
I risultati dello studio BENEFIT, presentati a Londra al Congresso ESC 2015 e pubblicati sul New England Journal of Medicine, sembrerebbero piuttosto deludenti, tuttavia segnano una svolta importante nell’analisi e nel trattamento della malattia di Chagas, come ha evidenziato il co-principal investigator Carlos Morillo (McMaster University, Ontario).
La persistenza dei parassiti sembra giocare un ruolo chiave nella patogenesi della cardiomiopatia chagasica, tuttavia finora non era chiaro se il trattamento antiparassitario fosse in grado di prevenirne l’aggravamento, continua Morillo, la mancanza di risultati clinici potrebbe però essere correlata a diversi fattori, tra cui una scarsa attività antiparassitaria a lungo termine o l’avanzamento a uno stato d’irreversibilità della patologia.
Lo studio BENEFIT, che è stato finanziato, tra gli altri, anche da UNICEF/UDNP/World Bank/WHO-TDR, ha arruolato 2854 pazienti da 5 Paesi del Centro e Sud America, e si configura come uno degli studi più ampi e approfonditi mai condotti sul morbo di Chagas. I pazienti sono stati randomizzati a placebo e a benznidazolo (a dose di 300 mg/die per 40-80 giorni), con un outcome primario composito comprendente mortalità per tutte le cause, arresto cardiaco resuscitato, tachicardia ventricolare sostenuta, impianto di pacemaker o defibrillatore, trapianto cardiaco, insufficienza cardiaca, stroke o eventi tromboembolici polmonari o sistemici.
Dopo un follow-up mediano di 5,4 anni, l’outcome primario è stato riscontrato in una percentuale simile nei due bracci (27,5% benznidazolo e 29,1% placebo, HR 0,93%, CI 0,81-1,07, P=0,31), mentre si è notata una consistente diminuzione di parassiti rilevati nel sangue nel braccio benznidazolo (66,2% vs 33,5% con placebo), anche se l’effetto è diminuito dopo 5 anni (46,7% vs 33,1%, P<0,0001). A seconda dei Paesi di provenienza, si è verificata una variabilità nella riduzione dell’attività dei parassiti T. cruzi (rilevati attraverso reazione a catena della polimerasi).
Il trial BENEFIT, nei suoi 13 anni di durata, ha contribuito a costruire un esteso network di ricercatori clinici interessati a questa patologia purtroppo trascurata. Circa 7 milioni di persone in tutto il mondo sono infette da T. cruzi e proprio il rapporto positivo tra rischio e beneficio, evidenziato da questo studio, dovrebbe incoraggiare il trattamento precoce del morbo di Chagas. Chiaramente, saranno necessarie ulteriori analisi per determinare quali dosaggi e schemi terapeutici possano risultare più efficaci, anche in base alla variabilità geografica.
A cura di
Livia Costa (Redazione)