
L’impianto di un defibrillatore cardioverter impiantabile (ICD) è associato alla riduzione della mortalità a medio e lungo termine nei pazienti sintomatici con scompenso cardiaco a ridotta frazione d’eiezione (HFrEF). Lo dimostra uno studio presentato al congresso 2019 dell’European Society of Cardiology (ESC), in corso a Parigi.
Le linee guida ESC raccomandano l’impianto di un ICD per la prevenzione primaria di aritmie ventricolari potenzialmente letali e morte cardiaca improvvisa nei pazienti con HFrEF, ma – spiega il principal investigator Benedikt Schrage – “La maggior parte dei trial ramdomizzati sull’efficacia degli ICD in prevenzione primaria utilizza dati di pazienti arruolati vent’anni fa. La gestione dell’ HFrEF però è cambiata sostanzialmente negli ultimi anni e non sappiamo se l’impianto di ICD migliora l’outcome in pazienti sottoposti ai nuovi trattamenti, né quali sottogruppi di pazienti beneficiano maggiormente degli ICD”.
I ricercatori del Karolinska Institutet di Stoccolma coordinati da Schrage hanno selezionato dallo Swedish Heart Failure Registry (SwedeHF) 1296 pazienti con impianto di ICD negli ultimi cinque anni e 1296 pazienti senza ICD come gruppo di controllo. È emerso che l’utilizzo di ICD è associato a un 26% di riduzione del rischio relativo di morte per tutte le cause a 1 anno e a un 13% di riduzione a 5 anni. La riduzione del rischio assoluto a 5 anni con l’uso di ICD è risultata del 3,1% . I dati sono apparsi quasi sovrapponibili in tutti i sottogruppi di pazienti.
“I nostri dati”, conclude Schrage, “supportano le attuali linee guida ESC e anzi indicano che è necessaria una migliore implementazione e diffusione dell’impianto di ICD nella pratica clinica”.
David Frati