la punta dell’iceberg”, ha spiegato. Infatti, dalle evidenze più recenti emerge che questa cardiomiopatia è in realtà più diffusa di quanto si pensasse in passato, con un’incidenza che può arrivare, ad esempio, al 19% nei soggetti di età superiore ai 60 anni con scompenso cardiaco a frazione di eiezione preservata e ipertrofia del ventricolo sinistro.

Il cardiologo spagnolo si è poi soffermato sulle cosiddette terapie di supporto per l’amiloidosi cardiaca da transtiretina. In particolare, Garcia-Pavia ha dimostrato come i dati presenti in letteratura mostrino che le normali terapia impiegate nel trattamento dello scompenso cardiaco risultino spesso non tollerate in questi pazienti. Inoltre, non è chiaro se questi siano realmente efficaci nell’ambito dell’ATTR-CM. Per quanto riguarda i pazienti conamiloidosi cardiaca da transtiretina e fibrillazione atriale, infine, il relatore ha sottolineato come la presenza di questo disturbo aritmico non sembri avere un’influenza negativa sulla prognosi, anche se ci sono evidenze che suggeriscono l’esistenza di un effetto benefico associato al raggiungimento e mantenimento del ritmo sinusale.

I margini per poter ottenere una miglior gestione di questa patologia ancora categorizzata come rara, con conseguente beneficio per i pazienti che ne sono affetti, sono molteplici. Gli studi stanno indagando le possibilità d’intervento sul meccanismo d’accumulo delle fibrille amiloidi nel muscolo cardiaco, stabilizzando il tetramero e quindi prevenendone lo sfaldamento, a monte, oppure riassorbendo le fibrille attraverso un meccanismo di risposta immunitaria, a valle. Le prospettive future sono quindi molto interessanti e sicuramente avranno un impatto positivo e importante sulla pratica clinica.

Fabio Ambrosino