
Più della metà degli infermieri che si prendono cura di bambini con problemi cardiaci sembra essere in burnout. L’analisi dei risultati dell’indagine presentata durante i lavori del Congresso ESC 2020 mostra, però, come un buon ambiente di lavoro si associ a una riduzione del burnout, che si traduce in cure migliori e più sicure per i bambini e le loro famiglie.
“Il benessere degli infermieri è fondamentale per garantire i migliori risultati per i pazienti”, è il commento della dottoressa Annamaria Bagnasco, autrice dello studio, dell’Università degli Studi di Genova. Già studi precedenti hanno dimostrato come i tassi di burnout siano più alti in pediatria rispetto ad altre specialità, con ripercussioni sulla sicurezza del paziente; questa ricerca italiana ha esaminato il burnout negli infermieri che forniscono cure di routine nei reparti di cardiologia pediatrica, tenendo conto anche delle correlazioni con altre dimensioni. Tra queste: la qualità dell’ambiente di lavoro, misurata mediante la Practice Environment Scale del Nursing Work Index (PES-NWI), che tiene conto della presenza di un supervisore che sia un buon manager e leader, dell’opportunità di carriera e di partecipare alle decisioni politiche e della collaborazione tra infermieri e medici; il carico di lavoro, ovvero il numero di pazienti di cui si prende cura ogni infermiere (rapporto infermiere-paziente) e, infine, un mix di competenze che includeva sia il livello di istruzione degli infermieri al lavoro nell’unità sia il numero di assistenti che forniscono supporto durante ogni turno. Il burnout è stato valutato attraverso il Maslach Burnout Inventory, che misura sensazioni come il sentirsi emotivamente svuotato, esaurito, affaticato al mattino, esausto, frustrato, lavorare troppo, essere stressato o allo stremo delle forze.
I dati arrivano dallo studio RN4CAST @ITPed e sono stati ottenuti attraverso un sondaggio web distribuito a 2.769 infermieri operativi negli ospedali pediatrici in tutta Italia tra settembre 2017 e gennaio 2018. Ulteriori dati sono stati raccolti dalle amministrazioni ospedaliere. Hanno risposto un totale di 2.205 infermieri (80%), di questi 85 hanno lavorato in reparti di cardiologia e unità di terapia intensiva di cinque ospedali. L’analisi si è poi concentrata sulle risposte di questi ultimi, mostrando come più della metà di loro (58%) era emotivamente esausta, soprattutto a causa delle condizioni di lavoro; a pesare di più la responsabilità di un numero elevato di pazienti e la complessità del prendersi cura dei bambini malati, che prevede anche la relazione con le loro famiglie, spesso preoccupate e impaurite. “Stabilire un rapporto di fiducia è essenziale ma gli infermieri potrebbero trovarlo ‘troppo pesante’ da sopportare emotivamente”, sottolinea la dottoressa Bagnasco.
Dai dati emerge che caratteristiche come la presenza di una leadership debole e team di lavoro frammentati, assieme all’assenza di una prospettiva di crescita per gli infermieri possano essere campanelli di allarme per il rischio di burnout nei reparti. “La conseguenza più importante è stata che il 30% degli infermieri intervistati voleva andare a lavorare in un altro ospedale o addirittura cambiare carriera”, ha aggiunto la dottoressa. Analizzando la relazione tra esaurimento emotivo e ambiente di lavoro, i ricercatori hanno, tuttavia, riscontrato che miglioramenti all’ambiente si associano a una riduzione dell’81% del burnout, indipendente dalle competenze e dal rapporto infermiere-paziente. “Il nostro studio mostra che gli infermieri apprezzano una buona leadership, l’essere coinvolti nel processo decisionale, avere la possibilità di fare carriera e il lavoro di squadra”, ha detto la Bagnasco. E questi dovrebbero essere gli ingredienti indispensabili nelle strategie da mettere in campo per ridurre il burnout e il suo impatto sulla sicurezza dei pazienti.
Norina Di Blasio