
La seconda giornata del 90° Congresso annuale dell’European Atherosclerosis Society è iniziata presto. Molti dei delegates che stanno seguendo l’evento in corso a Milano hanno puntato la sveglia in anticipo per partecipare all’Industry breakfast session “What drives clinical decisions for LDL-C management?”, realizzata con il supporto di Novartis, nel corso della quale sono stati discussi i fattori, di natura sia clinica che cognitiva, che guidano la scelta della migliore strategia terapeutica per il trattamento dell’ipercolesterolemia.
La sessione si è aperta con l’intervento di Michal Vrablik della Charles University di Praga, il quale ha descritto le diverse barriere che ostacolano il raggiungimento dei livelli target di colesterolo LDL indicati nelle Linee Guida, sottolineando come queste non riguardino solo le scelte dei clinici o il comportamento dei pazienti. “Il raggiungimento degli obiettivi – ha sottolineato – richiede un approccio multifattoriale che coinvolga medici, pazienti, sistemi sanitari e decisori politici”.
Tra le barriere di tipo organizzativo, ad esempio, Vrablik ha citato il sovraccarico dei sistemi sanitari, la maggiore attenzione data alla gestione delle acuzie piuttosto che alla prevenzione, la mancanza di protocolli, la scarsa collaborazione a livello territoriale e la durata spesso inadeguata delle visite. “Viviamo tutti in sistemi diversi, più o meno ‘amichevoli’, che ci impongono alcune scelte nel trattamento dei nostri pazienti”, ha spiegato.
Per quanto riguarda le barriere relative ai pazienti, invece, Vrablik è partito dai risultati del trial FOCUS sull’aderenza alla terapia ipolipemizzante dopo un infarto miocardico, dai quali era emerso che fattori come la giovane età, la depressione e un protocollo di trattamento complesso fossero predittori di una scarsa aderenza (1). “Possiamo dire senza dubbio che l’aderenza è un problema – ha commentato – ma contiamo di avere presto degli strumenti per risolvere questa dolorosa questione”.
Infine, per quanto riguarda le barriere riguardanti i medici Vrablik ha citato i risultati del registro PINNACLE, i quali avevano messo in evidenza come 1/3 dei pazienti con patologie cardiovascolari e 1/2 di quelli a rischio non ricevesse i trattamenti ipolipemizzanti indicati dalle linee guida ACC/AHA del 2013 (2). “Quando salutiamo un paziente che non ha raggiunto i target spesso rinunciamo a proporre un trattamento più intensivo, perché non abbiamo le capacità per spiegare le motivazioni dietro la proposta o perché non abbiamo le energie per farlo”.
In altri casi, tuttavia, entrano in gioco dei fattori che non riguardano i singoli medici ma che fanno parte della natura stessa degli esseri umani. Di questi fattori ha parlato Matthew Willcox, esperto di economia comportamentale e autore del libro “The business of choice”. Nello specifico Willcox ha descritto tre scorciatoie cognitive, le cosiddette euristiche, tipiche del ragionamento umano. “La prima riguarda l’ancoraggio, la quale fa sì che le persone utilizzino un dato valore come punto di partenza per adattare il proprio comportamento. Spesso gli aggiustamenti fatti in questo modo inadeguati e rimangono troppo vicini al valore di partenza”.
La seconda euristica descritta da Willcox è stata quella del bias del presente (o hyperbolic discounting), che porta le persone a preferire una ricompensa minore a breve termine piuttosto che una maggiore a lungo termine. “Una terza euristica – ha infine concluso – è quello del bias dello status quo: le persone vivono un certo disagio psicologico rispetto ai cambiamenti e spesso rimangono ancorate alle situazioni esistenti, anche se ci sono forti evidenze che indicano come il cambiamento potrebbe portare a esiti migliori”.
L’ultimo intervento è stato quello di Ingo Hilgenhorf dell’University of Freiburg, il quale ha riportato alla pratica clinica le informazioni presentate da Vrablik e Willcox, presentando un caso clinico reale riguardante un paziente ad alto rischio cardiovascolare trattato con angiografia coronarica d’urgenza per un’angina e caratterizzato da un livello di colesterolo LDL di 144 mg/dL. “Abbiamo deciso di prescrivere al paziente una combinazione di atorvastatina e ezetimibe per ridurre i livelli di colesterolo il più velocemente possibile e raggiungere il target di 55 mg/dL. Perché le evidenze mostrano che prima si raggiunge il target e maggiore è la riduzione della mortalità”.
Hilgenhorf ha quindi raccontato come al follow up a 4-6 settimane i livelli di colesterolo LDL del paziente fossero scesi a 83 mg/dL. “Eravamo contenti, ma non soddisfatti. Quindi ne abbiamo parlato col paziente e abbiamo proposto l’aggiunta di questo nuovo siRNA, inclisiran, che richiede solo due iniezioni all’anno”.
Il paziente è stato quindi sottoposto a una prima somministrazione di inclisiran alla settima settimana dalle dimissioni, programmandone una seconda dopo tre mesi prima di andare a regime con le somministrazioni ogni sei mesi. “Già al follow up a tre mesi i livelli di colesterolo LDL erano scesi a 52 mg/dL. Ora vedremo il paziente regolarmente ogni sei mesi e questo è un altro vantaggio di questo trattamento”.
Bibliografia
1. Castellano JM, Sanz G, Peñalvo JL, et al. A Polypill Strategy to Improve Adherence: Results From the FOCUS Project. J Am Coll Cardiol. 2014; 64 (20): 2071–2082.
2. Dixon DL, Sharma G, Sandesara PB, et al. Therapeutic Inertia in Cardiovascular Disease Prevention: Time to Move the Bar. J Am Coll Cardiol. 2019; 74 (13): 1728–1731.