
Le donne hanno più probabilità di morire dopo un infarto del miocardio? Dipende. I risultati di una ricerca italiana presentata al meeting virtuale dell’European Society of Cardiology mettono in discussione l’ipotesi relativa all’esistenza di differenze di genere in questo setting. Nel campione di studio considerato, infatti, le donne (in premenopausa) vittime di un infarto del miocardio sono andate incontro a esiti clinici migliori rispetto agli uomini.
“Ricerche precedenti avevano suggerito che le donne avessero un maggior rischio di morire dopo un infarto del miocardio”, ha spiegato il principal investigator Diego Ardessino dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Parma. “Il nostro studio mostra che ciò non è vero prima della menopausa, quando le donne sono ancora esposte all’estrogeno, un ormone con un effetto protettivo per la salute cardiovascolare”.
I ricercatori dell’Italian Genetic Study of Early-onset Myocardial Infarction ha valutato le differenze di genere negli outcome clinici di donne e uomini di età inferiore a 45 anni vittime di un infarto del miocardio. In totale sono stati inclusi nello studio 2.000 pazienti (1.778 uomini e 222 donne), giunti tra il 1998 e il 2002 in uno dei 125 reparti di terapia intensiva cardiologica che hanno preso parte alla ricerca. L’endpoint primario era costituito da una misura composita di recidiva di infarto del miocardio, ictus o morte cardiovascolare. A un follow up medio di 20 anni, l’endpoint si è verificato nel 25,7% delle donne e nel 37% degli uomini (HR 0,68; p=0,01). Prendendo in considerazione i singoli fattori dell’endpoint composito è poi emerso che il tasso di recidive di infarto è risultato significativamente più basso nelle donne (14,2% vs 25,4%; HR 0,53; p<0,001) mentre quello di ictus è risultato più elevato (7,7% vs 3,7%; HR 2,02; p=0,012). Fumo, consumo di alcol, elevati livelli di lipidi nel sangue e diabete sono risultati più frequenti negli uomini (p<0,0001).
Secondo Ardessino queste differenze nella prognosi post-infarto sarebbero legate a diversi meccanismi patofisiologici. Infatti, le donne incluse nello studio avevano una maggiore probabilità di avere arterie sane rispetto agli uomini (36,5% vs 15,4&, p<0,001) mentre sono risultate associate a un tasso di dissezione coronarica più elevato (5,4% vs 0,7%; p<0,01). “Negli uomini gli infarti si erano verificati soprattutto a causa di arterie bloccate – ha commentato Ardessino – mentre nelle donne la causa era spesso una dissezione coronarica, condizione che si associa a una prognosi migliore e un minor rischio di recidive”. Infine, lo studio ha anche messo in evidenza come al momento delle dimissioni i pazienti maschi avessero una probabilità maggiore di ricevere una prescrizione per terapie finalizzate a evitare una recidiva, come beta-bloccanti, aspirina, ACE inibitori e ARBs (non sono emerse differenze per quanto riguarda la prescrizione di statine). “Questa disparità – ha concluso il principal investigator – potrebbe essere legata al minor tasso di malattie coronariche che caratterizzava le donne incluse nello studio ma potrebbe anche dipendere da una tendenza a prescrivere meno farmaci alle donne, come emerso in altri studi nel campo delle sindromi coronariche acute”.
Fabio Ambrosino