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Dislipidemie, Lp(a) come meccanismo patogenetico e target terapeutico

Redazione By 23 Maggio 2022Maggio 26th, 2022No Comments
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Lp(a)

Negli ultimi anni sta emergendo in modo significativo il ruolo della lipoproteina (a), o Lp(a), in termini patogenetici e come marker prognostico e futuro target terapeutico nell’ambito delle dislipidemie. Proprio questa proteina è stata al centro di un’affollatissima Industry Special Lecture dal titolo “Detecting elevated lipoprotein(a) and addressing the ASCVD risks”, tenutasi nel corso della seconda giornata del 90° Congresso dell’European Atherosclerosis Society, in corso in questi giorni a Milano.

La sessione, realizzata col supporto di Novartis, si è aperta con l’intervento di Alberico Catapano, responsabile del Dipartimento di Scienze Farmacologiche e Biomolecolari dell’Università degli Studi di Milano e co-chair del 90° Congresso EAS, il quale ha descritto le principali caratteristiche della molecola. “La Lp(a) presenta delle similarità con il colesterolo e i suoi livelli sono in larghissima parte, dal 75% al 95%, ereditabili. A oggi le Linee Guida suggeriscono di concentrarsi sulla riduzione dei livelli di colesterolo LDL per ridurre il rischio di eventi cardiovascolari, anche in presenza di elevati livelli di Lp(a)”.

Lp(a)

Nonostante i progressi compiuti nella diagnosi e nel trattamento delle malattie cardiovascolari, queste rappresentano ancora il 40% delle cause di morte. Un’evidenza, questa, che suggerisce l’esistenza di fattori patogenetici a oggi trascurati. “La Lp(a) potrebbe essere uno di questi”, ha spiegato Catapano. “Studi osservazionali hanno individuato una relazione tra livelli di Lp(a) e rischio cardiovascolare. È stato inoltre suggerito che una riduzione di 80,4-101,5 mg/dL di Lp(a) si associ a un rischio cardiovascolare del 50% inferiore nell’arco della vita, così come accade con una riduzione di 1 mmol/L di colesterolo LDL”.

L’intervento successivo è stato quello di Florian Kronenberg della Medical University of Innsbruck, il quale ha analizzato la relazione tra Lp(a) e rischio cardiovascolare da un punto di vista genetico. “Esiste una forte relazione, supportata da dati genetici. È importante sottoporre i pazienti a un test utile a valutare i livelli di Lp(a) perché un terzo della popolazione ha livelli superiori a 30 mg/dL e la metà superiori a 50 mg/DL. Non a caso sia le ultime Linee Guida europee che quelle canadesi raccomandano di testare i livelli di Lp(a) almeno una volta nella vita”.

Lp(a)

Kronenberg ha poi riportate alcune evidenze che suggeriscono un’associazione causale tra livelli di Lp(a) e rischio cardiovascolare, anche in modo indipendente dai livelli di colesterolo LDL. “Ecco perché è importante misurare i livelli di Lp(a) – ha concluso – perché questi, quando elevati, rappresentano un fattore di rischio causale, riscontrato di frequente e utile per stratificare il rischio”.

L’ultimo intervento è stato quello di Elisabeth Steinhagen-Thiessen della Charité – Universitätsmedizin di Berlino, la quale ha descritto un caso clinico di un paziente di 46 anni con elevati livelli di Lp(a), elevati livelli di colesterolo LDL (240 mg/dL) e familiarità per eventi cardiovascolari, andato incontro a due infarti miocardici. “La misurazione dei livelli di Lp(a) dovrebbe essere presa in considerazione almeno una volta nella vita di una persona adulta per identificare i soggetti con livelli di Lp(a) superiori a 180 mg/dL, i quali hanno un rischio cardiovascolare equivalente ai quello dei pazienti con ipercolesterolemia familiare eterozigote”.

Lp(a)

Steinhagen-Thiessen ha quindi descritto l’attuale gestione di un paziente con queste caratteristiche che, in accordo con le Linee Guida, prevede la riduzione dei livelli di colesterolo LDL fino alla soglia raccomandata di 55 mg/dL, un controllo ecocardiografico e l’annullamento di tutti i fattori di rischio estrinseci, a partire dal fumo. “Un giorno – ha concluso – tale gestione si baserà anche sull’implementazione di un trattamento finalizzato in modo specifico a ridurre i livelli di Lp(a)”.