
L’utilizzo delle nanotecnologie in Cardiologia è un campo in continua espansione: di un utilizzo in particolare nell’ambito del trattamento dell’aterosclerosi si è discusso al Congress dell’European Society of Cardiology (ESC) in corso a Roma, durante un simposio svolto in collaborazione con la European Atherosclerosis Society.
Differenti tipi di nanomolecole, che tipicamente misurano da 1 a 100 nanometri, possono essere costruiti in laboratorio per trasportare farmaci e legarli a diversi recettori presenti sulla superfice delle placche aterosclerotiche. “Il grande vantaggio”, spiega Erik Stroes dell’Academic Medical Centre di Amsterdam, “è che in questo modo possiamo somministrare elevate concentrazioni di farmaco nell’area di interesse, aumentando l’efficacia del trattamento e diminuendo sensibilmente gli effetti collaterali”. Uno recente studio su animali da laboratorio ha mostrato che il trattamento con statine effettuato mediante nanotecnologia garantisce un’apertura delle arterie superiore del 12% a quella che si ottiene con il trattamento sistemico, e praticamente senza effetti collaterali.
Ma, malgrado i promettenti sviluppi, l’utilizzo di nanomolecole in Cardiologia è decisamente più indietro che, per esempio, in Oncologia. “La ragione è che quando si ha a che fare con pazienti con tumori avanzati il criterio di valutazione dei benefici dei farmaci e l’iter di approvazione sono molto diversi da quelli applicati per patologie come quelle cardiovascolari, che durano abitualmente per decenni”, spiega Iwona Cicha dell’University Hospital di Erlangen. “Se si ragiona a lungo termine, la tossicità di molte nanoparticelle è inaccettabile per gli organismi regolatori. Non a caso la Nanotossicologia è un ramo emergente della Nanomedicina”.
Un altro aspetto che va assolutamente considerato sono le caratteristiche strutturali delle nanomolecole: “La grandezza, la forma, le cariche presenti in superficie e la stabilità colloidale possono avere un’importanza decisiva”, spiega ancora la Cicha. “Per esempio, le nanomolecole più piccole di 5 nanometri vengono eliminate dai reni, quelle intorno ai 100 nanometri dal fegato. Ogni parametro progettato in laboratorio può influenzare l’emivita e gli effetti biologici delle nanoparticelle. Ad oggi i farmaci nanotecnologici non sono valutati in modo diverso dagli altri farmaci, ma gli enti regolatori devono capire che la caratterizzazione delle nanoparticelle va standardizzata e regolamentata al più presto”.
David Frati