
Grande attenzione hanno suscitato al Congresso 2019 dell’European Society of Cardiology (ESC) in corso a Parigi i risultati del trial randomizzato in doppio cieco DAPA-HF (Dapagliflozin And Prevention of Adverse-outcomes in Heart Failure) che ha dimostrato che l’inibitore SGLT2 dapagliflozin riduce i tassi di mortalità e di ospedalizzazione nei pazienti con scompenso cardiaco a ridotta frazione d’eiezione (HFrEF), con o senza diabete di tipo 2. Il farmaco infatti attualmente è approvato per il trattamento dei pazienti con diabete di tipo 2 e un’opzione terapeutica in grado di incidere in modo significativamente positivo sia nel trattamento dello scompenso cardiaco che in quello del diabete è senza dubbio molto affascinante per i cardiologi.
“Quello del beneficio nei pazienti senza diabete di tipo 2 è senza dubbio il dato più importante di DAPA-HF”, spiega John McMurray, professore di Cardiologia all’Institute of Cardiovascular & Medical Sciences dell’University of Glasgow e principal investigator dello studio. “Dapagliflozin è dunque un trattamento per lo scompenso cardiaco, non solo un farmaco per il diabete. E non solo: si tratta del primo trattamento che riduce la mortalità per scompenso cardiaco ad arrivare sul mercato negli ultimi 5 anni, il primo trattamento efficace contro lo scompenso cardiaco degli ultimi 10 anni a non agire sui meccanismi neuroumorali, di un trattamento che porta grande beneficio se associato ad altre terapie, per esempio sacubitril/valsartan. Ma soprattutto è un farmaco che fa tutto quello che vorremmo un nuovo trattamento per lo scompenso cardiaco facesse: ridurre le ospedalizzazioni, aumentare la sopravvivenza, alleviare i sintomi”.
Il team di ricercatori coordinato da McMurray ha randomizzato 4744 pazienti con HFrEF a dapagliflozin 10mg/die o placebo, in aggiunta allo standard di cura. L’endpoint composito primario era costituito da decesso per causa cardiovascolare (CV) o peggioramento dello scompenso cardiaco (definito come ospedalizzazione o necessità di una visita urgente). Il trattamento con dapagliflozin in aggiunta allo standard di cura ha ridotto del 26% (p<0.0001) il rischio di endpoint composito primario e ottenuto una riduzione in ognuno dei singoli componenti dell’endpoint (-30% (p<0.0001) rischio di manifestazione di un primo episodio di peggioramento dello scompenso cardiaco, -18% (p<0.0001) rischio di decesso per cause cardiovascolari).
La qualità di vita (QoL) è un grave problema per i pazienti con scompenso cardiaco. I risultati del DAPA-HF indicano che il trattamento con dapagliflozin in aggiunta allo standard di cura nell’ambito dello scompenso cardiaco determina un aumento del numero di pazienti che ottengono significativi miglioramenti della QoL e viceversa una diminuzione del peggioramento della QoL. E proprio l’attenzione ai pazienti è al centro di un gustoso retroscena svelato da John McMurray: “Era previsto che questo trial venisse presentato alle American Heart Association Scientific Sessions di novembre 2019, ma abbiamo ritenuto di non poter aspettare altri mesi perché siamo di fronte ad un grave problema di salute pubblica. Troppi pazienti – in attesa che i dati venissero resi pubblici – non avrebbero avuto accesso ad un trattamento in grado di cambiare il corso della loro malattia. Parliamo di centinaia di migliaia di persone che potrebbero non esser state più vive tra qualche mese e che ora invece potrebbero salvarsi. Nonostante i problemi pratici che questa scelta ha determinato, l’abbiamo fatta pensando ai pazienti”.
David Frati
▼ McMurray JJV, DeMets DL, Inzucchi SE, Køber L, Kosiborod MN, Langkilde AM, Martinez FA, Bengtsson O, Ponikowski P, Sabatine MS, Sjöstrand M, Solomon SD; DAPA-HF Committees and Investigators. A trial to evaluate the effect of the sodium-glucose co-transporter 2 inhibitor dapagliflozin on morbidity and mortality in patients with heart failure and reduced left ventricular ejection fraction (DAPA-HF). Eur J Heart Fail 2019;21(5):665-675 doi: 10.1002/ejhf.1432.