Il Congresso annuale dell’European Society of Cardiology (ESC) continua a riservare uno spazio di ampio rilievo al tema della fibrillazione atriale. Anche quest’anno, alcuni tra i maggiori esperti internazionali si sono riuniti per approfondire il ruolo dei cosiddetti nuovi anticoagulanti orali (NAO) nel trattamento delle maggiori patologie cardiovascolari. Al simposio “Advancing patient care with NOACs: focus on VTE management” in particolare, i relatori sono intervenuti sulla gestione del tromboembolismo venoso (TEV).
Elaine Hylek, professoressa di Medicina alla Boston University School of Medicine, che ha moderato l’incontro, ha fornito alcuni dati generali molto preoccupanti: “Si stimano nei prossimi anni più di 500.000 decessi annui per TEV solo nell’UE. Per fare un confronto, i decessi per tumore della mammella attesi sono meno di 90.000. Inoltre circa il 30% dei pazienti con TEV ha una ricaduta entro 5 anni dall’evento iniziale: si stima che la re-ospedalizzazione in questi casi abbia un costo fino al 48% superiore rispetto al primo ricovero. Sono poi da considerare le complicazioni secondarie: una percentuale tra 20 e 50% dei pazienti con TEV sviluppa in seguito una sindrome post trombotica e lo 0,1-9,1% dei pazienti sviluppa una ipertensione polmonare tromboembolica cronica (CTEPH) entro due anni di embolia polmonare acuta. TEV e FA hanno in comune numerosi fattori di rischio, e i NAO hanno un ruolo importante nel trattamento del TEV”.
Giancarlo Agnelli, professore di Medicina all’Università di Perugia e direttore della Stroke Unit dell’Azienda Ospedaliero Universitaria di Perugia, inizia il suo intervento parlando di embolia polmonare: “Le linee guida ESC 2014 sul trattamento della EP sottolineano l’importanza decisiva della terapia anticoagulante in questa patologia e raccomandano i NAO come alternativa all’utilizzo della combinazione tra anticoagulanti parenterali e VKA o della monoterapia con VKA, specificando però che l’impiego dei NAO (rivaroxaban, apixaban, dabigatran, edoxaban) è sconsigliato nei pazienti con grave insufficienza renale”. I trial su cui si basa l’evidenza sul trattamento di EP e TEV sono diversi: l’AMPLIFY in particolare ha sancito la non inferiorità del trattamento con apixaban dei pazienti con TEV rispetto alla terapia convenzionale, mostrando però una significativa riduzione del sanguinamento (l’outcome composito di sanguinamento maggiore e sanguinamento non maggiore ma clinicamente rilevante si è verificato nel 4,3% dei pazienti del gruppo apixaban e nel 9,7% dei pazienti del gruppo trattato convenzionalmente – rischio relativo 0,44; 95% CI, da 0,36 a 0,55; P<0,001). Aggiunge Agnelli: “Una meta-analisi degli studi AMPLIFY, EINSTEIN-DVT, EINSTEIN-PE, HOKUSAI-VTE, RE-COVER e RE-COVER II dimostra chiaramente che per quanto riguarda il rischio relativo di recidiva di TEV e di morte TEV-correlata il trattamento con NAO mostra una non inferiorità o un leggero vantaggio ‒ 2% vs 2,2% il dato combinato ‒ rispetto al trattamento con VKA, ma se parliamo di sanguinamento il vantaggio dei NAO si fa più marcato (il dato combinato qui è 1,1 vs 1,8%). Con alcune eccezioni (pazienti con embolia polmonare emodinamicamente instabile, con grave insufficienza renale o grave insufficienza epatica, donne in gravidanza e allattamento, alcuni pazienti oncologici) i NAO sono oggi indicati come alternativa – o come superamento – di eparina a basso peso molecolare (LMWH) e antagonisti della vitamina K (VKA) per il trattamento dei pazienti con TEV”.
Alexander “Ander” Cohen, epidemiologo del Guy’s and St. Thomas Hospital di Londra che si occupa prevalentemente di Medicina vascolare, ricorda: “Più o meno quello che sappiamo fino ad oggi è questo: NAO e VKA sono stati messi a confronto tra loro e con placebo nel trattamento dei pazienti con TEV. Tutti i NAO si sono mostrati superiori a placebo (80-92% RRR) nel ridurre il rischio di recidive di TEV, con differenti profili di prevenzione del sanguinamento. L’aspirina non è un’alternativa ragionevole alla terapia anticoagulante in questo tipo di pazienti. Il minor rischio di sanguinamento garantito dai NAO rispetto ai VKA sta cambiando la valutazione del profilo rischio-beneficio tra i clinici. Quando per esempio un clinico deve decidere, dopo tre mesi di trattamento, se continuare la terapia anticoagulante o interromperla, deve valutare il rischio-beneficio nel singolo paziente. Per valutare correttamente i benefici dei NAO nella pratica clinica è importante analizzare i tassi di recidiva di TEV in relazione al sanguinamento. In una recente review sul trattamento esteso con NAO2 i tassi di recidiva di TEV risultano molto bassi nei pazienti trattati con NAO (rivaroxaban, apixaban e dabigatran) e significativamente più elevati (circa 10%) nei pazienti trattati con placebo. Ma i tassi di sanguinamento clinicamente rilevante nei pazienti trattati con rivaroxaban e dabigatran sono più elevati che nel gruppo placebo. Il tasso più basso di sanguinamento rilevato in questo gruppo di studi è quello osservato con apixaban”.
Su NAO e trattamento del TEV abbiamo anche chiesto un parere a Paolo Calabrò, Cattedra di Cardiologia presso la Seconda Università di Napoli.
David Jiménez, Professore di Medicina alla University of Alcalà de Henares, parte da alcuni casi clinici di pazienti con embolia polmonare per domandarsi: “I pazienti con EP a rischio intermedio sono adeguatamente rappresentati nei trial clinici? Si tratta di pazienti che andrebbero monitorati con attenzione per tenere sotto controllo l’andamento della loro condizione. Nei pazienti con trombosi venosa profonda (TVP) della gamba o embolia polmonare (EP) e nessun tumore concomitante, come prima terapia anticoagulante a lungo termine (primi 3 mesi), le linee guida CHEST3 nella gestione del TEV del 2016 raccomandano l’impiego di NAO rispetto ai VKA. Il trattamento iniziale di una percentuale significativa di pazienti con embolia polmonare acuta può essere semplificato grazie ad un NAO come apixaban, e una significativa percentuale di pazienti con EP è eleggibile per un trattamento ambulatoriale o perlomeno per un taglio dei tempi di ricovero”.
Bibliografia
1. Agnelli G, Buller HR, Cohen A, Curto M, Gallus AS, Johnson M, Masiukiewicz U, Pak R, Thompson J, Raskob GE, Weitz JI for AMPLIFY Investigators. Oral apixaban for the treatment of acute venous thromboembolism. N Engl J Med 2013;369(9):799-808 doi: 10.1056/NEJMoa1302507.
2. Cohen AT, Imfeld S, Rider T. Phase III trials of new oral anticoagulants in the acute treatment and secondary prevention of VTE: comparison and critique of study methodology and results. Adv Ther 2014;31(5):473-93 doi: 10.1007/s12325-014-0119-7.
3. Kearon C, Akl EA, Ornelas J, Blaivas A, Jimenez D, Bounameaux H, Huisman M, King CS, Morris TA, Sood N, Stevens SM, Vintch JR, Wells P, Woller SC, Moores L. Antithrombotic Therapy for VTE Disease: CHEST Guideline and Expert Panel Report. Chest 2016;149(2):315-52 doi: 10.1016/j.chest.2015.11.026.
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