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ESC 2016: Cardiologia e Big data

By 28 Agosto 2016Settembre 15th, 2021No Comments
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La computerizzazione di un quantità sempre crescente di informazioni ed il fatto di renderla disponibile su una piattaforma analitica sta cambiando diversi scenari in sanità. Se ne è occupato anche l’ESC 2016, con una sessione dedicata all’impatto dei big data sulla cardiologia (Big data in a nutshell, domenica 28 agosto).

Come e cosa compriamo, come spendiamo il nostro denaro, dove andiamo in vacanza, le nostre esigenze di salute, da quali malattie siamo affetti e come ci curiamo: tutti questi dati possono confluire in database contigui ed essere utilizzati in modi sempre più specifici. A qual fine? Secondo John S. Rumfeld (Denver, Colorado), il principale utilizzo dei big data oggi in sanità attiene l’eliminazione di sprechi e la possibilità di risparmi fino a 300 miliardi di dollari l’anno per la sola sanità statunitense.

Da quali ambiti provengono i dati? Dall’amministrazione, dai registri clinici, dai record elettronici, dalla biometrica, dai patient-reported outcome, da Internet ovviamente, dalla medicina per immagini e dai biomarcatori. Tutte queste informazioni consentono oggi come oggi, soprattutto, di predire meglio il rischio clinico e di impiegare quindi più razionalmente le risorse, controllando epidemiologicamente le popolazioni. Altre applicazioni riguardano una più efficace farmacosorveglianza, l’affinamento della medicina di precisione, della qualità della vita e della misura delle performance. In sostanza, tendenzialmente, tutte cose utili per migliorare la sanità pubblica. Tuttavia, c’è ancora chi – come Tim Hartford un paio di anni fa – si chiede se non stiamo commettendo un grosso sbaglio e chi – come Gina Neff (University of Seattle, Washington) ritiene che le soluzioni offerte dai big data non siano ancora spendibili sul piano clinico.

In fondo, la vera questione non riguarda la dimensione dei dati di cui disponiamo, ma quello che vogliamo farci: cioè gli obiettivi che perseguiamo. Ovviamente, contano molto anche la validità e la solidità dei dati, ma la vera fida – a detta di tutti i relatori – resta la loro integrazione e spendibilità nella pratica clinica.