
La diffusione di defibrillatori automatici esterni (DAE) non riesce a impattare significativamente sui tassi di sopravvivenza in caso di out-of-hospital cardiac arrest (OHCA) se non è accompagnata da campagne di addestramento della popolazione. Lo dimostra uno studio presentato al Congresso dell’European Society of Cardiology (ESC) in corso a Roma.
“I tassi di sopravvivenza post OHCA rimangono estremamente bassi”, spiega Nicole Karam dell’European Hospital Georges Pompidou di Parigi. “Per questo in Francia è stato implementato un vasto programma di addestramento della popolazione all’utilizzo di DAE e al basic life support, su portata nazionale e della durata di 5 anni. Ma quali sono i dati ‘real life’ che possiamo analizzare alla luce di questa iniziativa?”.
La risposta è: contrastanti. Innanzitutto a seconda delle regioni francesi, il numero delle persone addestrate con questo programma varia moltissimo, da 6955 a 36.636 per 100.000 abitanti e ancora peggio va con la presenza di DAE sul territorio, che va da 5 a 3399 per 100.000 abitanti/1000 km2. Di conseguenza – e questo è un dato essenziale – variano anche i tassi di sopravvivenza post OHCA: da 0 a 43,8%, in modo direttamente correlato al livello di istruzione. “Si tratta di discrepanze che vanno molto oltre quelle che ci aspettavamo”, spiega la Karam. “Non sembra esserci una strategia coerente nello sviluppo di questo programma didattico”.
Il take home message è: ben venga la diffusione di DAE sul territorio, ma sono necessarie campagne di educazione ben strutturate e omogenee sul territorio per far sì che la presenza di DAE impatti realmente sulla mortalità cardiaca.
David Frati
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