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Ulteriori evidenze dall’ESC 2015 sull’efficacia degli anticorpi monoclonali nell’ipercolesterolemia

By 6 Ottobre 2015Settembre 15th, 2021No Comments
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A cura di Alessandro Petrolini, U.O. Cardiologia Interventistica, European Hospital di Roma

È ormai ampiamente documentato che la presenza di elevati valori di colesterolo LDL (C-LDL) contribuisce all’instaurarsi di un processo di alterazione dei vasi, noto come aterosclerosi, strettamente correlato all’insorgenza di gravi patologie cardio- e cerebrovascolari. Fra le forme più pericolose di dislipidemia si collocano le dislipidemie familiari, malattie genetiche dovute a mutazioni di uno o più geni. Fra esse si annovera l’ipercolesterolemia familiare eterozigote (HeFH), nella quale la mutazione si riscontra più frequentemente a carico del gene che codifica per il recettore delle LDL o comunque di geni per proteine che influenzano la funzionalità del recettore LDL. A causa dell’esposizione fin dalla nascita a livelli marcatamente elevati di LDL, il paziente con HeFH vive in una situazione di rischio di avere un infarto del miocardio, o un evento coronarico, prima dei 55-60 anni aumentato di 25 volte. Fondamentale quindi una diagnosi precoce e la riduzione immediata dei livelli di C-LDL, particolarmente difficoltosa in questi pazienti con le attuali terapie a disposizione.

Come dimostrano numerosi ed estesi studi clinici, l’aumento del rischio cardiovascolare è proporzionale all’aumento dei valori di LDL nel sangue e l’utilizzo di farmaci con effetto ipocolesterolemizzante, come le statine, correla linearmente con una riduzione di tale rischio. Tuttavia, oltre ai pazienti affetti da FH, anche una larga percentuale di pazienti ad alto rischio di eventi cardiovascolari in trattamento con statine in prevenzione secondaria non raggiunge i valori target di LDL <70 mg/dl raccomandati. A questo fenomeno contribuisce anche la cosiddetta “intolleranza alle statine”, reale o presunta, che comporta spesso la riduzione se non la sospensione della terapia con statine, ma anche una serie di concause comuni, quali l’inerzia terapeutica del medico curante, la scarsa aderenza alle indicazioni terapeutiche da parte dei pazienti che spesso tendono a sottovalutare il reale rischio di un’ipercolesterolemia non adeguatamente trattata.

Alla luce di un bisogno medico insoddisfatto reale, negli ultimi anni si è quindi intensificata la ricerca su potenziali nuovi farmaci per la cura delll’ipercolesterolemia. In questo contesto si inseriscono i nuovi anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9, una proteina che accelera la degradazione lisosomiale del recettore delle LDL, riducendo quindi la densità recettoriale sulla superficie degli epatociti. Numerosi anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9 sono in fase di sviluppo, ma attualmente le evidenze maggiori provengono dagli studi di fase II e fase III su alirocumab ed evolocumab, che hanno dimostrato una estrema efficacia sulla riduzione di C-LDL associata a buon profilo di tollerabilità. Tali farmaci appaiono come una delle più importanti innovazioni farmacologiche per la riduzione del rischio cardiovascolare, utilizzabili in prevenzione secondaria e primaria, nei soggetti a rischio alto e molto alto, in aggiunta alle statine o in alternativa ad esse nei pazienti intolleranti, oltre che nei pazienti con forme familiari di ipercolesterolemia.

Già dal 2012 molteplici studi hanno cominciato ad evidenziare le potenzialità di alirocumab nel ridurre marcatamente i livelli di C-LDL con un ottimo profilo di sicurezza. Dopo i risultati positivi degli studi di fase I e II, il programma di fase III ODYSSEY sta valutando l’efficacia e la sicurezza di alirocumab in 14 studi clinici internazionali randomizzati e controllati . Una volta completato, ODYSSEY includerà oltre 2000 centri di studio e circa 25.000 pazienti con ipercolesterolemia per i quali permangono bisogni clinici non ancora soddisfatti (soggetti con HeFH ad alto rischio cardiovascolare, inclusi quelli con sindrome coronarica acuta, malattia coronarica e/o diabete, o con una storia di intolleranza alle statine). I vari trial si differenziano per qualità degli endpoint primari, durata del follow-up e farmaco o strategia terapeutica di confronto. Buona parte degli studi sono stati oggetto di comunicazioni in due più importanti congressi cardiologici internazionali organizzati nel 2014 rispettivamente dalla Società Europea di Cardiologia (ESC) e dall’American Heart Association (AHA). È sempre emersa in maniera significativa la capacità di alirocumab di ridurre i livelli di C-LDL con un ottimo profilo di sicurezza.

Più recentemente sono stati pubblicati sul New England Journal of Medicine i risultati dello studio ODYSSEY LONG TERM: 2341 pazienti con ipercolesterolemia e rischio cardiovascolare alto o molto alto (anche soggetti con HeFH) che già assumevano la massima dose tollerata di statina, talora in aggiunta ad ulteriori terapie ipolipemizzanti. Dopo il completamento delle prime 24 settimane di follow-up è stata evidenziata una riduzione significativa della colesterolemia LDL nel braccio alirocumab rispetto al braccio comparatore, con persistenza del beneficio anche dopo 78 settimane di terapia a fronte di un numero complessivamente limitato di effetti indesiderati. Un’analisi post-hoc degli eventi ha inoltre documentato una minore incidenza di eventi cardiovascolari maggiori nei pazienti trattati con alirocumab rispetto al gruppo comparatore. Lo studio tuttavia non era disegnato allo scopo di valutare la riduzione degli eventi cardiovascolari; queste risposte arriveranno invece dall’ODYSSEY OUTCOMES (il trial più rilevante dell’intero programma, tuttora in corso) che valuterà gli effetti di alirocumab sugli eventi cardiovascolari in una coorte di 18.000 pazienti seguiti per oltre 5 anni.

Questa nuova classe di farmaci in grado di abbassare significativamente i livelli di LDL ha suscitato vivo interesse anche nell’ultimo congresso della Società Europea di Cardiologia conclusosi a Londra il 2 settembre 2015. In quell’occasione sono stati presentati ulteriori e interessanti dati sull’inibitore di PCSK9 alirocumab.

John J.P. Kastelein, Professore di Medicina del Dipartimento di Medicina Vascolare dell’Academic Medical Center/Università di Amsterdam, ha presentato i risultati di una nuova pooled analysis condotta su pazienti con HeFH inclusi nel programma ODYSSEY. Questa analisi ha valutato fino a 18 mesi di follow-up l’efficacia e la sicurezza di alirocumab rispetto al placebo in 1257 pazienti con HeFH, ovvero il più ampio gruppo di pazienti con HeFH mai studiato in un programma di fase III. Sono stati inclusi nell’analisi i dati provenienti da quattro studi clinici del programma di fase III ODYSSEY: LONG TERM (solo pazienti con HeFH), HIGH FH, FH I e FH II.

In questi studi i pazienti affetti da HeHF con livelli di C-LDL non a target, sono stati sottoposti in maniera randomizzata a trattamento con alirocumab o placebo, entrambi somministrati in aggiunta alla terapia standard raccomandata, statine al massimo dosaggio tollerato con o senza altre terapie ipolipemizzanti, come l’ezetimibe. I risultati presentati si riferiscono ad un follow-up fino a 18 mesi, mentre in precedenza erano stati pubblicati i risultati a 6 mesi.

In ODYSSEY FH I e FH II i pazienti sono stati sottoposti a trattamento con alirocumab 75 mg (n=490) somministrato ogni 2 settimane con un’iniezione singola di 1 ml o con placebo (n=245). I pazienti che dopo 8 settimane non avevano raggiunto il livello di C-LDL posto come obiettivo, a 12 settimane passavano a un dosaggio di 150 mg ogni 2 settimane con un’iniezione singola di 1 ml . In questi pazienti, il livello medio di C-LDL basale era 141 mg/dl in entrambi i gruppi alirocumab e placebo. A 24 settimane è stata documentata una riduzione del 56% dei livelli di C-LDL che si è mantenuta a 52 settimane (-58%) e a 78 settimane (-56%) (p<0,0001 vs placebo).

Negli studi ODYSSEY LONG TERM e HIGH FH, i pazienti sono stati sottoposti a trattamento con alirocumab 150 mg (n=348) somministrato ogni 2 settimane con un’iniezione singola di 1 ml o con placebo (n=174). In questi pazienti, i livelli medi basali di C-LDL erano di 168 mg/dl e 162 mg/dl rispettivamente nei gruppi trattati con alirocumab e con placebo. A 24 settimane è stata documentata una riduzione del 57% dei livelli di C-LDL che si è mantenuta a 52 settimane (-60%) ed a 78 settimane (-63%) (p<0,0001 vs placebo). Da notare come in questo gruppo di pazienti la riduzione sia stata percentualmente maggiore rispetto a quella dei pazienti ODYSSEY FH I e II perché partivano da valori basali di C-LDL più elevati. In generale, a 24 settimane, quando è stato raggiunto l’endpoint primario di efficacia, gli 838 pazienti sottoposti a trattamento con alirocumab hanno raggiunto una riduzione significativa (p<0,0001) dei livelli di C-LDL rispetto ai pazienti sottoposti a trattamento con placebo (n=418); in entrambi i bracci di trattamento era stata somministrata terapia standard. Sono state rilevate riduzioni dei livelli medi di C-LDL inferiori a 85 mg/dl già dalla quarta settimana, mantenute poi per tutta la durata della terapia, fino a 78 settimane. Inoltre, in tutti gli studi elencati, i pazienti che ricevevano alirocumab raggiungevano in buona percentuale valori target non solo di C-LDL ma anche di ApoB e di colesterolo non-LDL, con valori sempre statisticamente significativi (p<0,0001) rispetto a quanto si registrava nei pazienti del braccio comparatore.

La parte finale della presentazione ha riguardato gli eventi avversi di tutti i pazienti coinvolti nella pooled analysis. I più comuni (verificatisi in almeno il 5% dei pazienti in qualsiasi gruppo) sono stati rinofaringite, reazione nel sito di iniezione, influenza, mal di testa, infezione del tratto respiratorio superiore, artralgia, mal di schiena, infezione delle vie urinarie e mialgia. L’incidenza di eventi avversi comunque è stata simile sia nel gruppo alirocumab che nel gruppo di controllo (placebo).

Le premesse e i risultati fin qui ottenuti trovano un’efficace sintesi nelle parole dello stesso professor Kastelein: “In genere solo circa il 20% dei pazienti affetti da HeFH raggiunge valori di C-LDL <100 mg/dl grazie al trattamento con statine. In questa analisi, fino al 75% dei pazienti sottoposti a trattamento con alirocumab in aggiunta alla terapia standard ha raggiunto l’obiettivo di riduzione dei livelli di C-LDL già dopo 24 settimane. Entrambi i dosaggi di alirocumab (75 mg e 150 mg) hanno ridotto marcatamente e significativamente i livelli di C-LDL al di sotto di 100 mg/dl e questi valori sono stati mantenuti sino a 78 settimane, offrendo ai pazienti e ai loro medici un approccio più flessibile al trattamento, con eventi avversi analoghi a quelli riscontrati nel gruppo di confronto”.

Sempre nell’ambito del congresso ESC sono stati presentati due abstract sugli effetti di alicorumab su altre componenti coinvolte metabolismo dei lipidi. In un primo abstract del Dr. Gaudet vengono analizzati ti risultati sui livelli di lipoproteina(a) [Lp(a)] in 4915 pazienti di 10 trial del programma ODYSSEY. I livelli di Lp(a) sono significativamente ridotti a 12, settimane fino a 78 settimane nei pazienti che ricevevano alirocumab sia nei confronti vs il braccio comparatore che vs ezetimibe, anche indipendentemente dall’utilizzo di statine. L’incidenza di eventi avversi anche in questa analisi risultava simile sia nel gruppo alirocumab che nel gruppo di controllo.

Un altro abstract presentato dal Dr. Taskinen documenta come alirocumab si dimostra efficace nel ridurre significativamente le apolipotroteine aterogeniche [C-LDL, Apo B, colesterolo non-HDL, Lp(a)] sia a 12 che a 24 mesi rispetto ad ezetimibe in pazienti che non assumevano statine (dati ricavati dall’analisi di sottogruppi di pazienti dei trial MONO e ALTERNATIVE del programma ODYSSEY). Tali dati, che estendono la potenzialità di alirocumab nel ridurre altre componenti aterogene del metabolismo dei lipidi oltre al C-LDL, dovrebbero aumentare, almeno in via teorica, il potenziale effetto preventivo nei confronti delle malattie cardiovascolari.

In considerazione dello scarso controllo lipidico e delle problematiche legate all’utilizzo delle statine in pazienti ad elevato rischio cardiovascolare, diviene rilevante la valutazione di nuove classi di farmaci ipolipemizzanti che contribuiscano alla riduzione efficace della colesterolemia e degli eventi avversi. Alla luce dei risultati degli studi di fase II e III, gli inibitori di PCSK9 appaiono una delle più importanti innovazioni farmacologiche degli ultimi anni. I maggiori vantaggi di alirocumab rispetto alle statine sono essenzialmente una efficace e prevedibile regolazione della colesterolemia dose-dipendente ed una migliore aderenza alla terapia sia per la modalità di somministrazione che per la paucità degli eventi avversi correlati. Tutto il programma ODYSSEY è stato disegnato per analizzare alirocumab, in contesti diversi di pazienti sia in associazioni farmacologiche multiple sia in monoterapia. Il reale interesse clinico ovviamente è legato alla capacità del farmaco, tramite la riduzione dei livelli lipidici, di abbassare ulteriormente il rischio di eventi coronarici e vascolari in pazienti ad alto /molto alto rischio.

Una prima risposta positiva giunge dall’analisi post-hoc sugli eventi avversi cardiovascolari dell’ODYSSEY LONG TERM ma si attendono i risultati dello studio ODYSSEY OUTCOMES (tuttora in corso) che contribuiranno alla definizione conclusiva dell’efficacia del farmaco in termini di beneficio clinico cardiovascolare analizzando gli eventi cardiovascolari in una coorte di 18.000 pazienti con sindrome coronarica acuta seguiti per oltre 5 anni.

Gli anticorpi monoclonali inibitori di PCSK9 rappresentano i farmaci di maggiore interesse ed in fase di sviluppo clinico avanzato per il trattamento dei pazienti ad alto rischio cardiovascolare, potenzialmente utilizzabili in prevenzione secondaria e primaria, in aggiunta alla terapia statinica o in alternativa ad essa nei soggetti intolleranti alle statine. La disponibilità di questa classe di farmaci consentirà alla maggior parte dei pazienti in trattamento ipolipemizzante di raggiungere e superare gli obiettivi di riduzione dei livelli lipidici raccomandati dalle linee guida. Non sono tuttavia ancora farmaci di prima scelta per la terapia dell’ipercolesterolemia, o almeno non per tutti.

Alirocumab e evolocumab sono stati entrambi approvati recentemente negli Stati Uniti e in Europa dalla Food and Drug Administration (FDA) e dalla European Medicines Agency (EMA) rispettivamente.


Bibliografia di riferimento

  • Gaudet D, Watts GF, Robinson J, et al. Sustained treatment effect of alirocumab on Lp(a): pooled analyses from 4,915 patients in ten phase 3 trials in the ODYSSEY program [abstract]. Eur Heart J 2015;36(Suppl 1):1047.
  • Kastelein JJP, Farnier M, Hovingh GK, et al. Efficacy and safety of the PCSK9 monoclonal antibody alirocumab vs placebo in 1257 patients with heterozygous familial hypercholesterolaemia: analyses up to 78 weeks from four ODYSSEY trials. Oral presentation at ESC Congress 2015 (#5772).
  • Kastelein JJP, Ginsberg HN, Langslet G, et al. ODYSSEY FH I and FH II: 78 week results with alirocumab treatment in 735 patients with heterozygous familial hypercholesterolaemia. Eur Heart J 2015 Sep 1 [Epub ahead of print].
  • Lettino M. Inibitori monoclonali di PCSK9: dati attuali e prospettive future della terapia ipolipemizzante alla luce di quanto emerso finora dal programma ODYSSEY. G Ital Cardiol 2015;16:211-6.
  • Norata GN. Inibitori di PCSK9 e dislipidemie: le evidenze cliniche. G Ital Cardiol 2014;15:301-5.
  • Perrone Filardi P, Paolillo S, Trimarco B. Controllo lipidico in pazienti ad elevato rischio cardiovascolare: focus sull’inibizione di PCSK9. G Ital Cardiol 2015;16:44-51.
  • Robinson JG, Farnier M, Krempf M, et al.; ODYSSEY LONG TERM Investigators. Efficacy and safety of alirocumab in reducing lipids and cardiovascular events. N Engl J Med 2015;372:1489-99.
  • Taskinen MR, Cannon CP, Thompson D, et al. Consistent reductions in atherogenic lipid parameters with the PCSK9 inhibitor alirocumab in patients not receiving background statin [abstract]. Eur Heart J 2015;36 (Suppl 1):1141.