A Barcellona a fine agosto esperti internazionali hanno ampiamente dibattuto sul ruolo che hanno oggi e che potrebbero avere in futuro i NAO nel trattamento di particolari sottogruppi di pazienti, e più precisamente quelli con fibrillazione atriale subclinica o sottoposti a procedure mini-invasive. Il simposio “Leading the way to improved stroke prevention with NOACs” ha preso in esame dati ed evidenze attualmente a disposizione, insieme ai risultati più recenti presentati proprio durante il Congresso della Società Europea di Cardiologia.
Paulus Kirchhof, Professore di Medicina Cardiovascolare all’University of Birmingham, ha esposto le conclusioni del trial EMANATE (Eliquis evaluated in acute cardioversion coMpared to usuAl treatmeNts for AnTicoagulation in subjEcts with NVAF), che ha messo a confronto la terapia con apixaban 5 mg due volte al giorno (dosaggio ridotto a 2,5 mg quando erano presenti due dei seguenti fattori: età ≥80 anni, peso ≤60 kg o creatinina sierica ≥1,5 mg/dL) e quella con eparina/antagonisti della vitamina K (VKA) in pazienti con fibrillazione atriale, naive agli anticoagulanti orali e schedulati per cardioversione. “I dati del trial EMANATE dimostrano che i NAO rappresentano una ottima alternativa a eparina e antagonisti della vitamina K in pazienti di questo tipo. In particolare apixaban si è dimostrato efficace e sicuro in questo setting: non si sono registrati ictus nei 753 pazienti trattati con apixaban mentre tra i 747 pazienti trattati con terapia convenzionale ce ne sono stati 6 (p = 0,01). Nessun caso di embolia sistemica si è verificato in entrambi i gruppi, mentre i sanguinamenti maggiori sono stati 3 nel gruppo apixaban e 6 nel gruppo eparina/VKA e i sanguinamenti non maggiori clinicamente significativi sono stati rispettivamente 11 e 13. Un dato molto interessante è che dei 753 pazienti del gruppo apixaban 342 hanno ricevuto una dose carico: ebbene, in questo sottogruppo non ci sono stati ictus né embolie sistemiche e si sono registrati 1 decesso, 1 sanguinamento maggiore e 4 sanguinamenti non maggiori clinicamente significativi”.
Sui dati di EMANATE abbiamo sentito anche l’opinione di Sakis Themistoclakis (Ospedale dell’Angelo, Venezia Mestre).
Hein Heidbuchel, Direttore del Dipartimento di Cardiologia dell’Antwerp University Hospital, si è occupato delle strategie di prevenzione dell’ictus e la gestione del sanguinamento nei pazienti da sottoporre ad ablazione della vena polmonare. “Le evidenze in questo ambito derivano per il momento da piccoli studi molto eterogenei nei protocolli, ma altri trial importanti sono in corso, su tutti AXAFA1. I partecipanti sono stati randomizzati ad apixaban o VKA a partire da 30 giorni prima dell’intervento e la terapia viene proseguita per 3 mesi dopo la procedura, in accordo con le linee guida disponibili. Finora comunque le meta-analisi dei dati ci dicono che il rischio di eventi trombo-embolici (TEE) nei pazienti sottoposti a isolamento della vena polmonare (PVI) è praticamente lo stesso sia se li trattiamo con NAO che con VKA, ma che i NAO garantiscono un beneficio in termini di minor sanguinamento”.
Antonio Marco Willem Alings, Direttore del Cardiology training program all’Amphia Ziekenhuis di Breda, si è domandato se il trattamento con NAO sia indicato nei pazienti con fibrillazione atriale subclinica (FASC): “La FASC è una variante della FA clinica, dalla quale si differenzia perché per essere individuata ha bisogno di un device impiantato 24/7 ed è spesso asintomatica, con episodi brevi. Si tratta di una patologia molto più comune di quanto non si creda, presente non solo nei portatori di pacemaker ma circa nel 25-30% degli over 65 con generici fattori di rischio per ictus. Se la presenza di FASC è associata a un rischio di ictus, allora si potrebbe pensare che anche in presenza di una patologia subclinica si debbano seguire le raccomandazioni che seguiamo per la FA: è proprio così? Il rapporto tra rischio e beneficio in questi pazienti può essere molto diverso rispetto a quelli con una fibrillazione atriale franca: il rischio assoluto e relativo di ictus nella FASC è molto inferiore, e questo pone anche un problema di costi al clinico. Due trial di grande importanza – ARTESiA e NOAH – sono in corso per definire il ruolo della terapia anticoagulante nei pazienti con FASC. Lo studio ARTESiA in particolare ha arruolato pazienti con episodi registrati di FASC tra i 6 minuti e le 24 ore e li ha randomizzati ad aspirina o apixaban 5 mg o 2,5 mg BID e valuterà con un follow up stimato di 3 anni l’insorgenza di ictus, embolia sistemica e sanguinamento maggiore”.
Bibliografia
1. Di Biase L, Callans D, Georg Haeusler K, Hindricks G, Al-Khalidi H, Mont L, Cosedis Nielsen J, Piccini JP, Schotten U, Kirchhof P. Rationale and design of AXAFA-AFNET 5: an investigator-initiated, randomized, open, blinded outcome assessment, multi-centre trial to comparing continuous apixaban to vitamin K antagonists in patients undergoing atrial fibrillation catheter ablation. Europace 2017;19(1):132-138 doi: 10.1093/europace/euw368
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